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 2008  novembre 21 Venerdì calendario

I titoli dei tre colossi dell’auto Usa ben oltre la chiusura (in rosso) delle borse europee stavano perdendo l’inverosimile, sull’onda della convinzione che il Congresso non sarebbe riuscito ad approvare negli ultimi suoi due giorni di vita la seconda tranche di aiuti finanziari al comparto delle quattro ruote a stelle e strisce, proposta quest’ultima osteggiata dai repubblicani

I titoli dei tre colossi dell’auto Usa ben oltre la chiusura (in rosso) delle borse europee stavano perdendo l’inverosimile, sull’onda della convinzione che il Congresso non sarebbe riuscito ad approvare negli ultimi suoi due giorni di vita la seconda tranche di aiuti finanziari al comparto delle quattro ruote a stelle e strisce, proposta quest’ultima osteggiata dai repubblicani. Il titolo di General Motors, durante la seduta, aveva addirittura toccato il minimo degli ultimi 70 anni, crollando a -39%. Così anche Ford, scesa del 13%. Poi, quando nel vecchio Continente era ormai sera, l’inversione di rotta, sulla scia di una nuova proposta di sostegno alle «big three», questa volta bipartisan, scaturita da un accordo tra senatori dei due schieramenti, che messa da parte l’ipotesi di attingere i 25 miliardi di dollari (chiesti dall’industria) dai 700 del «pacchetto Paulson», guarda ad un provvedimento su scala ridotta, compreso tra 5 e 8 miliardi di dollari, nella forma di un prestito ponte o comunque come iniezione di cassa per consentire alle case automobilistiche di andare avanti fino alla fine dell’anno. E a Wall Sreet è stato rally: Gm è arrivata a guadagnare il 40%; Ford ha fatto un balzo del 30,95%. La giornata non era cominciata bene. A dare una sveglia negativa era stato l’indice Nikkei, da Tokyo, che ha perso il 6,9%. Un crollo che ha destabilizzato in avvio di seduta gli indici europei, che sono risaliti dai minimi di giornata solo nel finale. Al termine delle contrattazioni il saldo da pagare è stato comunque difficile da digerire con altri 150 miliardi di capitalizzazione bruciati e l’indice paneuropeo Dj Stoxx 600 che è sceso sui livelli del 2003. Sul campo, hanno lasciato con perdite Parigi (-3,48%), Londra (-3,26%), Francoforte (-3,08%). Più contenuta Milano (-2,29% il Mibtel e -2,10% lo S&P), mentre è andata peggio ad Amsterdam (-4,33%) e Zurigo (-3,95%). Nel mirino delle vendite soprattutto i petroliferi, penalizzati dal crollo del barile, e le materie prime, quest’ultime sull’onda della brusca frenata delle quotazioni del rame a Londra (-3,2%). Male anche i bancari con Deutsche Bank che ha perso il 9,4% e Ing a -8,9%; giù anche le compagnie aeree, con AirFrance-Klm che scivola del 5,7%, e il settore automobilistico che ha visto arretrare il sottoindice europeo del 4,76%. Particolarmente pesanti Renault (-6,2%), Volkwagen (-6%) e Porsche (-5,6%). A Piazza Affari sono caduti e risaliti i bancari, con Bpm a +2,81 e Intesa Sanpaolo a +0,93% (Unicredit però è rimasta in rosso, a -0,90%). Tonfo degli energetici, con Eni in calo del 4,47%, mentre Fiat ha fatto meno peggio degli altri titoli automobilistici, chiudendo a -3,21%. Le Borse del vecchio Continente non hanno potuto beneficiare del colpo di coda di Wall Street, ma anzi ne hanno subito gli influssi negativi. Una seduta nera, nonostante il calo consistente del petrolio, che - accademicamente - avrebbe dovuto trascinare al rialzo almeno il settore dell’auto. Per la prima volta in quasi due anni, infatti, il prezzo del barile è sceso a New York al di sotto dei 50 dollari, mentre a Londra il brent, estratto dal Mare del Nord, è a sua volta finito al di sotto della stessa soglia. Un crollo, se si pensa che soltanto l’11 luglio scorso l’oro nero aveva toccato al Nymex il tetto dei 147,27 dollari. A pesare sulle contrattazioni del greggio è la paura, sempre più concreta, che una recessione globale possa mettere sotto pressione la domanda. Soprattutto negli Usa, dove il Dipartimento all’energia ha confermato il forte calo: nelle quattro ultime settimane i consumi di prodotti petroliferi sono scesi del 7% su base annua. E nei prossimi mesi non dovrebbe andare meglio, se è vero che secondo il rapporto dello studio Cges la richiesta di greggio dovrebbe contrarsi per la prima volta in 25 anni. Le oscillazioni del petrolio, però, non hanno avuto la forza di superare la politica. Perché se Wall Street, dopo essere sprofondata, ha rialzato la testa sulla scia dell’accordo bipartisan sugli aiuti all’auto, nel finale ha dovuto di nuovo abbassarla, quando si è saputo che nessun voto è previsto per questa settimana sul piano di salvataggio, e che arriverà non prima della settimana dell’8 dicembre. Così il Dj ha chiuso a -5,34, ai minimi degli ultimi cinque anni e mezzo come anche il Nasdaq, che fa segnare un -5,1%, mentre per lo S&P500 il record negativo degli ultimi 11 con -6,6%. Gm e Ford hanno chiuso in rialzo, rispettivamente a + 5,02% e 4,76%, ma hanno perso i guadagni dell’impennata. Unica consolazione per i risparmiatori italiani sul fronte dei mutui, il nuovo calo dell’Euribor, a tre mesi al 4,076%. Fabio Pozzo