Marco De Martino, Panorama 27/11/2008, pagina 137., 27 novembre 2008
Panorama, giovedì 27 novembre 2008 I voti sono stati contati in poche ore, invece i calcoli sul finanziamento delle elezioni americane 2008 non sono ancora finiti
Panorama, giovedì 27 novembre 2008 I voti sono stati contati in poche ore, invece i calcoli sul finanziamento delle elezioni americane 2008 non sono ancora finiti. Per mesi è stato scritto che questa è stata una campagna da 2 miliardi di dollari, record nella storia americana. Ma secondo il Center for responsive politics di Washington, quando verranno sommati i soldi ricevuti da tutti i candidati, democratici e repubblicani, in corsa per la Casa Bianca, il Congresso (35 senatori, 435 deputati) e 11 poltrone di governatore, il risultato sarà ben più sorprendente: circa 5,8 miliardi. Di questo fiume di denaro, 750 milioni 767 mila 963 dollari sono finiti, secondo l’ultimo conteggio, nelle casse della campagna elettorale di Barack Obama. Anche sulla composizione del suo tesoro le verifiche sono appena iniziate. Secondo i più accreditati istituti di ricerca di Washington, non è vero che circa la metà dei finanziamenti è stata raccolta fra piccoli donatori, come è stato più volte ripetuto. «In realtà, solo il 25 per cento dei soldi raccolti da Obama è arrivato da gente che ha dato meno di 200 dollari» è la valutazione di Craig Holman, che dirige l’istituto Public citizen. Alle stesse stime sono giunti al Center for responsive politics. Holman afferma che i calcoli non possono essere precisi: la legge elettorale non obbliga a dichiarare il nome di chi versa meno di 200 dollari, bisogna quindi fidarsi delle affermazioni dei tesorieri di Obama, secondo cui circa 3 milioni di americani hanno contribuito con piccole cifre all’elezione del presidente: «Si tratta comunque di una rivoluzione, è il doppio dei piccoli contribuenti di Howard Dean, che nel 2000 inaugurò l’era delle donazioni online. Ma l’importanza dei grandi finanziatori sull’elezione di Obama è maggiore di quello che pensavamo». La legge elettorale non permette di contribuire con più di 4.600 dollari a testa, 2.300 nelle primarie e altrettanti nelle elezioni generali. Ma ci sono svariati modi per aggirare le regole. Sia Obama sia John McCain hanno formato diversi comitati di finanziamento congiunti (joint fundraising committee). In questo caso i donatori potevano firmare assegni fino a un massimo di 70 mila dollari, con una quota che andava al candidato e il resto al partito. Obama ha raccolto così circa 183 milioni di dollari, contro i 176 milioni di McCain. Attraverso questi comitati è nata quest’anno una nuova categoria di finanziatori denominata «mega bundlers», ovvero megaaggregatori. Impiegati per la prima volta da George W. Bush nel 2000, i bundler raccolgono grandi somme, a colpi di versamenti da 2.300 dollari. I megaaggregatori fanno lo stesso, mettendo però assieme gli assegni fino a 70 mila dollari consentiti dai comitati di finanziamento. Per Obama hanno lavorato 606 aggregatori, di cui 111 della categoria mega, e molti sono già ai massimi livelli nella sua squadra di transizione verso la Casa Bianca. Spiccano Julius Genachowski e Don Gips, che hanno raccolto oltre 500 mila dollari a testa. Il primo è un venture capitalist nel settore dell’high tech, il secondo è vicepresidente del gruppo Level 3 che produce fibre ottiche; entrambi sono candidati alla guida della potente Federal communications commission, il cui ruolo quest’anno è ancora più cruciale perché dal 17 febbraio il sistema televisivo americano abbandona le trasmissioni analogiche per abbracciare l’alta definizione. E se nell’era Bush le aziende di telecomunicazioni e quelle tradizionali della distribuzione via cavo l’hanno fatta da padrone, con Obama la bilancia del potere potrebbe passare ai grandi gruppi di internet. Sia Genachowski sia Gips hanno frequentato assieme al prossimo presidente l’Università di Harvard, che con l’Università della California, la Columbia e l’Università di Chicago (dove Obama ha insegnato diritto costituzionale) figura fra le principali organizzazioni che hanno finanziato la campagna elettorale del prossimo inquilino della Casa Bianca. Harvard ha vasti interessi nella ricerca sulle cellule staminali, il cui finanziamento pubblico era stato vietato da Bush e verrà invece reintegrato da Obama. Ma tra i megaaggregatori ci sono anche rappresentanti del settore immobiliare come Valerie Jarrett, amica di famiglia degli Obama, che ha raccolto tra 100 e 200 mila dollari. E moltissimi finanzieri, non solo di ex banche di investimento come la Goldman Sachs, ma soprattutto degli hedge fund, che sperano in una nuova regolamentazione del settore finanziario che non li penalizzi eccessivamente. Tra i grandi finanziatori di Obama ci sono George Soros e Kenneth Griffin, fondatore del potente hedge fund Citadel di Chicago: nessuno dei due vorrà un posto di rilievo nell’amministrazione, però c’è da scommettere che altri lo otterranno. Secondo uno studio del Washington Post, 104 dei 246 maggiori finanziatori della campagna presidenziale di George W. Bush ottennero una nomina ad ambasciatore o un altro posto di rilievo. Obama, almeno per ora, si sta comportando meglio: solo il 10 per cento della sua squadra di transizione è composto dai suoi grandi donatori. Marco De Martino