Marco Imarisio, Corriere della Sera 19/11/2008, 19 novembre 2008
I suoi amici lo guardano a vista. Se va via, spariscono anche i soldi. E si parla di una dote personale che ammonta a quasi due milioni di euro
I suoi amici lo guardano a vista. Se va via, spariscono anche i soldi. E si parla di una dote personale che ammonta a quasi due milioni di euro. Massimiliano Cavallini ( foto) non è un ricco erede, ma un ricercatore che tra i suoi segni particolari annovera quello di essere una specie di genio. Così lo definiscono i colleghi, anche se lui fa spallucce. Nel 2006 ha vinto l’Euryi, European young investigators awards, una sorta di premio Nobel per i giovani ricercatori. In Italia ci sono riusciti solo in due. Il riconoscimento è tutt’altro che platonico, perché comporta anche un assegno di quasi due milioni di euro, che l’Unione europea gli ha donato per consentirgli di continuare le sue ricerche sulle nanotecnologie. Dal 2002 è ricercatore al Cnr con contratti annuali. Quindi ha una anzianità superiore ai cinque anni, non più rinnovabile. «Scado a febbraio, e temo che sarò costretto ad andarmene», dice lui. Sinceramente sconsolato, anche se le offerte non gli mancano. Alcune università di Spagna e Inghilterra si sono già fatte avanti. Se si sposta Cavallini, si spostano anche i suoi finanziamenti. «Vorrei rimanere, ma sarà la legge sulla stabilizzazione dei precari nella Pubblica amministrazione a impedirmelo. Altri del mio gruppo sono in condizioni identiche, e saranno costretti a fare la mia stessa scelta». Cavallini, al Cnr dal 1999, borsista, assegnista e poi ricercatore, nella protesta dei precari ci ha messo la faccia anche in senso figurato. Il 29 novembre, la foto del suo volto verrà stesa sul selciato di piazza Maggiore con quella di altri 1.800 suoi colleghi, in modo da farle calpestare dai passanti. «Una perfetta sintesi – dice – di quel che sta accadendo alla ricerca pubblica».