Paolo Conti, Corriere della Sera 21/11/2008, 21 novembre 2008
«Dirigere una fabbrica importante o i musei italiani non è la stessa cosa...». Salvatore Settis, presidente del Consiglio nazionale dei beni culturali, reagisce pacatamente alle dichiarazioni rilasciate al Corriere della Sera da Mario Resca, ex amministratore delegato di McDonald’s Italia e ora neoconsigliere del ministro per i Beni culturali Sandro Bondi e futuro direttore generale per la Valorizzazione dei musei secondo il progetto di nuovo regolamento del ministero
«Dirigere una fabbrica importante o i musei italiani non è la stessa cosa...». Salvatore Settis, presidente del Consiglio nazionale dei beni culturali, reagisce pacatamente alle dichiarazioni rilasciate al Corriere della Sera da Mario Resca, ex amministratore delegato di McDonald’s Italia e ora neoconsigliere del ministro per i Beni culturali Sandro Bondi e futuro direttore generale per la Valorizzazione dei musei secondo il progetto di nuovo regolamento del ministero. Settis precisa: «Come Consiglio nazionale, che ha espresso le sue preoccupazioni sul nuovo regolamento all’unanimità tranne un voto, non abbiamo voce in capitolo per esprimerci su Mario Resca. Giudizi personali sarebbe improprio». E allora, professor Settis? «Restano tutte le nostre perplessità. Dal nuovo Direttore generale per la Valorizzazione dipenderebbero le più importanti soprintendenze: Roma, Napoli, gli ex poli museali, cioè i principali musei delle grandi città italiane. Creando un conflitto di competenza con l’altra Direzione generale ai Beni architettonici e storico-artistici, da cui ora dipendono. Il rischio sarebbe la paralisi delle soprintendenze». In secondo luogo, ricorda Settis, Mario Resca «deciderebbe in prima persona la politica dei prestiti. Non si limiterebbe alla valorizzazione ma si occuperebbe anche della tutela. Perché la salute di un’opera è tutela...». E che cosa pensa del sì di Resca alla cessione dei beni chiusi nei depositi? «Resca mostra di non sapere cosa veramente sia un deposito museale, autentico luogo di studio e miniera di una collezione, così come avviene al Louvre, al Metropolitan di New York. L’ex soprintendente comunale di Roma, Eugenio La Rocca, studiando pezzi nei depositi capitolini ritrovò il frontone di un tempio greco riusato a Roma. Operazione scientifica impossibile se quei marmi fossero stati ceduti a un ristorante o alla collezione di uno sceicco». Resca protesta perché nessun museo italiano è tra i dieci più visitati al mondo... «A me sembra che il vero problema sia accrescere l’interesse, quindi i servizi, nei musei minori diffusi sul territorio, autentica ricchezza culturale del nostro Paese. Sono d’accordo sullo spirito di fondo della proposta. Ma per applicarla occorre qualcuno che conosca bene la materia». Ultima osservazione del professor Settis: «Quando Corrado Passera mise mano alle Poste, per prima cosa investì due milioni di ore di lavoro nella formazione del personale. E le Poste sono cambiate. Penso che un manager come Resca dovrebbe porsi un problema del genere, gli addetti ai beni culturali ne hanno bisogno. Una questione che tanti ministri non hanno voluto comprendere... ». Poi parlando a Milano Settis rincara la dose: «Occorre creare anticorpi al concetto di cultura come intrattenimento. Ci prepariamo a una politica di spoliazione di carattere economico. Mi chiedo come un ministro possa contattare per un incarico prima Antonio Paolucci e poi Mario Resca. Se va bene uno storico dell’arte non può andar bene un manager di McDonald’s. Resca ha detto che il Louvre ad Abu Dhabi è un suo modello. I musei americani a volte già vendono le loro opere e la chiamano de-accessione. Se il punto è che tutto debba essere reddizio, allora chiudiamo anche le scuole». Franco Asciutti, capogruppo pdl della commissione cultura del Senato, approva la nomina di Resca e respinge le critiche di Settis: «Vista la sua permanente conflittualità con i provvedimenti del ministro, sarebbe opportuno che rassegnasse le dimissioni». Polemico Gianfranco Cerasoli, segretario della Uil Beni culturali e membro del Consiglio nazionale: «Altro che dimissioni di Settis. Resca chiede di aprire i musei sette giorni su sette e si lamenta degli orari. Non sa evidentemente che i musei statali italiani sono aperti 363 giorni l’anno e rispettano gli orari più lunghi al mondo, con 11 ore. Che i visitatori sono passati dai 25 milioni del 1996 ai 35 del 2007. Che gli introiti, 106 milioni di euro nel 2008 fino a oggi, erano appena 52 miliardi di lire nel 1996». Entusiasta di Resca, invece, Michele Trimarchi, docente di Economia della Cultura a Bologna: «Sono in tanti a indicare i problemi senza proporre soluzioni. Delle intenzioni di Resca penso tutto il bene possibile, bisogna interrogarsi realisticamente sul ruolo della cultura nel nostro nuovo secolo. E aggiungo: è assurdo che i musei italiani non siano centri di spesa autonoma, capaci di immaginare un proprio futuro». Sulla stessa linea Gianfranco Imperatori, presidente di «Civita», che gestisce i servizi di cinquanta musei italiani: «La gestione dei musei è "materiale sensibile" che certamente esige particolari attitudini. Il museo non è un’azienda qualsiasi. Ma non trovo nulla di strano nel coniugare management e cultura purché restino prioritari la tutela e la conservazione dei beni».