Paolo Conti, Corriere della Sera 20/11/2008, pagina 45, 20 novembre 2008
Corriere della Sera, giovedì 20 novembre «Parto dalla mia esperienza personale. Sono un manager esterno ai Beni culturali, un italiano che per anni ha convinto investitori stranieri a credere nel nostro Paese
Corriere della Sera, giovedì 20 novembre «Parto dalla mia esperienza personale. Sono un manager esterno ai Beni culturali, un italiano che per anni ha convinto investitori stranieri a credere nel nostro Paese. Siamo ammirati per la qualità e la quantità dei nostri beni culturali. Poi si arriva in Italia per visitare i musei, molti rimangono delusi: spesso li trovano chiusi del tutto o in parte, o mal gestiti. Ho visto musei sporchi, con personale demotivato e depresso, con graffiti che sfregiano le porte. Un peccato. Invece parliamo di una risorsa strategica per il futuro del-l’Italia ». Mario Resca, 63 anni, manager quadrilingue di lunga esperienza, ex Chase Manhattan Bank, dal 1995 al 2007 presidente e amministratore delegato di McDonald’s Italia, ora anche presidente del Casinò di Campione, è nell’occhio del ciclone. La sua nomina a consigliere del ministro per i Beni culturali Sandro Bondi, con la prospettiva di assumere la futura Direzione generale per la Valorizzazione dei musei prevista dalla riforma, ha scatenato una sommossa tra gli addetti al nostro patrimonio artistico. Attacchi dall’ex ministro Francesco Rutelli («paragona il nostro patrimonio al petrolio»). Salvatore Settis, presidente del Consiglio nazionale dei Beni culturali, ha chiesto (e con lui l’intero organismo) a Bondi di sospendere la riforma. Resca reagisce com’è nel suo carattere, col piglio da manager: «Chiedo sei mesi di tempo per capire, studiare. Per ora mi sento di replicare al professor Settis, con tutto il rispetto: se volete, se davvero va bene così, lasciamo tutto com’è. In realtà la domanda di cambiamento è forte. Non viene dall’Italia ma dal confronto con gli altri». Faccia un esempio. «Mi chiedo: come mai nessun museo italiano è nella lista dei dieci più visitati al mondo? C’è un evidente divario tra la quantità dei beni culturali che l’Italia ha a disposizione e il numero dei visitatori. Si può fare di più. Il successo di un’iniziativa culturale si misura inevitabilmente col numero dei visitatori raggiunti dal messaggio». Francesco Rutelli e Vincenzo Cerami, per il Pd, sono molto perplessi sulla sua nomina. Rutelli la accusa di aver paragonato il nostro patrimonio al petrolio... Cosa risponde al centrosinistra che teme uno sfruttamento dei beni culturali? «Non voglio polemizzare con Rutelli, col Pd. Ho parlato di petrolio immaginando un tesoro nascosto sottoterra. Non c’è lo sfruttamento economico alla cima dei mei pensieri. Non credo che i beni culturali siano un profit center. Io parlo di un patrimonio da valorizzare al massimo, certo non da rovinare, trasformandolo nel perno di un indotto suscettibile di una crescita imprevedibile. In piena collaborazione con la struttura ministeriale impegnata nella tutela, ricca di meravigliose professionalità». In che misura potrebbe crescere questo indotto? «Sicuramente potrebbe produrre migliaia di nuovi posti di lavoro. Ne sono sicuro. Bisognerà coinvolgere operatori impegnati nel turismo culturale, operatori, enti locali. Occorre fare sistema, creare una rete, mettendosi alle spalle inutili campanilismi. Calcolando che decine di imprenditori sono pronti a impegnarsi economicamente in questa scommessa, assicurando sponsorizzazioni al comparto dei beni culturali». Esistono musei con poche centinaia di visitatori l’anno. Che farne? «Chiuderli, se l’analisi dettagliata svelerà che quell’offerta culturale è sbagliata: inutile impegnare risorse e custodi per tenerli aperti. Oppure industriarsi per rilanciarla, quel-l’offerta, renderla appetibile. Nel mondo i musei comunicano gioia, allegria, curiosità. Non vedo perché non si possa adottare lo stesso sistema in Italia». Esistono aree in difficoltà. Per esempio Pompei. «Già. E mi avvilisce quando visito gli scavi e assisto all’assalto dei mercanti del tempio che aggrediscono i turisti. Ma adesso non voglio dire di più». Forse dirà qualcosa di più sui grandi musei italiani. «Mi piacerebbe riuscire ad aprirli sette giorni su sette. Si può studiare il progetto con i sindacati. A mio avviso si potrebbe aumentare l’occupazione del 10%» Il Louvre ha ceduto il suo marchio per creare un «doppio» del museo a Abu Dhabi. Lei è favorevole o contrario? «Credo che noi dovremo confrontarci con quanto sta accadendo nell’offerta culturale mondiale. Possiamo studiare le esperienze positive e magari pensare ancora più in grande: siamo o non siamo i detentori del più splendido patrimonio culturale del mondo? La mia risposta sul Louvre è che sì, penso che quell’esperienza rappresenti un esempio positivo». A proposito di Pompei: l’assessore campano alla Cultura, Claudio Velardi, propone di aprire il sito ai set: «Ma perché no, se le regole della tutela sono osservate? Lo stesso può valere per il Colosseo, per altri luoghi. un modo per rendere persino più popolare il messaggio culturale grazie alla tv, al cinema». Mario Resca non è un tipo da preoccuparsi per le polemiche («se la mia nomina fa discutere, dal punto di vista mediatico direi che va bene, significa che la cultura sta a cuore a tanti»). Quindi risponde senza giri di parole anche all’inevitabile quesito sulla moralità dei prestiti a lunga scadenza. Il sovrintendente comunale di Roma, Umberto Broccoli, ha parlato dei tanti tesori antichi chiusi nei depositi capitolini e ha immaginato una politica di prestiti («Le opere d’arte possono essere affittate e fare reddito, altrimenti resta tutto così: non lo trovo scandaloso e si può fare dal ’92. Non si può continuare a tenere tutto fermo nei magazzini».) Qual è il suo parere, Resca? «Sinceramente? Che è davvero inutile tenere dei beni chiusi in un sotterraneo. Meglio mostrarli, attenendosi alle regole e con tutte le assicurazioni del caso, e trasformarli in un biglietto da visita, in un’eloquente immagine dell’Italia». Vittorio Emiliani, presidente del Comitato per la bellezza, ironizza sul suo curriculum e accusa: «Siamo al fast food dei beni culturali». Si sente offeso? «Macché. un gioco facile e scontato ironizzare sugli hamburger. Mi sono occupato anche di media, in Rizzoli e in Mondadori. Detto questo, ciascuno porta la propria esperienza sul lavoro. In McDonald’s Italia ho creato 12.000 nuovi posti di lavoro, ne sono orgogliosissimo. Ho anche gettato un guanto di sfida alla cucina tradizionale spingendo Carlo Petrini a inventarsi lo Slow Food, eppure non sono un cuoco. Presiedo il Casinò di Campione ma non ho mai giocato in vita mia. Non sono uno storico dell’arte, e ora accetto la scommessa di un impegno civile nel mondo dei beni culturali...». Paolo Conti