Emanuela Minucci, La Stampa 19/11/2008, 19 novembre 2008
Che cosa può fare un dipendente del Comune di Torino fra le 13 e le 14,30, durante la pausa pranzo? Può fare la sua scelta: fra un panino o Facebook, il parrucchiere o Dagospia, un giro di shopping in centro o un acquisto virtuale su eBay
Che cosa può fare un dipendente del Comune di Torino fra le 13 e le 14,30, durante la pausa pranzo? Può fare la sua scelta: fra un panino o Facebook, il parrucchiere o Dagospia, un giro di shopping in centro o un acquisto virtuale su eBay. Insomma, fra la ricreazione vera e quella on line. Al posto di una fuga dal palazzo, infilandosi il cappotto e passando la frontiera della bollatrice, quella consumata nel calduccio dell’ufficio e a portata di mouse. Attenzione, però, tutto ciò dovrà accadere soltanto nello spazio di quell’ora e mezzo, perché dalle 14,31 tutti i siti giudicati d’intrattenimento (Facebook in testa, che oggi svetta nella classifica del web-gradimento) diventeranno inaccessibili. L’amministrazione torinese ha deciso - fra le prime in Italia - di razionare il tempo in cui l’impiegato comunale può dilettarsi con siti che con il rendimento in ufficio poco hanno a che vedere. Presto l’assessorato al Personale metterà a punto la lista degli indirizzi web che potranno essere visitati soltanto durante l’ora d’aria telematica grazie al sofisticato sistema «Web-Sense»: un capufficio virtuale e infallibile che, puntuale come un orologio, una volta scaduto il tempo della ricreazione on line farà calare un sipario elettronico su qualsiasi collegamento «soft». Una pensata del direttore generale Cesare Vaciago, intimo amico del ministro anti-fannulloni Brunetta? «Niente affatto - spiega l’assessore alle Risorse umane Beppe Borgogno -, la nostra è una decisione che va nel senso della libertà: anziché inibire l’accesso per tutta la giornata ai siti non collegati all’attività lavorativa, come stanno facendo un po’ in tutta Italia, noi abbiamo deciso di lasciare ai dipendenti, a costo zero, la possibilità di navigare sui siti che preferiscono. Dal momento che offriamo loro questa possibilità, però, che almeno ci si possa cautelare da chi potrebbe approfittare di questo benefit. Ecco il vero motivo dell’accesso razionato che comincerà a funzionare tra qualche giorno». In realtà, il vero giro di vite telematico ai computer del Comune di Torino venne dato nel 1997, quando l’allora assessore al Personale Paolo Peveraro cominciò la sua crociata contro i dipendenti che trascorrevano la propria giornata a smanettare sui siti hard. Lo sguardo assorto di chi sta lavorando, muovevano il mouse sulla scrivania per annotare brevi appunti. Come impiegati modello: né più né meno. Peccato, però, che sul loro video - al posto di progetti o pratiche - scorressero giochini hardcore e sexy-racconti vietati ai 18. E peccato (più grave) che dietro quel video non ci fossero i soliti ragazzini che per ore inchiodano la linea telefonica di casa, ma un esercito di impiegati pagati con soldi pubblici. Circa duecento, per la precisione. Ora, eliminato alla radice il problema della navigazione piccante, il Comune ha trovato una risposta anche per chi (degno seguace di chi un tempo riempiva la Settimana Enigmistica in ufficio oppure leggeva il giornale) snobba il disbrigo delle delibere per dedicarsi a rintracciare amici su Facebook. Ma quanti sono coloro che si dimenticano di lavorare per raccontare in rete che il loro gatto non sta troppo bene e che sabato sperano non piova perché andranno a fare un picnic? «Non possiamo saperlo - rispondono a Palazzo Civico - ma stando a indicatori come il numero di iscritti al gruppo ”Cazzeggio al lavoro con Facebook” che veleggiano verso i 5 mila, è meglio cautelarsi». Il Comune di Torino, come qualsiasi altra amministrazione pubblica, non subisce alcun danno economico dalle video-scorrazzate dei suoi dipendenti (il costo dell’abbonamento è forfettario), quindi non si può parlare né di peculato né di truffa. Si tratta però di un’inadempienza perseguibile sino a trasformarsi in giusta causa per un licenziamento. «A Torino, insomma - scherzano a Palazzo Civico - i dipendenti afflitti dal morbo della connessione full time non rischieranno più di disconnettersi dall’organico». Ma come prenderanno, in realtà, i dipendenti comunali, questa nuova direttiva che li tratta come detenuti del web? Ieri mattina la notizia era circolata soltanto fra i dirigenti, coloro che ultimamente più che con i tagli on line si sono dilettati con l’arte di salvare il proprio stipendio. Fair play, dunque, fra chi si occupa di traffico e ordinanze sulla Ztl. Qualche malumore, invece, fra i dipendenti più giovani, soprattutto coloro che lavorano all’assessorato omonimo: «Se non mi cita il mio nome mi fa un piacere - spiega un’impiegata di 29 anni - ma chi ha pensato questo provvedimento mi deve spiegare come si fa a distinguere: anche Facebook, anzi, soprattutto Facebook ci permette di entrare in sintonia con un certo mondo. Speriamo che chi realizza questa web-censura, lasci libere certe divisioni di smanettare a fini professionali». Stampa Articolo