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 2008  novembre 19 Mercoledì calendario

Il Riformista 20/11/2008 Adesso Zlatan ha giocato per la seconda volta nella nazionale, una squadra di belli e biondi quasi altotale, dove nessuno oltre a lui ha un nome non svedese

Il Riformista 20/11/2008 Adesso Zlatan ha giocato per la seconda volta nella nazionale, una squadra di belli e biondi quasi altotale, dove nessuno oltre a lui ha un nome non svedese. Ma erano vecchie e lente le bestie bionde, e ripetevano sempre lo stesso schema: tirare a Ibrahimovic, sperando che metta in rete il pallone. L’ha fatto una volta, sbloccando la partita. Per altre due è stato in campo, quasi fermo nei paraggi della porta, le mani ciondolanti, i piedi che se non avevano il pallone attaccato, si muovevano col passo di chi sta evitando di zoppicare. Alla fine del primo tempo dell’ultima partita, persa col risultato dell’eliminazione e Zlatan tolto per il secondo, lui aveva le occhiaie rosse che gli arrivavano quasi alla punta del nasone. Come nell’ultima del campionato, in cui entrò nel secondo tempo a salvare l’Inter, giocava col ginocchio sinistro infiammatoper la nazione da cui era venuto via ancora prima di esserci mai veramente entrato. Una mia amica di madre baltica fuggita in Svezia con la sua famiglia, mi ha raccontato che la portavano ogni anno per la festa di Santa Lucia al consolato svedese di Milano, e in mezzo alle bambine bionde con il vestito bianco e la corona di candele in esta, in mezzo a quegli angioletti nordici di luce, lei con la sua criniera di folti ricci meridionali si sentica ogni volta Calimero, piccola e nera. Questo, visto che è cresciuto a Rosengård, a ZlatanIbrahimovic non è mai capitato. Zlatan comincia a giocare a 8 anni in una squadretta turca del quartiere di nome Mabi, dove ancora oggi negli uffici è appeso il ritratto di Kemal Atatürk, il padre della patria. A dieci passa a un’altra squadra con sede a Rosengård, però più forte e professionale, e la leggenda narra di una partita contro un certo Vellinge che nel primo tempo segna per 4-0, ma nel secodno il risultato si capovolge in 5-8: tutti gol di Zlatan, messo in panchina per punizione. La squadra si chiama FB Balkan, però comprende anche un po’ di ragazzini venuti dalla Somalia, e Zlatan ci entra che è più piccolo i due anni, ma avendo cominciato a balzare in alto, sembra il pi grande. Nel 1991, quando gli viene chiesto il certificato di nascita per convalidare il risultato contro i bambini supposti biondi del Vellinge provando che, magrado il nome, il FK Balkan non imbroglia, dalle parti sia di Zara che di Bjielijina cominciano a bombardare. I serbi aprono l’offensiva "Operazione Dalmazia" e per tre anni tengono sotto assedio il capoluogo dove Jurka è nata. Cose peggiori ancora accadono intorno al suo villaggio che è da sempre cattolico e croato, ma si trova al confine con le Krajine serbe che vogliono formare uno stato a parte. Skarbnja, di cui il paese di Jurka è una frazione, il 18 novembre viene attaccato dall’esercito e dai paramilitari con mortai e carri armati e quando cade, prendono a demolirlo, bruciarlo, saccheggiare e massacrare in un paio di giorni 86 persone, prigionieri di guerra e civili, dei quali 26 finiscono in una fossa comune. A Bjielijina, quelli che abitano in città hanno in maggioranza origine musulmana, ma nei villaggi tutt’intorno sono serbi. Nel 1992 attacca Arkan, l’amico di Mihailovic, il posto pare avesse una certa rilevanza strategico-militare. Vengono trucidati circa cento bosniaci, il resto fatto scappare, ed è una delle prime volte nella guerra di Bosnia che questo accade. L’anno seguente fanno saltare in aria tutte le tre moschee, segno che la zona è ripulita, ora possono entrarvi i nuovi profughi, i serbi cacciati dalla Bosnia musulmana e dalla Herzegovina croata. Alla fine la città di Sefik farà parte della Republika Srpka, di 30.000cittadini musulmani ne restano mille, ma la moschea più grande, quella in piazza, coi fondi che arrivano dalla comunità europea tocca riedificarla. Nel 1995, accordi di Dayton, fine della guerra nel paese da cui i suoi sono emigrati, Zlatan fa il salto dalla FB Balkan alla squadra giovanile della sua città, il Malmö Ff. Narra la leggenda che i primi tempi dopo il passaggio dalla squadra dei Balcani, dopo aver litigato con l’allenatore che si rifiuta di riaccompagnarlo, si perde, non sa la strada. Helena Janeczec (3 - continua)