Antonio Paolini, Il Messaggero 16/11/2008, 16 novembre 2008
ROMA - Mettiamola così: è un altro luogo comune che affonda. Quello, nell’occasione, secondo cui dedicarsi all’agricoltura sarebbe il modo più sicuro per rovinarsi, pur se il più lento
ROMA - Mettiamola così: è un altro luogo comune che affonda. Quello, nell’occasione, secondo cui dedicarsi all’agricoltura sarebbe il modo più sicuro per rovinarsi, pur se il più lento. A cancellarlo dall’elenco è l’ufficio studi di Mediobanca. Che, raffrontando i parametri di 40 società top quotate (e impegnate in agricoltura, appunto, ma nel settore vino) con l’andamento delle maggiori Borse (alle prese con una crisi che sembra incarnare invece nel gioco incontrollato sui derivati uno dei modi più rapidi per farsi malissimo), assegna alle prime un più 60% in valore nell’arco 2001-2008 contro un meno 17% globale dei mercati azionari. Un andamento decisamente brillante che riverbera anche in un altro listino (’certificato” stavolta R&S), il ”Liv ex” che include i 100 vini più preziosi del mondo, e che è salito nello stesso periodo a un tasso medio annuo del 12,9%, battuto d’un soffio dall’oro (+13%), ma facendo decisamente meglio, ad esempio, dell’indice degli immobili Usa (+4,8%). Il vino d’eccellenza inoltre sembra, tra i beni rivalutabili, uno di quelli che meglio hanno limitato i danni anche negli ultimi mesi di furibonda crisi. I dati, presentati a Milano nei giorni scorsi, hanno aiutato a capire l’importanza e il perché dell’ingresso di una delle etichette italiane di punta degli ultimi lustri, il bolgherese Masseto (Fattoria dell’Ornellaia, un pezzo della scacchiera vitivinicola della storica famiglia Frescobaldi) nel listino della Place de Bordeaux, il mercato in prenotazione più glorioso del settore. Una decorazione che sa di rivincita per Frescobaldi, che aveva visto ridimensionarsi per strada in maniera piuttosto brusca l’alleanza americana con Mondavi (acquisito poi dal gigante Usa Constellations) e aveva dovuto riappropriarsi velocemente, e non senza qualche sacrificio, del controllo di pezzi forti delle joint venture disciolte, tra cui appunto Ornellaia. Segno dei tempi e dei venti che soffiano sui mercati è che, sbiadita la partnership a stelle e strisce, nel parterre di alleanze dei Frescobaldi (in cui resta comunque Mip, di uno dei Mondavi, Michael) spicchi lo Spi Group, fondato dal controverso re russo della vodka Yori Shefler. Nel listino dei 40 di Mediobanca, d’altro canto, proprio Constellation, ”padrone” di Mondavi, svetta al primo posto con quasi 4 miliardi di fatturato netto, seguita dall’austrialiana Foster’s (3 miliardi circa), con cui combatte da anni un duello a botte d’acquisizioni (i ”canguri” avevano preso nel 2005 Southcorp per rispondere al colpo Mondavi). Per dare un’idea delle dimensioni, Constellation vende oltre 630 milioni di bottiglie all’anno, e Foster’s oltre 470. A larga distanza la californiana Gallo (non quotata), la sudafricana Distell (500 milioni fatturati) e un pool di gruppi europei, tra cui tre francesi ”champagnisti” (lo Champagne è una delle merci in bottiglia in ascesa verticale di mercato e prezzi, fino almeno all’ultima stretta), Boizel, Pommery e Laurent Perrier (oltre 300, 270 e 240 milioni circa rispettivamente). Livelli, questi ultimi, familiari ormai anche ai big italiani: la cui hit parade vede in testa il Gruppo italiano vini e la super-coop Caviro (300 milioni circa per entrambe) e poi un’altra coop, la trentina Cavit (distanziata però di oltre 100 milioni), Giordano e Antinori. di ANTONIO PAOLINI