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 2008  novembre 18 Martedì calendario

Libero, martedì 18 novembre Se reggerà l’accordo tra il governo di Bagdad e Washington entro il 31 dicembre 2011 non ci sarà più un solo soldato americano in Iraq

Libero, martedì 18 novembre Se reggerà l’accordo tra il governo di Bagdad e Washington entro il 31 dicembre 2011 non ci sarà più un solo soldato americano in Iraq. La fine dell’invasione militare iniziata nel marzo 2003 non significa però l’abbandono da parte degli Stati Uniti di quest’area così strategicamente importante. Da mesi è infatti in atto un silenzioso ridispiegamento di forze. Per ogni contingente americano che si ritira si schierano sul campo i mercenari delle Cmp (compagnie militari private) che fanno riferimento a colossi della sicurezza come la Blackwater Worldwide, fondata da Erik Prince, ex incursore dei Navy Seal, la Air Scan, la Alpha Point, la DynCorp, la Raytheon, tutte società contratualizzate dal Dipartimento della Difesa americana e che hanno le loro basi negli Stati Uniti. Vi sono poi anche società inglesi come la Sandline International. Il Dipartimento di Stato ha calcolato in 129.000 il numero di mercenari americani e in 5.000 quello degli inglesi operanti in territorio iracheno, un esercito irregolare di 134.000 uomini, assoldato da oltre 400 società incaricate di garantire la sicurezza delle ditte occidentali impegnate nella ricostruzione in Iraq. Considerando che attualmente l’esercito americano impiega circa 120.000 soldati e gli inglesi circa 8.000, di fatto la guerra in Iraq si è già privatizzata. O meglio ha subito un maquillage perché gli uomini delle Cmp sono tutti ex militari di professione, con esperienze nei reparti di élite americani, inglesi, sudafricani, israeliani. Soldati super addestrati che vanno in giro con elicotteri d’assalto e blindati, sparano sempre per primi, operano come nessun esercito ufficiale potrebbe fare. Un mercenario può arrivare a guadagnare anche 1.000 dollari al giorno, la media è tra i 6.000 e i 15.000 dollari al mese, ha un’assicurazione sulla vita di 1 milione di dollari e nel contratto è prevista in caso di morte anche l’assistenza della famiglia e il completamento degli studi per i figli. Ingaggi allettanti, al punto che negli ultimi mesi almeno 1.000 soldati britannici hanno lasciato l’esercito per le Cmp, mentre il numero dei marines avrebbe superato i 15.000. In Iraq li chiamano security contractors e definiscono i loro compiti «servizi di consulenza per addestrare e integrare le forze armate al servizio dei governi». Il terreno d’impiego elettivo delle Cmp sono tutte quelle situazioni e quei conflitti dove il dispiegamento di forze armate convenzionali può essere politicamente, diplomaticamente, o economicamente troppo rischioso. Il giro d’affari delle compagnie dei moderni mastini della guerra supera i 600 miliardi di dollari l’anno, naturalmente la cifra è indicativa. Questi soldati di fortuna che usano la forza offensiva in zona di conflitto potrebbero essere considerati «combattenti illegittimi» secondo la convenzione di Ginevra, ma nessuno ha interesse a sollevare la questione, visto che persino le Nazioni Unite pensano di ricorrere a loro in situazioni calde. Inoltre icontractors vengono muniti dall’esercito a cui si affiancano di un documento identificativo che gli dà diritto a portare ogni tipo di armamento oltre a riconoscergli lo status di prigioniero di guerra in caso di cattura. I motivi della crescente fiducia nei confronti dei mercenari sono molteplici: le guerre attuali richiedono specializzazioni e professionalità non sempre riscontrabili negli eserciti regolari, i conflitti moderni si basano sulla rapidità d’azione, massima velocità e segretezza. I contractors sono indipendenti dalle gerarchie di comando il che li rende più efficaci, perché liberi di agire in un teatro internazionale che non ha regole precise in merito. I mercenari sono molto utili, rappresentano un modo veloce ed economico per ristabilire l’ordine, garantiscono segretezza e, una volta pagati, spariscono in un batter di ciglia. I marines a contingenti di 15.000 uomini si stanno progressivamente ritirando dall’Iraq, ma le Cmp hanno firmato contratti fino al 2015. Come recita un motto francese. – Sono i soldi che fanno la guerra”. Guglielmo Sasinini