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 2008  novembre 21 Venerdì calendario

ANTONELLO CAPORALE PER LA REPUBBLICA DI VENERDì 21 NOVEMBRE 2008

La settima giornata da fuggitivo di Villari è iniziata con questo bel ricordo, uno spruzzo di giovinezza. Gioia durata poco perché, dopo un colpo di tosse, Fabrizio Morri del Pd lo ha tenuto mezz´ora a telefono ricordandogli che c´era Zavoli e dunque: «Leva le tende». A questo punto il presidente ha deciso di proseguire la latitanza accucciandosi dietro piazza di Spagna per qualche ora ancora. Fino a che è comparso, ore 14, a palazzo San Macuto la sede della sua commissione. Elegante e sicuro, «scaltro e colto» ha detto di lui il ministro Rotondi. Villari è giunto al palazzo con un bel comportamento istituzionale, sicuro e riservato. I giornalisti hanno subito capito che sarebbe stato un altro indimenticabile show. Quelli del Pd entravano angustiati, veramente tramortiti. Quegli altri leggeri e disinvolti. La seduta si è chiusa dopo mezz´ora. Villari che col tempo ha consolidato un contegno molto presidenziale, si è materializzato: «Non mi dimetto. Sono un democratico, sono stato eletto democraticamente e faccio questo per tutelare le Istituzioni». Di più: «Ho ricevuto pressioni indebite e minacce». Un giornalista, anch´egli incredulo: ci sarebbe Zavoli al suo posto. Lui con una degnissima faccia di bronzo: «Nessuno mi ha mai informato dell´accordo raggiunto».
Questione di gusti, ma spettacolino non da poco. La truppa dei cronisti si è diretta allora al Senato, dove i democratici dovevano democraticamente decidere l´espulsione di Villari dal gruppo parlamentare. «Secondo lei ha preso soldi?». A questa domanda Anna Finocchiaro è rimasta interdetta, ma non ha ceduto: «A tanto non ci sono arrivata». Villari gode già di una vita agiata e quel che mancava è arrivato: la poltrona. Alla buvette due senatori si scambiano le opinioni: «Ricordi che diceva sempre? Nel vocabolario di un democristiano la parola dimissioni non esiste». E infatti. Con un bicchiere di prosecco in mano Franco Marini, dato come l´ultimo suo referente politico, lo manda a quel paese: «E´ uno stronzo». Anche Fioroni lo manda lì: «Lo dobbiamo agevolare e fargli capire da che parte deve andare». «Ah, la tentazione della carne!», dice Giorgio Tonini, amico di Veltroni.
Tra le cinque e le sei il nome di Villari è scomparso tra quelli iscritti al gruppo del Partito democratico, il suo corpo si è volatilizzato di nuovo lasciando la sua assistente, esausta e parecchio incredula, nello sconforto e nel totale disimpegno: «Non so nulla, non so nulla». Forse di nuovo in viaggio a Napoli, o riparato in qualche rifugio romano. Fuggiasco, di nuovo. Una magia la sua elezione che, secondo i bene informati, è tutta dentro l´abilità di un uomo: Italo Bocchino. Bocchino, una onorata carriera da portaborse, ora vicecapogruppo della maggioranza, dona ancora un consiglio all´opposizione: «Per me è un errore espellerlo». Dall´altro lato la Giovanna Melandri, afflitta ma resistente, tenta la mossa disperata: «A questo punto il problema è di Berlusconi». Cicchitto: «Problema nostro? Ma è loro!».
Acque confuse e corpi stremati. Nuovo messaggio dal presidente fuggitivo: «I partiti devono fare un passo indietro, devono rispettare le Istituzioni». E´ tutto così inverosimile da far apparire magico dunque irreale questo pomeriggio romano ancora con un bel sole tiepido. Magico come l´abracadabra che ha trasformato Villari: da qui a lì ma a testa alta, invocando le guarentigie repubblicane e persino difendendo l´onore delle istituzioni. C´è stato persino un comunicato del senatore De Gregorio, transfuga della passata legislatura, che ha messo i puntini sulle i e illustrato il coraggio impiegato da sé medesimo nel trasferimento, armi e bagagli, da Prodi a Berlusconi.
Tutto è perciò noto e già successo, e questo replay sembra nel solco della tradizione. «Non ci posso credere, non voglio crederci», quasi piange Vincenzo Vita che per tutta la vita ha lottato contro Berlusconi e adesso vede il nemico entrargli in casa, mettersi di fianco a lui. Oggi non ci sono dichiarazioni dei dalemiani, battaglia sospesa in attesa del ritorno del capo dall´estero. Anche Nicola Latorre ha tenuto la bocca cucita e ha allontanato il suo corpo da ogni sospetto. Due giorni prima l´avevano visto confabulare proprio con Villari. Ma non c´erano telecamere in giro, per fortuna.