l rublo in picchiata minaccia l’Europa di Riccardo Sorrentino, Il Sole 24 Ore, 16 /11/2008, pag. 5, 6 novembre 2008
Sono ore difficili, a Mosca. Il tesoro delle riserve ufficiali, pazientemente raccolto in dieci anni, dopo la crisi del ’98, sta rapidamente calando per difendere il rublo in difficoltà
Sono ore difficili, a Mosca. Il tesoro delle riserve ufficiali, pazientemente raccolto in dieci anni, dopo la crisi del ’98, sta rapidamente calando per difendere il rublo in difficoltà. Con il rischio che le turbolenze si trasmettano ai Paesi dell’Europa Orientale e per questa via, all’euro, al franco svizzero e alla sterlina. uno scenario poco gradevole, reso possibile dalla crisi finanziaria, ma non solo. Le difficoltà del rublo sono iniziate nei giorni della crisi georgiana, quando i capitali hanno cominciato a fuggire dal Paese, si sono aggravate con il calo del petrolio, che mette sotto pressione i conti pubblici del Cremlino, e sono esplose con la flight-to-quality, la corsa verso la qualità che ha coinvolto tutti i Paesi emergenti e di nuova industrializzazione. Risultato: una flessione del 17% del rublo contro il dollaro, malgrado pesanti interventi che hanno "consumato" il 20% delle riserve in un’economia che, a differenza delle altre con difficoltà valutarie, ha i conti con l’estero in attivo - anche se sempre più sotto pressione - e ha attirato, ricordano Luca Mezzomo e Asmara Jamaleh di Intesa San Paolo, 51,4 miliardi di dollari in investimenti diretti tra gennaio e settembre, molti di più dei 32,7 miliardi dello stesso periodo dell’anno scorso. Il problema è che sono scappati via gli investimenti di portafoglio, 147 miliardi di dollari stima Bnp Paribas; al punto che non è possibile escludere nuove misure di controllo dei capitali. Per ora la Banca centrale ha allargato per la terza volta in cinque mesi la banda di oscillazione del rublo, legato a un paniere composto da dollaro (al 55% circa) ed euro (45%), per non essere costretta a intervenire troppo e troppo spesso. In questo trimestre - ricordano ancora Mezzomo e Jamaleh - Mosca deve restituire 40 miliardi di dollari di debito estero, ai quali si aggiungono altri 51 miliardi nei primi tre mesi del 2009. Il rublo non potrà quindi che scendere ancora, soprattutto se calerà ulteriormente il prezzo del petrolio, e «le probabilità di una flessione disordinata - aggiungono Koon Chow e Matthew Vogel di Barlckays - stanno aumentando». Con rischi notevoli: i depositi in rubli delle famiglie sono pari al 10% del Pil, mentre quelli in valuta sono il 13% del totale, una quota che sale al 35% per le aziende. Nulla esclude - aggiungono così Chow e Vogel - che gli stessi russi possano contribuire alla crisi della loro moneta convertendo i risparmi in dollari ed euro. La situazione va quindi seguita attentamente. Anche perché Mosca non è un’isola. I capitali non sono scappati solo dalla Russia, ma la fuga ha contagiato anche Kazakhstan e Ucraina. Ora si teme che la fuga degli investitori coinvolga presto anche gli altri Paesi dell’Europa dell’Est, già molto deboli, soprattutto sul versante dei conti con l’estero, «compresi quelli già aiutati dal Fondo monetario internazionale». questa almeno l’opinione di Stephen Jen di Morgan Stanley. Non c’è in realtà un legame finanziario particolarmente forte tra la Russia e i suoi ex satelliti: c’è semplicemente la possibilità che tutta l’area, non ancora in equilibrio, venga considerata troppo rischiosa. Il legame può esserci invece, e forte - secondo Jen - tra l’Europa dell’Est, Eurolandia, la Svizzera e la Gran Bretagna. «Le Banche europee sono cinque volte più esposte di quelle americane e giapponesi verso i Paesi emergenti e a quelli dell’Europa dell’Est in modo particolare», aggiunge Jen. I crediti verso tutti i Paesi in via di sviluppo e quelli di nuova industrializzazione sono pari al 21% del Pil in Europa, al 24% in Gran Bretagna e al 50% in Svizzera. Anche le tre monete - euro, sterlina e franco - sono quindi minacciate. Questo spiegherebbe perché, secondo Jen, la Bce ha aiutato l’Ungheria e potrebbe fare lo stesso con altri Paesi. Fino a che punto, però? «Una questione - aggiunge - è se la Bce potrà e vorrà concedere lo stesso sostegno di liquidità anche alla Russia, se questo dovesse rivelarsi necessario. E in ogni caso, gli investitori devono iniziare a chiedersi se queste operazioni verso Paesi esterni all’Unione monetaria non eroderanno, alla fine, la qualità intrinseca dell’euro». riccardo.sorrentino@ilsole24ore.com di Riccardo Sorrentino