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 2008  novembre 20 Giovedì calendario

«Non avevamo mai visto una cosa simile in tutta la nostra vita». Intercettata e assaltata a 450 miglia a sud-est di Mombasa, l´ammiraglia delle petroliere è stata dirottata verso Harardhere per un problema di spazio

«Non avevamo mai visto una cosa simile in tutta la nostra vita». Intercettata e assaltata a 450 miglia a sud-est di Mombasa, l´ammiraglia delle petroliere è stata dirottata verso Harardhere per un problema di spazio. Questa montagna di acciaio non sarebbe mai entrata nel più attrezzato e difeso porto di Eyl, più a nord, vero feudo dei nuovi corsari del Corno d´Africa. La baia è piena di altre navi, almeno dodici, prese in ostaggio nelle settimane scorse e i fondali sono troppo bassi per una chiglia che raggiunge i venti metri. E poi si tratta di un gioiello del mare, il bottino più consistente mai conquistato dalla pirateria del nuovo secolo. I dirigenti della Saudi Aramco, colosso petrolifero di Ryad, proprietari della «Sirius Star», sono già al lavoro. Hanno spedito sul posto degli emissari che stanno trattando il dissequestro della megapetroliera. Lo ha confermato il ministro degli Esteri saudita Saud al Faisal. Ma sono nervosi. Mai si sarebbero aspettati un attacco in mezzo all´Oceano indiano, lontanissimi da quella strettoia, tra lo Yemen e il Corno, diventata un incubo per le compagnie armatoriali di tutto il mondo. Attraverso la Vela International Maritime, gestori della petroliera e consociati della Aramco, sono entrati in contatto con il gruppo di corsari. Si parla di dieci milioni di dollari di riscatto. I pirati si sentono forti. Fanno la voce grossa. Ieri hanno spedito un video ad al Jazeera minacciando ritorsioni se ci saranno contrattempi. Un uomo, che si è identificato come Faral Abd Jamela ha ribadito: «Niente scherzi. I soldi devono essere portati a bordo. Abbiamo delle macchinette conta banconote e quelle che verificano i falsi». L´assalto è per il momento escluso. Nella stiva ci sono due milioni di barili di petrolio, un valore di 110 milioni di dollari. Un colpo di cannone, anche solo una sparatoria a bordo, significa una tragedia. Si rischia di mandare a fuoco tutto, provocare delle falle, perdere nave e petrolio. Danni ecologici a parte, c´è il valore della «Sirius». Secondo Astrup Fearneley, broker mondiale marittimo di Oslo, vale 148 milioni di dollari. «Di solito le trattative durano una settimana», spiega Andrew Mwangura, coordinatore dell´East African Seafarer´s Association, di base qui in Kenya. «Ma questa volta si potrebbe chiudere prima. Credo che tutti, pirati per primi, hanno interesse a liberarsi di un ostaggio così ingombrante». Al telefono si lascia andare ad una risata: «I pirati somali questa volta hanno vinto il jackpot». Nel porto di Eyl, il piccolo villaggio di pescatori trasformato nella Tortuga del Corno, ieri mattina c´era aria di grande agitazione. Dominano i vecchi warlords che taglieggiavano Mogadiscio fino all´arrivo delle Corti islamiche. Sono loro a guidare il nuovo esercito di pirati. Le truppe sono formate da pescatori rimasti senza lavoro dopo il collasso della Somalia nel 1991. Si sono inventati un ruolo e hanno formato squadre di volontari per difendere il tratto di Oceano invaso dai grossi pescherecci coreani, giapponesi, italiani e spagnoli. Diventare pirati è stato quasi naturale nella giungla somala. Hanno imposto il pizzo e ci hanno preso gusto; oggi sono ricchissimi. A bordo dei loro potenti pickup, parcheggiati sotto le lussuose ville costruite lungo la costa, ieri mattina facevano la spola tra Eyl e Harardhere. C´è da gestire un negoziato delicato. C´è una montagna di soldi da incassare. Molte delle 30 mila navi che ogni anno passano per il Canale di Suez da mesi scelgono di doppiare il Capo di Buona Speranza. Anche la «Sirius» ha seguito la stessa rotta. I pirati sono stati più scaltri. Si sono inoltrati verso sudest per 450 miglia, oltre 724 chilometri. «Prenderla è stato un gioco da ragazzi», sostiene Bile Mohamoud Qabowsade, consigliere della regione autonoma del Puntland. «Questa è gente di Mogadiscio. Li conosco. Sono partiti in mare due settimane fa con tre motoscavi veloci. La nave era carica, procedeva lenta. Si sono avvicinati, hanno lanciato i rampini in coperta, si sono arrampicati fino al ponte e hanno occupato la plancia di comando». Daniele Mastrogiacomo