Guido Santevecchi, Corriere della Sera 18/11/2008, 18 novembre 2008
LONDRA
Il governo laburista si prepara ad aumentare la spesa pubblica e ridurre temporaneamente la pressione fiscale, con buona pace del debito che dovrebbe schizzare da 43 a 90 miliardi di sterline. Il cancelliere ombra, il conservatore George Osborne, accusa Gordon Brown di fare «una politica da terra bruciata: rischia il crollo della sterlina pensando che dopo le elezioni lascerà a noi le conseguenze». Crisi finanziaria e rissa politica hanno riacceso il dibattito sull’euro. «Perché i britannici potrebbero decidere di amare l’euro», scrive il Financial Times. «Potrebbe essere politicamente tossico, ma dobbiamo entrare nell’euro ora», invoca sull’Observer Will Hutton, direttore della Work Foundation. Il ragionamento si basa sul fatto che i governi di Londra hanno talmente assecondato la City da far crescere il sistema finanziario fino a quattro volte e mezza il valore del Pil. La Gran Bretagna è definita un «gigantesco hedge fund». In questa situazione, con la City che ha bisogno di trovare almeno 100 miliardi di sterline l’anno, la crisi del pound potrebbe far finire il Regno come l’Islanda. Tre mesi fa la sterlina valeva due dollari, ora è a 1,49, per effetto del crollo il Pil britannico vale 559 miliardi di dollari (a giugno era a 727), la Francia è tornata davanti a 606 e anche l’Italia si è riavvicinata a 494. Sono cifre astratte, ma suggestive.
Quando la questione euro è stata toccata alla sua presenza Brown, scrive l’Observer, non solo l’ha scartata, ma ha vietato di riparlarne per timore di effetti «politicamente tossici». Eppure «il dollaro e l’euro offrono maggior protezione da un attacco speculativo», scrive FT e conclude: «Contro l’euroscetticismo bisognerebbe corrompere i direttori di giornale, convincere il Parlamento, vincere un referendum. E i sondaggi dicono che è impossibile...
ma i britannici sono pragmatici».
GUIDO SANTEVECCHI PER IL CORRIERE DELLA SERA DI MARTEDì 18 NOVEMBRE 2008