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 2008  novembre 20 Giovedì calendario

Corriere della Sera, giovedì 20 novembre Sono dieci anni che il restauro della «Madonna del Cardellino » tiene impegnate decine di uomini e donne

Corriere della Sera, giovedì 20 novembre Sono dieci anni che il restauro della «Madonna del Cardellino » tiene impegnate decine di uomini e donne. Ma è lei, Patrizia Riitano, la persona incaricata ufficialmente di riportare il capolavoro alla sua bellezza originale. Le chiediamo di ricordare le varie fasi dell’intervento. Il viso ancora teso per la lunga battaglia contro il tempo, Patrizia Riitano indica con una mano i punti del dipinto che si sono rivelati più problematici, i recuperi quasi impossibili, mostra le microscopiche lamette, i pennelli filiformi usati alla fine, quando le indagini avevano già dato risposte indiscutibili. La «Madonna del Cardellino », come oramai molti sanno, era andata in pezzi nel 1547 per il crollo di una collina, pochi anni dopo che Raffaello l’aveva creata, nel 1506, come dono di nozze a un amico. Restaurata e addirittura in piccola parte ridipinta già nel Cinquecento, è stata nei secoli maneggiata, scurita, schiarita, ritoccata secondo gli usi e le tendenze del tempo, e dunque il restauro pittorico – ricorda la Riitano – doveva partire dall’accertamento delle «verità» di Raffaello. Cioè: imprimitura, pigmenti, e colori, dagli azzurri del manto o del cielo al rosso della testa del cardellino, all’oro delle aureole. Ottenute dalla fluorescenza molte certezze sui colori, dopo che le radiografie avevano dato il panorama esatto delle fratture e del sistema di chiodi che nei secoli aveva rimesso assieme l’opera, i restauratori hanno stabilito quanto film pittorico originale fosse andato perduto, quanto e quale materiale colorato fosse stato aggiunto nei secoli da varie mani, soprattutto nell’Ottocento. Insomma hanno accertato il Vero e il Falso. Ma il Vero per fortuna era moltissimo, anche se in parte nascosto. La Riitano rivendica con gioia questa sicurezza: «Il viso di Madonna, per esempio, era salvo, non ridipinto, aveva solo un po’ di vernice che lo scuriva». E sfiora con le dita il volto rimasto sano, il cielo recuperato intatto, i corpi dei Bimbi, «tutta quella gran parte di paesaggio che era soltanto sporca». Con precisione mostra sulla tavola le zone danneggiate dai vari interventi pittorici nei secoli e racconta i momenti lunghi e difficili del recupero. Sul tavolo rimane, come un ricordo angoscioso, lo schema delle spaccature, delle suture. Del grande malato prima dell’intervento. Passando al restauro vero e proprio, sarebbe stato difficilissimo – sembra di intendere – preparare misture di solventi che non mettessero a rischio i colori originali, quindi, sotto le lenti dei microscopi, si è ricorsi alla pulitura meccanica con il bisturi. Gli spessi tratti di pitture e vernici rendevano piatto il dipinto che, invece, Raffaello aveva realizzato con spessori molto diversi. Recuperata la verità dei colori, si è dovuto allora elaborare una stuccatura seguendo un andamento analogo a quello delle pennellate originali, ed è appunto in queste fasi finali che la Riitano, di persona, ha eseguito l’integrazione pittorica, secondo il metodo classico della Scuola fiorentina, che è quello della selezione cromatica, con pennellate piccole e sottili. A cose fatte si può dire che sono state usate tutte le possibili tecniche di indagine, si sono risanati gli elementi patologici, è stata recuperata la policromia raffaellesca ancora miracolosamente protetta dalla verniciatura stessa dell’artista. Patrizia Riitano accarezza il ricciolo d’oro del Giovannino, da lei reintegrato nel punto più danneggiato del quadro, i piedini dei bimbi miracolosamente poggiati in terra, il verde delle piante ritrovate, i particolari del panorama, il viola dei fiorellini che non si distinguevano più: «Vede, Raffaello era tutto questo e l’abbiamo ritrovato». Wanda Lattes