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 2008  novembre 19 Mercoledì calendario

GIANLUCA NICOLETTI

ROMA
Tommaso Labranca è un clamoroso caso di dipendenza cronica da Facebook. Si è registrato da sei mesi, non ha un numero esagerato di amici legati al suo profilo, ma quei 380 sono sufficienti a riempire emotivamente e concretamente la sua giornata. «Praticamente sono sempre collegato per tutte le 12 ore utili della mia giornata, pensavo proprio oggi di staccarmi, ma non ce l’ho fatta. Smetterò forse domani». Labranca negli ultimi quindici anni è stato il cantore più appassionato di ogni sublime velleità estetica nella classe media del nostro paese. Dall’analisi del «barocco brianzolo» delle ville della borghesia arricchita alla ricerca di tracce metropolitane del mito di Tony Manero nel suo recente saggio «78.08». Ora in piena esplosione dell’onda burina del socialnetworking lo scrittore è cavia consapevole e vittima sacrificale della sua ricerca.
«Mi sono comprato l’iPhone per essere sempre collegato, la mattina apro gli occhi alle cinque e già dal letto controllo chi mi ha cercato per il rito dell’accettazione durante le poche ore in cui ero off line. Rispondo ai messaggi, pubblico il mio primo pensiero e mi alzo». Già, ma per collegarsi pochissimo dopo con il computer di casa. «Mi piace tenere sotto controllo il livello degli amici». Labranca confessa che l’obbiettivo a cui tende è la connessione continua, così il suo rapporto quotidiano con la fonte della dipendenza assomiglia all’errare di un drogato alla ricerca di pusher, solo che per la crisi d’astinenza a Facebook serve connettività veloce: «Anche adesso sto mandando delle mie foto, tutta la mia giornata lavorativa è scandita dalla ricerca di connessioni wi-fi gratuite. Da casa al lavoro ho una precisa mappa mentale delle zone franche in cui si può addentare una rete non protetta e continuare a mandare segnali di esistenza».
I grandi raduni oceanici di patiti di Facebook naturalmente sono fenomeni di massa che esistono soprattutto perché ne parlino i giornali e la tv. Il vero tossico organizza dei mini eventi personalizzati, i convocati non devono superare la quindicina e il raduno è preceduto da una fase di preparazione on line che risponde a precise liturgie: «Ogni tanto organizzo performance a sorpresa che annuncio con un appuntamento a orario fisso. Chiedo di mandare una foto di quello che contiene il proprio frigorifero. Su operazioni collettive del genere si generano discussioni che possono durare per interi giorni».
Ora Tommaso sta tentando un lungo e faticoso cammino di recupero per uscire dalla sua dipendenza. Sa che per fare questo potrebbe contare su un gran numero di gruppi di aiuto composti da persone con il suo stesso problema, ma purtroppo costoro per condividere il proprio disagio non rinunciano di farlo in Facebook. La sincera volontà di uscirne sembra spesso vacillare sotto il fascino della comunità che segue virtualmente ogni passo della vita reale.
Ora Labranca per rimandare la sua dipartita da Facebook ha inventato l’ennesima scusa, la pubblica al volo mentre parla con me: «Io vorrei fare un libro in cui tante persone ne intervistano una sola: io. Narcisistico, lo so. Ma non mi interessa. Chi vuole essere tra gli intervistatori?».
Un’altra dose che forse lo terrà dentro la dipendenza da Facebook ancora per un po’.