Gabriele Romagnoli, Vanity Fair 26/11/2008, pagina 188., 26 novembre 2008
Vanity Fair, mercoledì 26 novembre E così un pomeriggio d’autunno mi trovo a Napoli, con un pezzo di carta e uno di plastica in mano, da gettare nei cassonetti per la raccolta differenziata, li vado cercando e cammina, cammina, arrivo ad Amburgo
Vanity Fair, mercoledì 26 novembre E così un pomeriggio d’autunno mi trovo a Napoli, con un pezzo di carta e uno di plastica in mano, da gettare nei cassonetti per la raccolta differenziata, li vado cercando e cammina, cammina, arrivo ad Amburgo. Paradossale? Non tanto, se è vero che il pattume di Napoli, a treni di 56 vagoni da 700 tonnellate ciascuno, per 44 ore di viaggio, ha preso, per settimane, la stessa strada. Napoli-Amburgo, solo andata. Che cos’è questo miracolo? Come fanno a sparire qui quel che là resta lungo le strade? Un altro mondo è possibile. Quando su queste pagine compare questa frase 9 volte su 10 scrivo dal Nord Europa. Anche stavolta. Ho capito qual è il trucco di questo gioco di prestigio tedesco: abracadabra, la monnezza non c’è più? Credo di sì. Sono andato a vedere i due inceneritori ultramoderni (il tassista che mi ci ha portato, senza sapere da dove venissi ha detto in inglese: «Qui non siamo mica in Italia»). Ma non bastavano a spiegare. Ho annotato le cifre del cambiamento: questa città in dici anni ha visto crescere la popolazione e diminuire i rifiuti (erano 1,6 tonnellate nel ”99, oggi sono 1,4), ha imparato cosa farne (ne incenerisce 600 mila, le altre le ricicla), ha smesso di scaricarli nel cortile del vicino (da quando quello del vicino, la ex Germania Est è diventato prprietà comune). Ho appreso che i verdi (in Germania ancora una cosa seria) sono in giunta con i democristiani. Ma tutto questo non sarebbe bastato. Alla fine Graham Greene mi ha insegnato a cercare, in ogni cosa, il fattore umano. E così mi sono appostato davanti a una pattumiera, anzi quattro. La processione delle borsette differenziate L’indirizzo è Stern Strasse. Il quartiere è St. Pauli, quello della storica squadra di calcio e di quel che resta della vita notturna. I bidoni stanno fra lo stadio e il mercato. un sabato mattina piovoso. Penso: non verrà nessuno. Più che bidoni sembrano panzer: alti, squadrati, neri. Ognuno ha la sua specialità, precisissima: carta, cartone, vetro chiaro, vetro scuro. Bisogna davvero impegnarsi per uscire di casa con questo tempo e una borsa per le bottiglie scure, una per quelle chiare, una per la carta e una per il cartone. Non verrà nessuno. Invece. una processione. Lenta e inesorabile come la pioggia. C’è gente di sessant’anni e passa che arriva in bicicletta, con la mantellina addosso e lo zainetto sulle spalle. Lo apre e tira fuori le sportine differenziate. Da ognuna estrae e infila con gesti studiati, alla fine mette le sporte nel contenitore della carta, risale in bici e torna a casa. Arrivano famigliole bionde capitanate dalla mamma che spiega ai figli dove va cosa. Arrivano coppie che sembrano destinate a separarsi come i rifiuti, ma trovano un estremo momento di unità nel fare la cosa giusta. Lei è di Berlino, lui vive qui. La lontananza non aiuta, qualunque sciocchezza abbia cantato Modugno. E poi: «Noi a Berlino abbiamo i contenitori nei cortili dei condomini, qua si deve uscire, lui è pigro e ogni mattina mi tocca spingercelo, ma si può?». Lui infila i cartoni della pizza da una parte e i tovaglioli usati dall’altra. In qualche modo penso sia uno degli ultimi atti d’amore. Poi toccherà a: questo libro l’ho comprato io e me lo riporto, questo invece puoi tenertelo. Mattoni e radiografie da riciclare Arriva una fotografa e si stupisce di essere fotografata qui, ha fatto autoscatti dappertutto (come scoprirò poi nel suo negozio, soprattutto in letti affollati), ma qui non le era mai venuto in mente. Si mette in posa con qualche orgoglio e con la sua busta di materiali che presto saranno riconvertiti. una teorica del riciclaggio, come segnala fin dall’abbigliamento. Mi informa che Amburgo è all’avanguardia mondiale e sta trovando il sistema per riutilizzare anche i mattoni e le lastre delle radiografie. Tesse l’elogio di Reinhard Fiedler, l’uomo che ha concepito la svolta e in dieci anni ha pressoché ripulito la città. Continuo a pensare che senza un movimento di massa i leader non vadano da nessuna parte, che diventino leader quando le masse sono pronte a mettersi in moto e allora mettono qualcuno, il più abile, in testa. Se mandi Fiedler a Napoli dopo una settimana butta la carta igienica per strada. Ma qui è un’altra storia. Qui capita di vedere una scena incredibile: una donna svuota le sporte dei rifiuti e le resta in mano una bottiglia di plastica. Controlla: carta, cartone, vetro chiaro, vetro scuro. La plastica non c’è. Esita. Io mi giro dall’altra parte. Il fotografo abbassa l’obiettivo. Se vuole peccare, noi non faremo la spia. Lei guarda la bottiglia di plastica e se la rimette in borsa. La riporta via perché non ha trovato il contenitore giusto. Si allontana sotto la pioggia ora battente con il collo di plastica che sbuca dalla sacca di pelle, continuando a cercare il posto dove depositarla piuttosto che disfarsene. L’ora di educazione civica nelle classi della Campania non dovrebbe essere fatta nel chiuso delle scuole, ma qui, arrivandoci dopo 44 ore di viaggio seduti su una cattedra di tonnellate di rifiuti buttati senza cura, una catasta di lavatrici scassate lanciate dalla finestra nella notte di Capodanno. Ecco, ma se un cittadino di Amburgo vuole disfarsi della lavatrice o di un altro grosso elettrodomestico che non funziona più, che cosa fa? Mi danno un indirizzo, uno dei 10 centri di raccolta. Entro e vedo cose che noi umani del Sud dell’Europa non abbiamo visto mai. Famiglie che arrivano in auto e scaricano dal portapacchi o dal cofano vecchi computer, armadi di alluminio, addirittura frigoriferi, caricandoseli sulla schiena e depositandoli nell’apposito spazio dove gli addetti municipali in tuta gialla li prendono in consegna e procedono alla distruzione finalizzata al riuso. Lo ripeto: è un sabato mattina piovoso, potevano starsene a casa a guardare la tv e il frigo rotto, ma sono usciti per depositare la cosa giusta nel posto giusto. E vanno via con l’aria contenta, i bambini mano nella mano ai papà, gli anziani come vincitori di un’ultima guerra. Indicano ai nipoti la massa di ferraglia: guardate, tutto quasto un giorno sarà altro. Ma sarà ancora vostro, perché ve ne siete liberati come si deve. Gabriele Romagnoli