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 2008  novembre 21 Venerdì calendario

RICCARDO VILLARI PER FOGLIO DEI FOGLI 24 NOVEMBRE 2008

Riccardo Villari nacque a Napoli il 15 marzo 1956. Famiglia di medici, avrebbe voluto fare il tennista: «Mi sono formato alla scuola del maestro Valentino Taroni e il mio colpo migliore è il rovescio, quello un po’ anticipato alla McEnroe. Che quando giochi d’anticipo l’avversario lo spiazzi eccome». [1] Alla fine ha seguito la tradizione di famiglia diventando epatologo: «Fu grazie a un mio studio che per i neonati arrivò la vaccinazione anti epatite B», dice spesso orgoglioso. [2] Sposato e separato, ha un figlio (Vittorio, ventiseienne, laureato in economia e commercio e in cerca d’impiego). Un vecchio sodale, l’ex direttore scientifico dell’Istituto Pascale, spiega che «ha sempre avuto belle donne, ma una per volta: e questo gli fa onore». Vive a Posillipo, in una silenziosa palazzina «dove agli amici mostra i numerosi terrazzi da cui si sentono il rumore e l’odore del mare» (Mattia Feltri). [3]

Curioso del mondo, Villari dettaglia sul teatro di Eduardo mandato a memoria. Feltri: «E poi le librerie, colme di romanzi o lavori di Max Gallo e Joachim Fest. I film di Totò e Verdone, le canzoni di Battisti e De Andrè. Ah le canzoni. ”Canticchia”, dice Guido Lembo, titolare del leggendario ”Anema e core”, il locale di Capri che conobbe le danze sui tavoli di Emma Marcegaglia, e le sue gambe, e poi Naomi Campbell e Luca Cordero di Montezemolo, e pure Giovanni Maria Flick perduto in una macarena. Villari non si tiene: lì impugna il microfono e cede al karaoke, persuaso di possedere un timbro inconfondibile. ”Quando mio marito divenne primario, gli cantò Volare”, ricorda la raffinata gioielliera napoletana Carla Della Corte». [3] Gran tifoso del Napoli (è presidente del club parlamentare), «napoletano più furbo e simpatico della media dei napoletani (il che, ammetterete, è parecchio)» (Fabrizio Roncone), «tenace, scaltro, iper-scaramantico» (Antonello Caporale), non si separa mai da corni e San Gennari. [4]

La sua storia politica iniziò a fine anni ”80, quando fu lanciato dall’ex ministro dc Vincenzo Scotti. Il Corriere della Sera: «Era l’epoca di Nello Polese sindaco, di Tangentopoli. Fioccavano gli arresti. Così si ricorse a una giunta di salute pubblica, nella quale Villari fu assessore alla Cultura per tre mesi». Nel 1994 entrò nel Ppi, poi seguì Rocco Buttiglione nella diaspora. [5] Gianfranco Rotondi, ministro per l’Attuazione del programma e suo antico compagno d’armi nella Dc: «Nel 1999, mentre Buttiglione e Bianco litigavano sulle spoglie della Dc fu Villari a ottenere dal tribunale il vecchio simbolo dello scudo crociato per le provinciali di Napoli». Prese il 4,4 per cento. [6] Lasciato Buttiglione, passò con Clemente Mastella, che adesso si vanta: «Lo feci segretario regionale in Campania. Poi lo feci eleggere consigliere regionale. Quindi lo portai in Parlamento, nel 2001». [7] Francesco Merlo: «Mastella diceva: ”Mando Villari che è un politico avvolgente”. E a Mastella Villari diceva: ”Manda me che sono sinuoso”». [8]

A Montecitorio Villari esordì alla grande, regalando a tutte le deputate una statuetta di pastorello da presepe napoletano. Mastella: «Purtroppo finì come sempre in questi casi: crescono con me, poi quando arrivano in alto mi abbandonano. Così passò con Rutelli. Ma non ce l’ho con Villari, anzi, mi è carissimo. Perché è stato tra i pochi democratici cristiani a restarmi vicino, nei giorni della disgrazia. Mi chiamò. Venne anche a casa mia. Ancora adesso mi telefona spesso, mi chiede consigli». Nessun difetto? « un po’ sfaticato. Viene da una famiglia importante, di medici facoltosi. un altoborghese napoletano, e di conseguenza ha una concezione altoborghese della politica. La domenica, mentre io giravo le parrocchie e le sagre del Sannio, lui andava a Capri». Aldo Cazzullo: «Non a caso, due delle quattro proposte di legge che Villari ha presentato come senatore riguardano ”misure a sostegno delle isole minori” e ”istituzione dell’Osservatorio dei porti turistici e della nautica”». [7]

Nella Margherita Villari trovò il suo secondo mentore, Ciriaco De Mita, che ha raccontato: «Ci siamo conosciuti scontrandoci. Lui si candidò contro di me alla segreteria regionale. Vinsi io. Del resto, io ho perso una sola volta, contro Veltroni. Comunque, questo Villari mi rimase impresso. Si era mosso con grande stile e una certa capacità. Ha tutti i pregi dei napoletani: moderazione, garbo, accortezza. Così, quando sembrava ci fosse da scegliere il successore della Iervolino a sindaco di Napoli, indicai lui. L’accordo era fatto, ma Bassolino organizzò una raccolta di firme per chiedere la riconferma di Rosetta». [7]

Al termine dello slalom tra Dc, Cdu, Udeur, Margherita, Villari è approdato nel Partito democratico, e pure qui si è mosso molto. Cazzullo: «L’hanno visto sia alla riunione campana di Red, la corrente di D’Alema, sia all’incontro degli ex popolari ad Assisi: per cui è classificato nella casella dei marinian-dalemiani». [7] Nel 2008 Villari è stato eletto al Senato col Pd. Alle 14.58 del 13 novembre è stato eletto a sorpresa presidente della Commissione di vigilanza Rai con 23 voti su 40 membri, 21 della maggioranza più 2 franchi tiratori della minoranza. [8] Mente del blitz sarebbe stato Italo Bocchino, vicecapogruppo del Pdl alla Camera: da anni amico di Villari, parla con entusiasmo delle sue cravatte giuste e dell’intelligenza politica, di quando vanno in vacanza in barca e della candidatura sfiorata a sindaco di Napoli. «Questa scelta l’abbiamo decisa in quattro, io, Quagliariello, Gasparri e Cicchitto e non ci sono mai stati patti sottobanco...». Nel Pd, però, non ci crede nessuno. [9]

Il nome di Villari circolava da parecchi giorni. «Sarà stato dieci giorni fa quando Anna Finocchiaro, mi ha telefonato per dirmi più o meno: ”Senti, guarda che questi del Pdl si preparano a fare il presidente visto che la situazione non si sblocca e so che ci sta il tuo nome, hai capito?”. Ed io: ”Anna, ho capito”. E lei: ”Vabbè stai in campana, occhio”. Tutto qui, occhio. Poi più nulla sino al giorno fatidico quando, un quarto d’ora prima dell’ufficialità sempre Anna mi dice: ”Su un’agenzia è uscita la notizia, ti hanno fatto presidente della Commissione di Vigilanza della Rai”. Pochi minuti ed è partito il tormentone delle dimissioni, ho chiamato subito Veltroni e lui è stato irremovibile: ”Dimettiti”. Sarei dovuto andare dai presidenti di Camera e Senato e rinunciare, così mi era stato detto di fare». [10]

Villari a dimettersi non ci è andato. «Prima di tutto perché l’indicazione che mi era stata fornita era tecnicamente sbagliata: Camera e Senato non c’entrano, casomai avrei prima dovuto riunire la Commissione e poi annunciare le mie dimissioni. In secondo luogo, perché i buoni padri democristiani mi hanno insegnato ad avere il massimo rispetto delle istituzioni e a garantirne la funzionalità: io sono a posto con la mia coscienza, in pace con me stesso. Non ho fatto inciuci di alcun tipo. Zero assoluto. Sono abituato a ragionare e non mi aspettavo di trovarmi in una tempesta di fango. Così ho spento il cellulare per 24 ore». [10]

Alle 12 del 13 novembre il Pd aveva assicurato le dimissioni immediate di qualunque esponente del centrosinistra votato dal Pdl che non fosse Leoluca Orlando, candidato unico dell’opposizione. Veltroni e Pier Ferdinando Casini avevano chiesto all’Italia dei Valori una rosa di candidati «per togliere l’ultimo pretesto alla maggioranza», la risposta dell’Idv era stata secca: «Orlando resta l’unico candidato». Subito dopo l’elezione, vari esponenti del Pd hanno chiesto a Villari di dimettersi. Tra i tanti, Antonello Soro, capogruppo alla Camera («perché non dovrebbe dimettersi?») e Anna Finocchiaro, capogruppo al Senato («devi dimetterti subito»). [9]

Mentre Veltroni assicurava che avrebbe obbedito a breve agli ordini del partito («mi ha telefonato»), Villari si è limitato a far sapere che prima avrebbe incontrato il presidente del Senato, Renato Schifani, al momento in viaggio in Russia. Non bastasse, ha annunciato di voler incontrare anche il presidente della Repubblica e quello della Camera. [9] Sebastiano Messina: «Si intuisce la domanda: devo proprio dimettermi? Non si capisce però perché si limiti a chiederlo ai presidenti di Camera e Senato. Potrebbe bussare dal Papa. Rivolgersi al segretario delle Nazioni Unite. Scrivere a Putin. Telefonare alla regina Elisabetta. Mandare un telex a Bruno Vespa. Inviare un piccione viaggiatore al Dalai Lama. In qualche angolo del mondo dovrà pur esserci, qualcuno che dia all’Obama de noantri la risposta che cerca ”No, you can’t”». [11]

Additato dai colleghi di partito per uno che di fatto era passato con la maggioranza, Villari ha negato di essere un nuovo De Gregorio, respingendo il paragone con l’ex deputato dipietrista che nel 2006 fu eletto a capo della commissione Difesa con i voti della parte avversa (della quale sarebbe poi entrato a far parte). [12] Anche De Gregorio ha respinto il paragone: «Il gesto di Villari è meno nobile di quello che feci io, perché io passai dalla maggioranza all’opposizione». [13] Villari: «Che qualcuno possa mettere in discussione la mia lealtà al partito democratico, che ho contribuito a fondare e nel quale milito con passione, è sintomo di tempi bui per la bella politica». [14]

Da subito, Villari ha spiegato che intendeva svolgere la propria funzione di garanzia «prendendo contatti con i gruppi parlamentari per ricostruire il dialogo istituzionale tra maggioranza e opposizione, giungendo a un nome su cui far convergere i voti». Solo a quel punto sarebbe stato «ben lieto di formalizzare le dimissioni». Napolitano ha respinto la richiesta d’udienza precisando di «non avere titolo per pronunciarsi sulle scelte del Presidente eletto dalla commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza sui servizi radiotelevisivi». Giorgio Tonini del Pd l’ha avvertito: «Se non intende dimettersi, il suo futuro sarà al di fuori del Pd. Se vuole restare al suo posto, faccia come De Gregorio...». [15]

Villari ha sempre respinto ogni accusa. «Se uno ha la coscienza sporca, quando s’addormenta, poi ha gli incubi. Io, invece, la scorsa notte, le assicuro che ho dormito il sonno dei giusti...». Interrogato sulla furia di Veltroni, finito nel ridicolo per averne annunciato le dimissioni, ha spiegato: «Evidentemente, ci siamo capiti male. Purtroppo a San Macuto c’era un tale trambusto che... Eppoi, abbia pazienza: le pare che al segretario del mio partito dico una cosa, e poi ne faccio un’altra?». [16]

Con Veltroni hanno cercato di chiarirsi nell’incontro di lunedì scorso, settanta minuti nella sede del Pd, presenti anche Dario Franceschini e Luigi Zanda. All’uscita Villari ha dichiarato: «Vado avanti, mi dimetterò solo se c’è un successore. Comunque, il Pd intende lavorare per superare la candidatura di Leoluca Orlando, e questo è già un passo avanti». [17] Il nome indicato dalla maggioranza è arrivato martedì: Sergio Zavoli. [19] Le dimissioni di Villari erano attese per il giorno seguente, dalla presidenza della Vigilanza Rai, convocata per le 14,30. [20] Roncone: «Invece, niente. Sapete com’è poi andata la riunione della Commissione. Sapete che, al termine, Villari ha spedito fuori la sua segretaria, la gentile Alessia, a distribuire un foglio dattiloscritto ai cronisti in attesa. Succo delle 36 righe: resto al mio posto, e non mi dimetto, ”per il profondo rispetto che nutro nei confronti delle istituzioni...”». [21]

Per protesta il Pd ha annunciato l’abbandono della Vigilanza, bloccando di fatto la commissione che senza il quorum (due terzi) non potrebbe nominare il presidente della Rai. [22] Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, e quello del Senato, Renato Schifani, hanno a questo punto scaricato Villari: «Faccia un passo indietro». Anna Finocchiaro ne ha annunciato l’espulsione dal gruppo del Pd. La sinistra l’ha coperto d’insulti. Fabrizio Morri, capogruppo dei democratici in Vigilanza: «Sa chi è Villari? un teatrante napoletano. Penso che sia un uomo falso, astuto, sleale e viscido». [21] Curzio Maltese: «Nel teatro classico del trasformismo, la Rai, va in scena l’eterno conflitto delle classi dirigenti italiane: di qua i furbi, di là gli incapaci. Al centro, un personaggio che incarna bene i vizi di entrambi, il senatore Riccardo Villari. Figura mediocrissima, un peone d’altri tempi». [23]

Villari non si è arreso: «Primo: ho sette giorni per ricorrere contro questa decisione di espulsione. Secondo: ricordo a tutti che il Pd è la mia casa politica. Sono stato chiaro?». [21] La Vigilanza deve nominare il consiglio di amministrazione Rai, se Villari andasse avanti potrebbe farlo perfino nel caso in cui l’opposizione disertasse i lavori. Quanto al presidente, è vero che occorrono i due terzi, ma le sue funzioni possono essere svolte da un consigliere anziano. [24] Messina: «Diciamo la verità: il senatore Villari fa tenerezza. Quando appare in tv si capisce che fa una gran fatica per non rivelare il suo vero umore, simile a quello di un bambino che è salito per la prima volta su una giostra (e non vuol saperne di scendere)». [25] Merlo: «Villari non si dimette perché è un topo che da tutta la vita aspetta il suo pezzo di formaggio. E dunque, adesso, non gli importa nulla che a dargli il formaggio sia stato il gatto, che del topo è l’antagonista». [8]

Democristiano di buona famiglia, Villari sa di inscenare, sia pure nel suo piccolo, la commedia dei due forni e delle convergenze parallele. Merlo: «La sua utopia politica è la moglie ubriaca e la botte piena. Lo fa impazzire di gioia l’idea di diventare l’ago della bilancia, il Centro per eccellenza. Comunque vada a finire, sa che in futuro, tranquillo e rispettabile borghese, ispirerà una certa soggezione quando, nella sua Capri, attraverserà la strada senza ostacolo per scomparire presto dalla vista: ”Quello lì un giorno è stato presidente?”». [8] Intanto, Barbara D’Urso s’è vantata in diretta su Canale 5 di essere stata la sua prima fidanzata. [21] Rotondi: «Verrà il momento in cui sarà ospite di Porta a Porta». [26]

La domanda vera è: perché Villari dovrebbe dimettersi? Massimo Gramellini: «Dal punto di vista istituzionale è stato incoronato con tutti i crismi. Quanto all’etica politica, due parole che si vogliono bene come le finaliste di un torneo di wrestling, la sua elezione fa parte dei giochetti del potere. Anzi, giochetto per giochetto, non è meno etica di quella di Orlando, che obbediva alla vecchia pratica della spartizione fra partiti persino all’interno di una stessa coalizione. Perciò la resistenza di Villari assume un connotato paradossale di sfida alla partitocrazia, rappresentata dal partito del magistrato che la partitocrazia dissolse in tribunale. Sì, questa ci mancava proprio. Ora possiamo nausearci in pace». [27]