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 2008  novembre 27 Giovedì calendario

Panorama, giovedì 27 novembre 2008 Per gentile concessione di Alberto e Carlotta Guareschi, Panorama pubblica in esclusiva un brano dell’inedita conferenza Nozze fasciste - Illogico=comico, tenuta da Giovannino Guareschi a Lugano il 29 marzo 1951

Panorama, giovedì 27 novembre 2008 Per gentile concessione di Alberto e Carlotta Guareschi, Panorama pubblica in esclusiva un brano dell’inedita conferenza Nozze fasciste - Illogico=comico, tenuta da Giovannino Guareschi a Lugano il 29 marzo 1951. Si tratta dell’unico discorso dedicato all’umorismo dal creatore di Peppone e Don Camillo. Primo Prologo Ecco, io trovo che l’Italia fa benissimo a confinare con la Svizzera e anzi, francamente, io sarei molto soddisfatto se l’Italia riuscisse a confinare con la Svizzera anche da tutte le altre parti. E questo non perché le altre nazioni con le quali confina l’Italia siano nazioni di scarsa serietà o comunque poco simpatiche. Tutt’altro! Ma per tante piccole ragioni che qui mi sarebbe difficile spiegare. La Svizzera è davvero un garbatissimo paese e il turista italiano se ne accorge appena vi entra. Basta pensare che, partendo da Chiasso alle 5, si arriva a Lugano alle 4.30. Non è simpatico, non fa forse un’ottima impressione arrivare mezz’ora prima della partenza? Mentre, partendo da Lugano alle 4.30 si arriva a Chiasso alle 6: un’ora e mezzo di viaggio! E questa enorme differenza tra l’andata e il ritorno denota purtroppo che (mentre da parte svizzera l’organizzazione turistica è perfetta) da parte italiana è invece molto meno curata. Con questo non si creda che io sono uno di quegli italiani, i quali amano tanto pettegolare malignamente sulle cose italiane. Al contrario, anzi. Non più tardi di ieri, a un amico milanese, il quale mi spiegava che la Svizzera è un paese meraviglioso perché un cittadino, per esempio, va al cinema e lascia tranquillamente la bicicletta fuori, in istrada, sicuro di ritrovarla, all’uscita, io ho risposto fieramente: «Signore, io a Milano vado al cinema in tram, e sempre lascio il tram fuori, in istrada, e, quando esco, lo ritrovo sempre! E, siamo sinceri, un tram costa qualcosa di più d’una bicicletta!». (…) Parte prima Umorismo, arma segreta: questo, dunque, il tema della nostra esercitazione verbale di stasera. (…) Il ridere di cui intendo parlare io è provocato da quel rigido, gelido e spietatamente logico ragionare che deve essere prerogativa di chi possiede il senso dell’umorismo. Molte definizioni sono state date dell’umorismo: per me la più giusta sembra quella dovuta a un illustre personaggio piuttosto francese di cui non ricordo il nome: «Non esiste l’umorismo, esistono degli umoristi». E per me, l’umorista è chi sa vedere oggi con l’occhio di domani. Questa mia definizione potrebbe trarre in inganno qualcuno e indurlo a credere che il motto dell’umorista si identifichi con uno dei più noti slogan correnti, quello che dice: «Fate che domani i nipoti non ridano di voi». Il motto dell’umorista è sostanzialmente diverso in quanto dice: «Fa’ che domani tu non debba ridere di te stesso: ridi oggi». Domani è troppo tardi. (…) L’umorismo (…) è una potente e benefica arma di difesa. Ed è un’arma segreta perché, disgraziatamente, l’umanità ne disconosce l’uso, e così è arma usata da una inconsistente minoranza. L’umorismo è un’arma potente e benefica perché occorre tener presente un fatto che sfugge ai più. Ammetto naturalmente che esiste una comicità assoluta, ed esiste anche una comicità relativa, come esistono una logica assoluta e una logica relativa, e bisognerà quindi analizzare caso per caso. Tuttavia un fatto è certo: una situazione comica è una situazione contro la logica. Comico significa illogico. E qui, siccome la faccenda diventa difficile, chiamo in mio aiuto una distinta signora e un baldo pompiere. Sono stato quanto mai cauto e ho fatto le cose per bene: ho scelto una signora giovane, bella, elegante, piena di dignità e moralmente ineccepibile. E ho scelto il miglior pompiere che ho trovato in circolazione: bell’uomo, robusto, ben addestrato, perfettamente equipaggiato, pieno di dignità nella sua più che regolamentare divisa, e anche lui moralmente ineccepibile. (…) Detto questo, fissiamo la nostra attenzione sulla signora. (…) Perfetta in tutti i particolari! Non possiamo che ammirare la nobiltà del suo portamento e la sua grazia squisita. Un particolareggiato, rigorosissimo studio del pompiere ci induce a concludere in coro che (come aspetto) i due soggetti esaminati risultano inequivocabilmente la miglior signora e il miglior pompiere che si potessero trovare. Risulta che, pure a volerlo intensamente, ferocemente, non si trova motivo di riso in nessuno dei due. Non esiste in essi nessun aspetto comico. Allora io, col beneplacito dei diretti interessati, metto il luccicante elmo d’ottone del pompiere in testa alla signora e il vezzoso e fiorito cappellino della signora in testa al pompiere. Volendo, potrei addirittura far indossare al pompiere la sottana a fiorellini della signora e alla signora i rudi pantaloni del pompiere. Non lo faccio per ovvie ragioni di ordine pubblico, e perché mi basta il fatto di aver scambiato i cappelli. A me interessava di ottenere un effetto comico e ci sono riuscito. Adesso, così combinati, la signora e il pompiere fanno ridere. Come ho ottenuto questo effetto comico? Creando una situazione contraria alla logica. (…) Io parlo di comicità assoluta che si identifica con una violazione della logica assoluta. E perciò dico che comico significa illogico. Dico che chi scopre in una situazione, in una teoria, in una dottrina, in un progetto, degli aspetti comici, individua di essi la parte negativa. E può, alla fine, mettere su un piatto della bilancia detta parte negativa, sull’altro piatto la parte positiva e tirare delle somme. E poiché aspetti comici possono essere scoperti in una cosa presentata come seria, mentre in una cosa presentata come ridicola si possono scoprire invece degli aspetti profondamente seri, abbiamo due tipi di comicità: la comicità che induce al riso e la comicità che induce al pianto. Ma poiché comico è ciò che induce al riso, abbiamo che si può ridere per ridere e ridere per piangere. Come volevasi dimostrare (…). Giovanni Guareschi