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 2008  novembre 19 Mercoledì calendario

UGO MAGRI PER LA STAMPA DI MERCOLEDì 19 NOVEMBRE 2008

ROMA - La buona notizia per il cittadino telespettatore è che a presiedere la Vigilanza Rai sembra destinato un grande vecchio incorruttibile del giornalismo, Sergio Zavoli. Sembra: in quanto per fargli posto deve ancora dimettersi il presidente eletto Villari, che però ha staccato le comunicazioni col mondo. Dal suo partito (il Pd) lo inseguono con la minaccia in sospeso di buttarlo fuori. Possibile che Villari aspetti l’incontro odierno con Fini per alzare bandiera bianca.
La notizia meno buona per l’italiano medio è che, tolto di mezzo il pomo della discordia, i partiti si getteranno anima e corpo nella spartizione della tivù di Stato. Tra i primi atti della Vigilanza ci sarà la scelta dei nuovi vertici di Viale Mazzini, e già circolano gli organigrammi. Il più gettonato vede alla presidenza Pietro Calabrese, già direttore di varie testate, stimatissimo dai concorrenti Mediaset (Confalonieri e Marina Berlusconi). Sarebbe il prezzo che il Pd paga all’intesa. Però il toto-nomine impazza, e chi ha le mani in pasta consiglia: mai sottovalutare le chances di un uomo-Rai come Fabiani o dello stesso presidente in carica, Petruccioli. Il vertice Pd preferirebbe uno dei due, specie se per la direzione generale Palazzo Chigi spingesse Lorenza Lei, manager molto apprezzata dalle gerarchie ecclesiastiche. Pare lei la candidata del Cavaliere, mentre in disgrazia risulta Parisi che i soliti cortigiani hanno messo in cattiva luce col Capo (frequenta il giro prodiano). In sintesi: tra Berlusconi e Veltroni il «pacchetto» sul vertice Rai ancora non è chiuso. Ma la voglia è quella di accordarsi in fretta. Grande fibrillazione nel circo televisivo. Entro poche settimane potrebbero cambiare occupante poltrone, poltroncine e perfino strapuntini.
La chiave di volta che ha permesso a Veltroni di uscire dall’angolo, dove i dalemiani lo stavano prendendo a cazzotti, si chiama Di Pietro. Per una volta l’ex-pm è stato generoso e ha ritirato dalla competizione il nome di Orlando. L’ha fatto a modo suo, facendo dimettere per protesta dalla Vigilanza anche l’altro commissario Idv (Pardi) e paragonando Villari a Giuda («Si è venduto per 30 denari al grande corruttore politico Berlusconi»). Il quale Berlusconi, intervenendo a Ballarò, ha precisato di non aver mai conosciuto Villari e ha minacciato querele all’ex pm. Ma nella sostanza Di Pietro ha concesso quanto molti nel Pd, alla vigilia, nemmeno osavano immaginare, cioè il via libera a una designazione concordata col centrodestra. E come spesso accade in quella commedia dell’arte che è la politica italiana, in poche ore s’è rovesciato tutto.
Fantastica sequenza. Ancora alle 11, il segretario Pd e l’intero suo stato maggiore si trovavano al Quirinale per presentare denuncia contro «gli attacchi insultanti e offensivi della maggioranza, tesi a delegittimare l’opposizione». Verso mezzogiorno, Veltroni era già a colloquio per telefono con Gianni Letta, braccio destro del Tiranno, sul fatto nuovo della rinuncia di Orlando. Letta ci metteva la buona parola col Cavaliere, impegnato a Trieste nei colloqui italo-tedeschi: «Ricucire un rapporto con l’opposizione farebbe comodo pure a noi...». Alle cinque del pomeriggio Walter poteva annunciare ai suoi, con giusta soddisfazione, che aveva in tasca il disco verde di Silvio su Zavoli presidente.
Nemmeno questo via libera era così scontato. In teoria, la maggioranza avrebbe potuto rispondere che il presidente appena eletto è Villari, perché cambiarlo? Soprattutto quelli di An che hanno messo in pista il senatore del Pd (Bocchino e Gasparri) rifiutano di fargli fare la fine di un Kleenex usato. Qualcuno da sinistra scommette: piuttosto che tornare a Canossa nel Pd, Villari finirà per accasarsi nel centrodestra. L’importante è che si tolga di mezzo dalla Vigilanza. Lo sollecitano suoi supporter come Follini e Latorre, e pure governatori come Marrazzo. Qualunque strada Villari prenda, il dado politico è tratto. Non manca nemmeno la benedizione del Colle. E quando a sera Berlusconi chiude la vicenda («Zavoli è assolutamente idoneo»), Veltroni legge il lancio di agenzia e commenta a voce alta: «Perfetto».
Rumori di fondo. Gente che parla. La musica della sigla del Tg di Sky. Sergio Zavoli è in una saletta del Senato, circondato da una piccola folla. Accade sempre così ai salvatori della Patria: e questo senatore ottantacinquenne, grande giornalista e indimenticato presidente Rai nei «fantastici» Anni 80, se non proprio la Patria, un po’ di cose le salva con l’autorevolezza della sua persona. Sono le sette della sera, quando finalmente risponde al cellulare.
Le piacciono i panni del salvatore, presidente?
«Guardi, io non vorrei deluderla: ma non ho nessuna comunicazione ufficiale. E la cosa mi pare ancora su un terreno molto scivoloso. Questo Villari non se ne vuole andare...».
Non se ne vuole andare?
«Sì, non se ne vuole andare. Avrà le sue buone ragioni... Del resto, intendiamoci: lui ha avuto un’elezione regolare, ha avuto una maggioranza ed è il presidente della Vigilanza».
Beh, politicamente l’elezione è assai più che discussa: è stata un terremoto...
«Questo lo so: lo capisco e condivido. Ma vuole che sia io, ora, ad attaccarlo su questo?».
Si figuri. Era solo per aver conferma da lei dell’esistenza di un’intesa bipartisan sul suo nome. A meno che non si tratti dell’ennesimo bluff...
«No, non è un bluff. Questo posso dirlo per certo. Altrimenti l’avrei subito avvertita... Però, insomma, un po’ per obblighi di discrezione e un po’ anche per scaramanzia, io preferirei starmene in silenzio».
Comprensibile. Ma immaginiamo la sua soddisfazione...
«Guardi, le dico una cosa: io sono soddisfatto soprattutto per la politica».
In che senso, presidente?
«Che è la politica stessa, stavolta, a risolvere un problema e trovare una soluzione. Certo, un problema che essa stessa aveva creato, lo riconosco. Ma ne esce con le sue gambe, con i suoi strumenti, che sono il confronto, il parlarsi, l’ascolto delle ragioni dell’uno e dell’altro. Non le pare una cosa buona?».
Certamente, magari tardiva...
«Vero. Ma è dipeso da tanti fattori che ora non mi è possibile commentare. Guardiamo alla conclusione, se sarà questa la conclusione. E’ un epilogo che non alimenta il discredito, che non permette un altro tiro al bersaglio contro il Parlamento».
Se l’epilogo è il suo nome, toccherà appunto a lei presiedere la Commissione di Vigilanza: un ente inutile, secondo molti.
«Uno strumento potenzialmente straordinario».
Una specie di tribunale dove si va a protestare per i tanti minuti a questo e i tant’altri a quello nei tg o nei varietà, secondo molti.
«Uno strumento straordinario, ripeto. Naturalmente, se recupera l’ambizione a occuparsi delle cose per le quali fu pensato. E in ogni caso, guardi: pragmaticamente le dico che finché uno strumento esiste, va usato».
Veltroni è stato molto criticato per la gestione dell’affare-Vigilanza: capisco che è paradossale chiederlo a lei, ma ha condiviso quelle critiche?
«Facciamo così: riparliamone un’altra volta... Anche perché l’affare, come dice lei, non è concluso. Sa, c’è questo Villari che non se ne vuole andare...».