Danilo Taino, Corriere della Sera 21/11/2008, 21 novembre 2008
No, non ci precipitano solo banchieri e bancari nel vortice in cui si sta avvitando l’economia del mondo
No, non ci precipitano solo banchieri e bancari nel vortice in cui si sta avvitando l’economia del mondo. I bollettini, ormai, contano le prime vittime nell’industria, anche in Europa, là dove la manifattura non è mai stata snobbata a vantaggio della finanza. La tedesca Basf, primo gigante della chimica mondiale, che annuncia chiusure di produzione in ottanta fabbriche e tagli di attività in altre cento, con 20 mila lavoratori colpiti in diversa misura, è il segno drammatico della forza della prima recessione da quando esiste l’euro: ci fa sapere che il flusso di ordini per i suoi prodotti chimici dai settori delle costruzioni, dell’auto, del tessile è crollato, da settembre, a una velocità mai vista prima. Stragi di posti di lavoro, non più solo a Wall Street e nella City di Londra: ora, tra gli operai e gli impiegati. Ieri, la francese Peugeot Citroën ha annunciato il taglio di 3.500 posti e ha previsto che nel 2009 venderà il 10% in meno di automobili che nel 2008. La farmaceutica anglo- svedese, ma presente in tutta Europa, AstraZeneca ha annunciato una ristrutturazione che comporterà 1.400 licenziamenti e la chiusura di tre fabbriche, in Spagna, Belgio e Svezia. La britannica Rolls-Royce - motori per l’industria aerospaziale - taglierà duemila posti a causa del calo di ordini da parte di Airbus e Boeing. Oggi, domani, dopodomani arriveranno altre cattive notizie: le imprese, quasi tutte, cercano di correre ai ripari in una marcia che rischia di diventare una rotta. Fino a un anno fa, tagliavano posti per migliorare i profitti e le loro azioni salivano in Borsa, adesso tagliano per tentare di salvarsi e le azioni crollano. Da una estate a un inverno, senza mezza stagione. Attorno a Natale, i grandi produttori di auto tedeschi - Volkswagen, Mercedes, Bmw, Opel - chiuderanno gli impianti per qualche settimana: non si sa ancora quanto, perché le previsioni peggiorano ogni giorno. L’agenzia di rating Fitch prevede l’Europa in recessione per il 2009 e la ripresa solo a metà del 2011. Drammatico, se sarà davvero così. Vuole dire - calcola sempre Fitch che ne sarà colpito praticamente ogni settore. Per dire: le vendite di auto, secondo questa stima, caleranno almeno dell’8% quest’anno e del 12% il prossimo. Il fatto è che una Christian Streiff, amministratore delegato del gruppo Peugeot crisi del genere in un settore importante come l’auto significa l’inizio di un circolo vizioso. Markus Leitner di Fitch dice che i fornitori di componenti «saranno altamente vulnerabili a un declino sostenuto, dal momento che non hanno una flessibilità operativa e finanziaria sufficiente». E quello che vale per l’auto vale per gli altri grandi settori dell’economia: reazioni a catena in negativo. Ieri, l’Istituto per la ricerca economica di Monaco ha annunciato l’indice Ifo sulla fiducia degli operatori mondiali: ha registrato una caduta di 60 punti, al livello più basso da 20 anni. Secondo il capo dell’Istituto, Hans-Werner Sinn, si tratta di «dati che indicano una recessione globale». Cosa che, per l’Europa, è una cattiva notizia doppia. La forza della sua maggiore economia, quella tedesca, ma anche di altre, italiana compresa, sta infatti nelle esportazioni: se la domanda mondiale crolla, crolla non solo l’economia europea ma, in qualche modo, anche il suo modello di business. Risultato: sempre ieri, un sondaggio di due istituti, uno di Berlino e uno di Manhheim, ha stabilito che i tedeschi sono i cittadini più pessimisti d’Europa: solo il 30% pensa che le sue condizioni di vita tra cinque anni saranno migliori di quelle di oggi. Ormai - brutto segno - è arrivata nel vocabolario quotidiano una parola nuova, deflazione, cioè crisi così forte da fare cadere i prezzi: secondo Factiva.com, tra agosto e oggi il suo uso, sui media, è quasi decuplicato. Danilo Taino