Aldo Grasso, Corriere della Sera 17/11/2008 Antonio Marano, Corriere della Sera 19/11/2008, 17 novembre 2008
ALDO GRASSO PER IL CORRIERE DELLA SERA DI LUNEDì 17 NOVEMBRE 2008
La sera stessa in cui Edipo risolse l’enigma della Sfinge si aprì un ampio dibattito. I seguaci di Socrate si batterono perché gli indovinelli restassero in ambito esoterico mentre i seguaci di Platone erano per la diffusione di massa del rompicapo, pensavano addirittura a un "thranos", parola che oggi, con molta disinvoltura, si potrebbe tradurre con format.
La sera in cui Mike Bongiorno consegnò i primi 5 milioni a un vincitore di "Lascia o raddoppia?" (era il 1956), in Italia si aprì un ampio dibattito. Un intellettuale raffinato come Nicola Chiaromonte scrisse che il quiz mette in scena l’idea superstiziosa che della cultura hanno gli ignoranti e forse anche certe élites: "non è poi tanto male che se ne faccia pubblico ludibrio". Carlo Levi, l’autore di "Cristo si è fermato a Eboli", si sentì invece in dovere di certificare che "mille nuovi Edipi, ogni settimana, affrontano la Sfinge, liberano il mondo e la propria anima dai mostri della confusione: si sentono testimoni del valore pratico e del valore assoluto del sapere".
Le espressioni inglesi "quiz show" e "game show" indicano il gioco a premi, centrato su una o più prove di abilità, conoscenza, memoria o fortuna, definite da un regolamento e finalizzate a uno scopo (normalmente un premio in denaro, in gettoni d’oro o in qualsiasi altra forma), che coinvolgono uno o più concorrenti. Questo fortunato genere di derivazione radiofonica che, fra alti e bassi, rinnovamenti e ritorni, attraversa l’intera storia della tv, nasce negli Usa nella seconda metà degli anni ’40. Twenty Question, basato sul vecchio gioco di salotto "animale, vegetale o minerale" e trasmesso per radio fin dal 1946, finisce su Nbc nel novembre 1949. Dal 1950 Groucho Marx conduce, sempre su Nbc, You bet your life. Due anni più tardi è il turno di Two for money. Il successo e la spettacolarità dei quiz show vengono ulteriormente facilitati da una sentenza della Corte Costituzionale del 1954: stabilisce che i giochi a premi basati sulla presenza di un jackpot - cioè di un consistente premio - vengano rimossi dalla categoria dei giochi d’azzardo. Nascono così i cosiddetti "big money quiz show", giochi a premi caratterizzati appunto da una grossa somma di denaro messa in palio. Il produttore della Cbs Louis Cowan, con la collaborazione di uno sponsor (la Revlon Cosmetic) mette allora a punto un "jackpot quiz show" basato sul precedente programma radiofonico Take it or leave it. Nasce così, nel 1955, The $ 64.000 Question (cui si ispira anche il nostro Lascia o raddoppia?), seguito poi da altri programmi affini, come Twenty One e The big surprise.
Anche in Italia, da "Lascia o raddoppia?" all’"Eredità" o a "Chi vuol essere milionario?", il quiz è uno dei generi più forti. Proprio in questi giorni è uscito da Bompiani un curioso libro di Fernando Sallustio, già supercampione di "Passaparola". Si chiama "Un popolo di concorrenti. 50 anni di storia d’Italia attraverso i telequiz" e passa in rassegna i quiz più fortunati della nostra tv, con corredo di domande.
Da tempo, il quiz rappresenta una concezione filosofica della conoscenza. C’è chi lo ha sempre accusato di rappresentare un sapere imparaticcio, di scarso valore. E c’è chi, invece, come Tullio De Mauro, ha sempre sostenuto che gli italiani hanno imparato l’italiano anche con i quiz di Mike. Tant’è vero che in Italia la missione pedagogica del quiz classico entra in crisi con l’elevazione dell’obbligo scolastico alla terza media. Un pubblico scolarizzato non vuole più apprendere, desidera solo intrattenersi, magari con un game show, come "La ruota della fortuna", che richiede destrezza ma soprattutto una buona dose di fortuna.
Il quiz classico propone un sapere specialistico: lo spettatore, per divertirsi, deve condividere la passione del concorrente. Mike chiedeva il nome della profetessa di uno dei più famosi carmi del libro dei Giudici (Debora); Gerry Scotti chiede chi è il Marcello azzurro (Lippi).
Se in uno dei tanti quiz che vanno ora in onda venissero riproposte le domande di "Lascia o raddoppia?" ben pochi concorrenti riuscirebbero a superare il primo turno. Il motivo è semplice: erano domande per esperti e presupponevamo una competenza specifica. Non erano per tutti, cioè generaliste: erano riservate ai pochi eroi che sarebbero diventati personaggi televisivi solo a prezzo di sforzi straordinari.
Il neoquiz, invece, è basato sulla cosiddetta cultura generale, su quel bagaglio di nozioni che la scuola dell’ obbligo e più di cinquant’anni di tv dovrebbero ormai aver inoculato in ogni spettatore. Il neoquiz, inoltre, nasce prevedendo la collaborazione della sorte. Ed è proprio la fortuna o l’aiuto esterno (il terrificante "aiutino") o comunque la possibilità limitata di risposte (multiple-choice test) che ne sanciscono il senso ultimo: ogni spettatore è anche un potenziale concorrente.
Ogni tanto risorge anche il problema delle vincite: è giusto o no che la tv elargisca così tanti premi? Il premio è parte integrante del gioco, questo resta indiscutibile. Il fastidio nasce se mai per quei quiz telefonici con montepremi che hanno l’unico scopo di legare alla trasmissione un numero considerevole di persone interessate non ai contenuti del programma ma alla vincita in palio. Tutti i cruciverboni, i fagioloni, le domandone che promettono soldi sono una specie di inganno per attrarre pubblico. Quel "pronto da dove chiami?" è ormai un lamento che sale dalle viscere e preannuncia il peggio: i fastidiosi venditori ambulanti della felicità, quando si accorgono che la "gente" cui si rivolgono è sensibile solo alle telefonate con i gettoni d’oro, possono per un po’ rallegrarsi dei successi della loro invadenza.
A proposito di "aiutini", una delle molle segrete che rendono affascinate il quiz è la possibilità di scoprirne i trucchi, le magagne, le contestazioni. Dai tempi di "Lascia e raddoppia?" e del celebre caso del controfagotto, il ricorso e lo smascheramento sono diventati componenti stesso del gioco. Del resto la figura del Notaio segnala che c’è anche un ordine del sapere passibile d’inganno.
ANTONIO MARANO SUL CORRIERE DELLA SERA DI MERCOLEDì 19 NOVEMBRE 2008
Raidue: l’ammontare dei premi
A proposito dell’articolo apparso nel Focus «La grande illusione dei quiz in tv», (Corriere, 17 novembre) si precisa che la trasmissione «Mezzogiorno in Famiglia», in onda la mattina del sabato e della domenica, mette in palio, come premio finale, per la gara tra le rappresentanze dei Comuni italiani, uno scuolabus del valore di circa 35 mila euro. Il premio, assegnato al termine del ciclo della trasmissione di 74 puntate, in onda per 37 weekend, prevede quindi un impegno di spesa ben diverso dai 150 mila euro settimanali, come indicato nell’articolo. Per quanto riguarda, invece, la sesta edizione dell’«Isola dei Famosi» occorre precisare che il vincitore riceverà un premio di 200 mila euro, con la metà devoluta in beneficenza a un’associazione proposta dal vincitore stesso.
Anche per il reality si tratta di un premio finale che riguarda, in questo caso, un programma di dodici puntate. La somma della spesa per i due premi, alla fine dei rispettivi programmi, sarà quindi di 235 mila euro in totale e non 500 mila euro per settimana come riportato. Si tratta, in conclusione, di una differenza di qualche milione di euro.
Antonio Marano
Direttore Raidue