Fabio Martini, La Stampa 18/11/2008, pagina 10, 18 novembre 2008
Nel piccolo studio televisivo di «YouDem», la tv del Pd, poco prima dell’ora di pranzo inatteso si presenta il nuovo portavoce del partito Andrea Orlando, per una dichiarazione urgente sul caso Villari
Nel piccolo studio televisivo di «YouDem», la tv del Pd, poco prima dell’ora di pranzo inatteso si presenta il nuovo portavoce del partito Andrea Orlando, per una dichiarazione urgente sul caso Villari. Trentanove anni, ligure di La Spezia, Orlando da quattro giorni è stato lanciato in prima linea e dunque la sera ai tg si vedrà sempre più spesso questo quarantenne che, con gli altri «giovani» veltroniani, condivide alcuni tratti comuni: il viso pulito, la costante «militanza» nella corrente del leader di turno, la difficoltà di ricordare per ciascuno di loro battaglie personali o «ferite» politiche di un qualche rilievo. Orlando è l’ultimo promosso di un lungo rosario di nomine che - via via e silenziosamente - ha accompagnato la crescita di un partito neonato. Nel corso dei mesi - e con un restyling negli ultimi giorni - il Pd si è dotato di una rete organizzativa che almeno quantitativamente ne fa un autentico gigante: a fronte del governo Berlusconi che, tra ministri (21) e sottosegretari (39), ha coperto sessanta «poltrone», il Pd tra governo ombra (50) e incarichi di partito (34) è arrivato a quota 84. Corposo il dispiegamento di forze che, senza clamori, ha progressivamente potenziato il governo ombra. Inizialmente, il 9 maggio, Veltroni annunciò alla stampa la nomina di 21 «ministri», ma successivamente lo «shadow cabinet» è stato corroborato - seppur senza clamori - con una iniezione di 20 sottosegretari, 2 consiglieri, 8 coordinatori e anche di un vice-ministro, uno solo: Cesare Damiano al Lavoro. Con qualche originalità. All’Ambiente, il ministro ombra Ermete Realacci è superdotato rispetto al ministro vero, Stefania Prestigiacomo. Mentre lei ha un solo sottosegretario, Realacci ne ha quattro: uno alla sicurezza, uno ai settori climatici, uno agli enti locali, uno al settore parchi. Ma il nutrito dispiegamento di ministri e sottosegretari è davvero così pletorico come appare a prima vista? Sostiene Roberta Pinotti, ministro (senza neppure un vice) alla Difesa: «Sbagliato stupirsi di una presenza così capillare. Ci sono materie così ampie che è giusto avere competenze più specifiche, esattamente come al governo, tanto più che noi non abbiamo capi di gabinetto, segreteria, funzionari». Semmai è curioso che, mentre il governo ombra si sta faticosamente «armando», dentro il Pd si sta intensificando la lotta per evitare che diventi «adulto»: la proposta formale della maggioranza, a firma Gasparri-Quagliariello, che per la prima volta prospetta un riconoscimento formale allo shadow cabinet all’italiana, è osteggiata sempre più palesemente dai gruppi Pd della Camera e del Senato. Tanti incarichi anche nel partito, in questo caso con uno sforzo di gratificare correnti e sub-correnti. E dunque il veltroniano Goffredo Bettini, coordinatore della «Iniziativa politica», affianca di fatto il vicesegretario l’ex popolare Dario Franceschini, mentre all’Organizzazione guidata dall’ex Ppi Beppe Fioroni ecco la responsabile Circoli, il responsabile Settore Adesioni, il responsabile Attuazione Statuto, il responsabile Settore Elettorale, ma anche il responsabile Campagne Elettorali Maurizio Migliavacca e il responsabile elezioni Europee 2009 Umberto Ranieri. Fabio Martini