Sara Faillaci, Vanity Fair 26/11/2008, 26 novembre 2008
Vanity Fair, mercoledì 26 novembre Lele Mora è seduto nel bagno turco del suo appartamento milanese, un grande cubo di marmo travertino che si è regalato per l’ultimo ampliamento della casa
Vanity Fair, mercoledì 26 novembre Lele Mora è seduto nel bagno turco del suo appartamento milanese, un grande cubo di marmo travertino che si è regalato per l’ultimo ampliamento della casa. Il corpo, imponente, è quasi interamente coperto da una fontana di pietra sistemata al centro; la testa, piccola, spunta appena dalla spessa spugna bianca avvolta intorno al collo. Suda pazientemente davanti all’obiettivo del fotografo: diventa blu, verde, rosa shocking a seconda delle luci che dall’esterno un suo collaboratore comanda per mostrarci come funziona la cromoterapia. L’appuntamento per la nostra intervista era, in origine, nell’ufficio della LM Entertainment, la sua società. Ma quando sono arrivata il ragazzo alla reception mi ha accompagnato al piano di sotto: l’agente di spettacolo mi invitava a pranzo. L’ingresso del suo appartamento privato è in stile rococò francese: moquette e divanetto centrale color crema, specchi enormi in cornici d’oro appoggiati alle pareti, a terra vasi di cristallo con fasci di fiori. Nella stanza a fianco, il padrone di casa è seduto a metà di un lungo tavolo ovale, confuso tra gli altri ospiti. Sulla tavola posate d’argento, calici di cristallo bordati d’oro, porcellane. E abbondanza di cibo: dopo una pasta, sono serviti contemporaneamente tre secondi - pollo arrosto, spezzatino, cotolette alla milanese - con cinque contorni diversi. Di fronte a me, Mora sorbisce solo una minestra e assaggia appena della carne. Alla sua destra sono seduti due dei suoi avvocati, vicino a me due rappresentanti di un ipermercato, a capotavola l’ex tronista Francesco Arca; le altre persone fanno parte del suo staff e sono tutti uomini. Un parterre molto diverso dall’ultima volta in cui l’avevo visto, due anni prima, in Costa Smeralda. Allora a pranzo nella sua villa con piscina e vista mozzafiato, c’erano ancora showgirl e tronisti in auge, direttori di giornale in visita e l’ex presidente della Camera Irene Pivetti con famiglia, proiettata verso una carriera più «giovane». I tempi, si sa, sono cambiati. Negli ultimi due anni Mora è stato coinvolto nell’inchiesta guidata dal pm Woodcock della Procura di Potenza nota come Vallettopoli. Ereditata e sviluppata, poi, dalla Procura di Milano che proprio in questi giorni sta ascoltando le testimonianze dei vip nel processo contro Fabrizio Corona, accusato di averli fotografati di nascosto a scopo di ricatto e di estorsione. Nonostante Mora sia stato prosciolto da tutte le accuse - sia quella di ricatto assieme a Corona, sia quella di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione di starlette - l’agente dei personaggi televisivi ha passato un periodo decisamente difficile. Complice anche una condanna per evasione fiscale arrivata lo scorso febbraio (l’agente scaricava spese per milioni di euro a fronte di un reddito di poche decine di migliaia) che rischia di mandarlo sul lastrico. Da Vallettopoli è uscito pulito, eppure per lei qualcosa è cambiato. «Non si esce indenni quando ti cade sulla testa un mattone simile, senza aver fatto nulla, tra l’altro. Sono dimagrito dieci chili e ho dovuto tagliare le spese: i miei dipendenti sono passati da 60 a 20 e di tre uffici ne è rimasto uno». I suoi artisti l’hanno lasciata? «Alcuni hanno pensato che fossi complice di Corona perché Fabrizio l’ho cresciuto io, l’ho anche aiutato a fondare la sua agenzia fotografica, eravamo amici. Hanno pensato, come Simona Ventura, che potessi dare a lui notizie sulla loro vita sentimentale e quindi mi hanno lasciato. Invece, sono quello che ha difeso di più la loro privacy. L’unica cosa che ho fatto è stato comprare certe foto compromettenti, per ritirarle dal mercato e tutelarli. Ma non ho mai tradito nessuno dei miei personaggi. Anche se avrei potuto, dal momento che sono per loro un padre confessore: mi raccontano dai problemi economici a quelli sentimentali, perfino sessuali». Il pm Woodcock durante gli interrogatori ha voluto saperli? «No. Woodcock era concentrato su un mio presunto incontro con Mastella (nel novembre 2006, all’epoca in cui era ministro di Grazia e Giustizia, ndr) al ristorante Al Bolognese di Roma, che poi era il motivo per cui sono stato tirato in ballo nell’inchiesta. Con Mastella ci siamo visti per caso e ci siamo solo salutati». Woodcock voleva sapere se organizzava appuntamenti tra i politici e le soubrette? «Infatti. Ma io non ho mai fatto prostituire nessuno, non è nel mio stile. Con i politici, certo, ho sempre lavorato, ma nel senso che mandavo i miei artisti agli eventi delle campagne elettorali, non a cena con loro». Tornando alle foto paparazzate, accertato che lei non ricattava i vip, è vero però che organizzava con i suoi artisti finti scoop da piazzare sui giornali rosa? «Questo succede dagli anni Cinquanta: è la prassi se si deve promuovere un personaggio oppure un programma. Ma per realizzarli non chiamavo solo Corona, ma anche altri paparazzi: in questo mestiere è fondamentale dare lavoro a tutti per tenerli buoni in caso di necessità. Quest’inchiesta, comunque, è servita a farmi capire chi sono le persone che meritano davvero di fare parte del mio nucleo di lavoro e di amicizia». Per esempio? «Sabrina Ferilli era pronta ad affrontare stampa e magistrati per difendermi, così come Alda D’Eusanio. Una donna che mi ha aiutato tanto, aprendomi le porte che tutti mi chiudevano, è stata Fatma Ruffini, colonna portante di Mediaset. E poi Maria De Filippi: a maggio mi ha chiamato e mi ha detto di iniziare a lavorare per la stagione prossima». Ha fatto solo nomi di personaggi affermati. E i tronisti e le showgirl che ha creato dal niente? «Quelli la riconoscenza non sanno che cosa sia. Forse non ce l’hanno nell’educazione, nel Dna, nel vocabolario. Tanti ragazzi che ho lanciato e arricchito, quando la barca stava affondando sono spariti per non essere coinvolti o per paura che io gli chiedessi aiuto, cosa peraltro che non ho mai fatto». Tra questi c’è anche il re dei tronisti Costantino Vitagliano? «Costa è andato via a inchiesta conclusa, non è un cattivo ragazzo. Ma tra noi forse non c’era più feeling, ora crede di potersi gestire da solo. Faccia pure, la strada è larga». convinto che prima o poi questi ragazzi torneranno da lei? «Succede. Ma a me le minestre riscaldate non sono mai piaciute, preferisco creare personaggi nuovi. La tipologia dei miei artisti oggi è un po’ cambiata: ho preso nella mia scuderia attori di teatro come Michel Altieri e scrittori come De Crescenzo e Zecchi, da piazzare in Tv e in trasmissioni intelligenti. Non avrei mai pensato di mettere la cultura nel mio lavoro». C’è stato un momento, invece, in cui ha pensato che avrebbe smesso? « successo una sera mentre guardavo Porta a Porta. Lì, nel salotto di Vespa, dove sono stati trattati i casi di sangue che hanno coinvolto Maso, la Franzoni, Azouz, ho visto la mia faccia nella gigantografia. Ho pensato: qui hai buttato trent’anni del tuo lavoro, dovrai andare via dall’Italia». Invece lei è ancora qui. «Sì, dopo essere passato attraverso l’inferno. Le inchieste e poi la morte in un incidente di un ragazzo a cui ero molto affezionato, una mia guardia, mi hanno fatto crollare psicologicamente. A fine agosto mi è venuta una forte depressione. Io, che mi reputo una persona forte, non mi sono alzato dal letto per un mese. Mi hanno spiegato che è una malattia che arriva piano piano, soprattutto a chi, come me, non parla mai, non si lamenta, si tiene tutto dentro». Come ne è uscito? «Grazie all’aiuto psicologico delle persone di cui le parlavo prima che mi hanno fatto recuperare l’autostima che avevo perso. La Ferilli è tornata di corsa da New York per venire al mio capezzale. Mi sto ancora curando, sono ancora sotto psicofarmaci. Avevo promesso a Paola Perego che avrei partecipato alla Talpa, ma sarei dovuto partire proprio quando stavo peggio: ho dovuto dare forfait». Perché sarebbe andato a un reality? «Sono timido e mi sento a mio agio solo dietro le quinte. Ma avevo bisogno di svagarmi, e volevo far vedere alla gente chi sono realmente: una persona semplice». Non si direbbe dal tipo di vita che ha condotto finora. «Di una cosa sola, in effetti, mi pento: ho sbagliato a ostentare troppo lusso, troppo benessere. Ma dovevo promuovere un certo mondo e, forse, era un modo anche per prendermi una rivincita sulle mie origini contadine». Com’è stata la sua adolescenza? «A 14 anni in collegio a studiare. A 18 mi sono sposato con una ragazza di Napoli mia coetanea, a 20 avevo già due figli. Il mio sogno era diventare direttore d’albergo: ero uno studente modello, mi sono laureato in Economia e commercio. Ma sono sempre stato un gran lavoratore, facevo anche tre mestieri insieme per guadagnare perché volevo uscire dalla provincia». Fisicamente, da ragazzo, com’era? «Magrissimo, pesavo 60 chili. Lo sono stato fino a 35 anni, poi è cambiato il metabolismo. Vestivo stile figlio dei fiori, mi sono fatto anche i capelli biondi quando c’era la moda dei ricci». Come entrò nel mondo dello spettacolo? «Da fan. Ero pazzo di Loredana Bertè e Patty Pravo, grazie a un amico riuscii a organizzare delle serate per loro». E lasciò moglie e figli. «Sì, forse ci siamo sposati troppo giovani. I miei figli li ho ritrovati dopo, da grandi, a Milano. Ora lavorano con me. Insieme con la mia nipotina di 12 anni sono stati l’ancora alla quale aggrapparmi in questo periodo difficile. Mi dicevano sempre: vedrai papà, tornerai a essere quello che eri prima. Loro mi vedono un dio in Terra». Com’è invece il rapporto con i suoi genitori? «Li chiamo da sempre due volte al giorno. Siamo molto uniti, la mia è una famiglia di una volta, di tipo patriarcale. La domenica ci si ritrova tutti a pranzo, e chi non è andato a messa non mangia. Sono i principi con i quali sono cresciuto». credente? «Molto. Se va di là, in camera mia, vedrà che sul letto c’è il crocifisso». Che cosa dicono i genitori del suo lavoro? «Sono persone semplici e molto discrete, non chiedono». un po’ difficile vivere in Italia senza sapere delle sue vicende. «Mio papà era molto dispiaciuto quando mi vedeva al telegiornale per le inchieste. Al telefono lo sentivo amareggiato, chiedeva: "Come va? Questa cosa quando finirà?". Gli dava fastidio che quando andava in paese a giocare a briscola, la gente gli facesse delle domande. Quando, nel 1988, ho avuto un altro problema giudiziario (arresto per spaccio di droga, ndr), non è sceso in paese per un anno, fino a quando la cosa non si è risolta. Si vergognava. E poi, per prima cosa, mi ha portato a messa una domenica per far vedere che era tutto a posto. Io sono considerato dai miei fratelli - siamo in cinque - il cocco di casa. Non vado spesso a trovarli, ma quando arrivo sono come Babbo Natale». Lei è considerato uno degli artefici della Tv trash. «I tronisti sarebbero trash? Ma che cosa c’è di brutto e di volgare in un ragazzo che ha successo perché corteggia una persona?». Le ragazze, inebriate dalla popolarità televisiva facile, sognano di diventare veline e non veterinarie. Non si sente in qualche modo responsabile di questo degrado culturale? «Non è colpa mia. Sono i giovani di oggi che desiderano i soldi in fretta. Io ho seguito solo quello che voleva il mercato. Non sono io che ho cresciuto gente che ha ammazzato i genitori, eppure adesso vedo chi l’ha fatto trattato come vip. A chi seleziono per la Tv - riceviamo 300 richieste al giorno - dico sempre che devono continuare a studiare, prendere la laurea, perché questo lavoro può durare un anno, cinque, ma poi arriva un’altra con le gambe più lunghe, e il successo finisce». Se sua nipote di 12 anni le dicesse che vuole fare la velina? «Le risponderei che è meglio che faccia la veterinaria». Dopo la condanna per evasione fiscale, si dice che si stia accordando per pagare allo Stato 12 milioni di euro. Lo farà davvero? «Li pagherò, anche se a rate. C’è stato un momento, quando mi hanno congelato i conti, in cui non avevo in tasca neanche i soldi per la spesa. Ma l’idea di rimanere senza una lira non mi preoccupa. I soldi sono l’unica cosa che so fare facilmente». Quali sono stati gli anni nei quali ha guadagnato di più? «Direi dal 1995 al 2005. Ma non accumulo. La fonte principale del mio reddito, contrariamente a quanto si pensa, non sono le commissioni sui contratti dei miei artisti ma le consulenze di marketing alle aziende che fa la mia società». Ma che cosa fa esattamente per loro? «Lancio i loro marchi, nuovi prodotti. Roberto Cavalli negli anni Novanta faceva già abiti e accessori splendidi, ma aveva un problema: nessun personaggio famoso li indossava. L’ho aiutato a diventare una delle griffe più richieste dalle star nazionali e internazionali. E poi le aziende per molti anni sono state disposte a pagare qualunque cifra pur di avere i personaggi della Tv ai loro eventi. Personaggi che sono stato io, spesso, a creare». Ha ancora voglia di lavorare? «Senza il lavoro sono morto: è l’unica cosa che mi dà soddisfazione». L’amore non gliene dà? «Ho avuto nella mia vita, oltre a mia moglie, altri due amori vissuti intensamente e durati ognuno dieci anni. Ma siccome ho sofferto troppo - forse anche per colpa mia: sono sensibile, possessivo e geloso - adesso ho deciso di stare da solo. Preferisco avere amici veri con cui passare giornate a chiacchierare, uscire e andare in vacanza: mi diverto di più». Sulla sua sessualità c’è sempre stato un alone di mistero. «Perché sono cose che non ho mai voluto mettere in piazza. Ma sono bisessuale: l’amore è bello in tutte le maniere. Stanotte, per esempio, sono stato tartassato per ore da una tizia che mi ha mandato messaggini molto espliciti, foto, a un certo punto è perfino venuta a suonare il mio campanello». Chi era? «Il mondo dello spettacolo è strano, arriva di tutto. E spesso sono persone interessate. Comunque, la toccata e fuga non fa per me, non mi attirava neanche quando ero giovane. Piuttosto sto mesi senza fare sesso». Ora da quanto tempo è in astinenza? «Un paio di mesi, direi. Ma le ricordo che non sono stato bene». Invecchiare le dà fastidio? «Assolutamente no. Una volta avevo tantissimi capelli, adesso molti meno ma va bene lo stesso. Non sono mai andato in palestra, neppure un giorno». I belli, però, le piacciono. «Non è detto, mi piacciono anche i grassi, dipende da che cosa hanno nella testa. Ma in genere devono essere molto più giovani». Una signora sudamericana esce dalla cucina e ci interrompe. «Dottore, deve farmi la lista della carne da comprare». Lui inizia a scrivere e intanto mi congeda: «Scusi, ma il macellaio chiude alle sette e nel fine settimana ho due pranzi. Per me è lavoro». L’ultima immagine che ho di lui, mentre mi metto il cappotto nell’anticamera illuminata, è la sua schiena china nella penombra della sala da pranzo su quel lungo tavolo. E la sua voce che dice: «Si ricordi sempre che gli ospiti devono alzarsi sazi». Sara Faillaci