Andrea Greco, la Repubblica 21/11/2008, 21 novembre 2008
MILANO
Le banche italiane si vendono le sedi. Staranno meglio delle rivali estere, ma nell´orribile 2008 si ingegnano per evitare traumi peggiori del dimezzamento di profitti e corsi di Borsa. Le dismissioni sono tra le vie predilette per rimpolpare i patrimoni, e magari creare qualche plusvalenza. Per questo i maggiori banchieri stanno affrettando la vendita degli immobili strumentali (le sedi degli uffici e delle filiali dei gruppi). Da Intesa Sanpaolo, l´unica che per ora ha chiuso l´operazione, a Unicredit. Da Monte dei Paschi al Banco Popolare. Solo loro mettono sul mercato un migliaio di palazzi, valore stimato oltre 5 miliardi di euro. Sempre che alla fine li si incassi per davvero, dato il contesto. Tutti i venditori vorrebbero chiudere entro l´anno, così da contabilizzare plusvalenze e deconsolidare cespiti che assorbono capitale, gravando sul famigerato Core Tier 1 che rapporta patrimonio e impieghi.
Settimana scorsa, è stato annunciato l´accordo tra Intesa Sanpaolo e Fimit sgr, società che fa capo a Massimo Caputi (26,5%), Inpdap (30,7%), Enpals (19%). Un misto di privato e previdenze pubbliche, dai dipendenti statali ai lavoratori dello spettacolo. La vendita non è passata da un´asta perché i compratori non accettano di mettersi in competizione e far lievitare i prezzi. Anche i tecnicismi della transazione mostrano la grande volontà di chiudere del venditore. Fimit pagherà 250 milioni in contanti, quasi metà dei quali Intesa Sanpaolo li reinvestirà nell´equity (tenendo un 12%). Il resto, ovvero il 60%, è debito, garantito dalla stessa banca, che però sta muovendosi per sindacare il prestito tra altri 4-5 istituti. Alla fine, del vendor loan da 500 milioni Intesa Sanpaolo ne terrà circa un terzo. Sommando le percentuali di equity e debito, la banca terrà comunque in pancia oltre un terzo dei rischi. Ma almeno Passera è riuscito a chiudere un dossier delicato, e segnare una plusvalenza da 189 milioni.
Anche Unicredit ha annunciato il progetto di cedere gli immobili d´uso, tra cui la sede milanese di Piazza Cordusio. Ci sarebbe già una controparte, e il management intende chiudere per dicembre. Anche perché la plusvalenza attesa (900 milioni, se gli asset fossero valorizzati 1.500 milioni) e il miglioramento del patrimonio (circa 15 punti base per il Core Tier 1) sono già stati "venduti" agli investitori, nei nuovi obiettivi 2008. I banchieri senesi, invece, vantano immobili strumentali scritti a libro per 1,5 miliardi, più altri 700 milioni frutto dell´acquisto di Antonveneta. Mps cercava un partner industriale ? s´era parlato di Beni Stabili, Generali, Sansedoni ? e metterlo in minoranza in una newco dove apportare i palazzi. Ma l´esigenza di rafforzare il patrimonio, inderogabile a Siena, ha indotto a una soluzione più aggressiva: il compratore avrà la maggioranza, Mps resterà inquilino e secondo socio, con il vantaggio di deconsolidare prima possibile gli immobili del Monte, magari in un secondo tempo quelli di Antonveneta.
Il Banco Popolare si è mosso in anticipo, perché l´affaire Italease ne aveva già indebolito il patrimonio, forzando a dismissioni "strategiche". In primavera è partita l´operazione "Eracle", fondo chiuso cui destinare entro fine anno il patrimonio strumentale di gruppo. All´apporto 460 unità, dal valore di mercato di 750 milioni. Il fondo durerà 25 anni, lo gestirà Generali Immobiliare e sarà sottoscritto da istituzionali italiani ed esteri. Tra questi Intesa Sanpaolo, che a primavera si impegnò a rilevare oltre un terzo di Eracle, con un sostanzioso sconto.