Paolo Biondani, L’espresso 27/11/2008, 27 novembre 2008
Le banche italiane hanno emesso montagne di bond che la massa dei risparmiatori sarà chiamata a rifinanziare nei mesi più duri della crisi mondiale
Le banche italiane hanno emesso montagne di bond che la massa dei risparmiatori sarà chiamata a rifinanziare nei mesi più duri della crisi mondiale. una variabile economica di dimensioni enormi, tanto da mobilitare i vertici della Consob, della Banca d’Italia e il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Secondo l’ultima rilevazione di Bankitalia, le obbligazioni emesse dalle banche italiane hanno raggiunto il 30 settembre scorso la cifra record di 718 miliardi di euro. Un valore senza precedenti, che equivale a poco meno della metà di tutto il debito pubblico del nostro Paese: non il deficit annuale, ma l’intero passivo accumulato dalla Repubblica dalla sua nascita fino ad oggi. Questa voce negativa del bilancio patrimoniale (in pratica debiti, rappresentati da titoli con scadenze e rendimenti) corrisponde quasi al triplo del capitale più le riserve di tutte le 800 banche italiane che alla medesima data ammontavano a 277 miliardi. Ebbene, circa un quinto di questo gigantesco monte di obbligazioni andrà in scadenza nei prossimi 14 mesi. Cioè nel periodo in cui, secondo le massime istituzioni economiche mondiali, dovrebbero manifestarsi gli effetti più negativi della crisi. Le banche faranno il possibile per rifinanziarsi, sostituendo i vecchi bond con nuovi titoli a scadenza più lunga. Di qui l’interrogativo cruciale: in tempi di recessione, crolli borsistici e stretta creditizia, quanti risparmiatori saranno disposti a comprare nuove obbligazioni? E a quali prezzi? Limitando il conto ai primi otto gruppi bancari italiani, nel corso del 2009 scadranno bond per 110 miliardi e 410 milioni di euro, che si aggiungono ai 25 miliardi e 140 milioni già in maturazione nell’ultimo trimestre di quest’anno. Sommando i dati dell’agenzia Bloomberg sulle singole emissioni è possibile fotografare almeno la situazione lorda di ciascun istituto. Tra ottobre 2008 e dicembre 2009, per Unicredit-Capitalia risultano in scadenza emissioni per 42 miliardi di euro, 32 per Intesa-Sanpaolo, 20 per Montepaschi, 15 per Ubi, 11,4 per il Banco Popolare, 6,2 per l’ex Bnl, 5 per Mediobanca, 3,6 per Bpm. Nel corso del 2010 gli stessi gruppi vedranno maturare bond per altri 100 miliardi, che per due terzi portano la firma dei due maggiori istituti: 36 miliardi per Unicredit, 31 per Intesa. Alcuni istituti precisano che i dati di Bloomberg riguardano tutte le emissioni, comprese quelle acquistate da società interne al gruppo: Unicredit in particolare dichiara così un debito obbligazionario ridotto a 26,6 miliardi per il 2009 e a 31,6 per il 2010. La stessa banca spiega che dei 10 miliardi in scadenza alla fine di quest’anno ne restano da rifinanziare solo 6 e mezzo. Nei prossimi cinque anni, cioè entro il 2013, le otto maggiori banche dovranno rifinanziare, in totale, obbligazioni proprie per 429 miliardi. Il presidente della Consob, Lamberto Cardia, ha aperto la sua più recente audizione in Parlamento con questo monito: "La crisi che stiamo vivendo è prima di tutto una crisi di stabilità degli intermediari bancari. Le tensioni di liquidità possono compromettere il rifinanziamento delle posizioni in scadenza, generando fenomeni di contagio". Le preoccupazioni del supercontrollore sono diverse e vanno dalla crisi dell’interbancario all’invasione dei bond emessi dagli istituti di credito ai difficili rapporti tra questi ultimi e i milioni di risparmiatori e correntisti. Vede, tra l’altro, "rischi concreti di conflitti d’interessi" a danno dei risparmiatori. Cardia ha richiamato gli istituti a rispettare quelle "regole di correttezza" che imporrebbero di "operare nel miglior interesse del cliente anche quando distribuiscono al pubblico obbligazioni di propria emissione". La crisi attuale, insomma, potrebbe tornare a gonfiare il collocamento dei bond "presso la clientela al dettaglio". E, secondo Cardia, la caccia ai soldi dei clienti potrebbe anche favorire vendite massicce di "obbligazioni subordinate" e prodotti "poco adatti per rischiosità e complessità" ai piccoli risparmiatori, soprattutto se "illiquidi", cioè "non quotati nei mercati regolamentati e difficilmente liquidabili a prezzi corretti". Il 31 ottobre, nella giornata del risparmio, il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, ha manifestato preoccupazioni analoghe: "L’inaridirsi dei canali di approvvigionamento induce le banche a collocare nuove emissioni prevalentemente presso la clientela al dettaglio", con rischi di "scarsa trasparenza e alta incidenza dei costi". "La consulenza bancaria va chiaramente distinta dal collocamento di propri prodotti; va esercitata nell’interesse del cliente; non può limitarsi a prospettare i prodotti della casa". Cosa che negli ultimi anni non sempre le banche hanno fatto. Nello studio condotto nella primavera del 2008 sulla fuga dei risparmiatori dai fondi comuni, l’ex presidente della Consob Luigi Spaventa spiega che la vera anomalia italiana non è la quantità di bond, ma il loro "collocamento molto maggiore" tra i clienti al dettaglio: "Il peso delle obbligazioni bancarie sulla ricchezza delle famiglie italiane supera il totale delle obbligazioni (inclusi dunque i titoli di Stato e i bond delle aziende) negli altri Paesi". L’Italia, insomma, ha il record mondiale di bond bancari venduti agli sportelli, anche con caratteristiche complesse. Eppure nel periodo pre-crisi 2000-2006, secondo lo studio, "non pare che le obbligazioni strutturate abbiano offerto rendimenti competitivi rispetto ai fondi" e "nemmeno rispetto ai buoni e vecchi titoli di Stato". In compenso, le banche hanno incassato "commissioni immediate fra il 3 e il 5 per cento, utili per rafforzare le trimestrali". E hanno "ridotto il costo della raccolta", sostiene Spaventa, proprio facendo "crescente ricorso a titoli strutturati e illiquidi", che "in prevalenza non sono quotati". Per cui "il prezzo cala subito, ma gli investitori non se ne accorgono" e recuperano queste perdite solo tenendo i soldi "bloccati fino alla scadenza". Per evitare che le banche siano tentate di scaricare il prezzo della crisi sulla massa dei risparmiatori, la Consob, con l’esplicito appoggio del governatore Draghi, ha elaborato un nuovo regolamento che impone, ad esempio, di chiarire ai clienti se e quando i rendimenti dei nuovi bond siano davvero più convenienti dei titoli di Stati di pari durata. La riforma è pronta da mesi, ma è bloccata dall’opposizione delle banche italiane (Abi) ed estere (Aibe). Secondo gli istituti, il cliente "va informato del rischio finale, non della struttura" tecnica del bond, mentre un eccesso di regole "inutili" finirebbe per "penalizzare gli intermediari italiani rispetto ai concorrenti esteri". Ai primi di ottobre, con il decreto-legge anti-crisi, il governo Berlusconi ha previsto una soluzione che azzererebbe i rischi per i risparmiatori: le nuove obbligazioni bancarie potranno avere la garanzia dello Stato. Gli istituti attendono di studiare il regolamento d’attuazione, che dovrà chiarire limiti, condizioni e costi della copertura. Solo le otto maggiori banche italiane hanno emesso obbligazioni per un totale di 603 miliardi e mezzo di euro. Difficile che lo Stato possa garantire tutto e tutti. Draghi e Tremonti stanno elaborando un altro intervento urgente e relativamente meno costoso: lo Stato dovrebbe comprare direttamente i nuovi bond, fino a un importo che potrebbe coprire le scadenze più immediate. Nell’attesa, in queste settimane non sono mancati i primi segnali di fuga dei risparmiatori verso i titoli di Stato. Unicredit ha offerto propri bond per 2,3 miliardi con scadenza 2011, ma è riuscita a collocarne poco più di metà (1.251 milioni). Intesa ha emesso obbligazioni subordinate per 1 miliardo e mezzo, ma ha raccolto solo un quinto (382 milioni). Proprio questi due flop hanno acceso la lampadina rossa nel mondo delle banche. Anche se fonti dell’Abi, interpellate da ’L’espresso’, smentiscono cali di fiducia nelle banche ed escludono contraccolpi sul rifinanziamento dei bond: "Non c’è nessun segnale visibile di crisi nella raccolta obbligazionaria, che anzi è proseguita anche nelle settimane più difficili. Tutte le emissioni sono programmate e negli istituti non abbiamo raccolto alcun elemento di preoccupazione. Le obbligazioni bancarie in Italia hanno le stesse dimensioni di tutte le altre economie avanzate: la loro diffusione è la conferma dell’evoluzione verso un mercato finanziario più moderno. Per i prossimi mesi le previsioni sono per un miglioramento dei tassi e delle quantità. Qualche difficoltà nel collocamento del singolo prodotto è normale e troverà una soluzione fisiologica nell’adeguamento dell’offerta e dei rendimenti, che in questi giorni vengono ampiamente pubblicizzati". Con la crisi, insomma, anche la fiducia dei risparmiatori costerà di più. Paolo Biondani