Tito Boeri, la Repubblica 17/11/2008, 17 novembre 2008
TITO BOERI PER LA REPUBBLICA DI LUNED’ 17 NOVEMBRE 2008
Non è stato certo l´inizio di una nuova Bretton Woods. Il G20 per il momento continuerà a essere ricordato solo come una popolare catena di supermercati francesi. L´unico vero risultato della riunione di Washington è stato quello di rendere irrilevante il G8, alla vigilia del suo passaggio sotto la presidenza italiana. Bene prenderne atto al più presto e gestire l´anno alla guida del gruppo per allargare stabilmente il coordinamento ai grandi sin qui esclusi, a partire da Brasile, Cina, Corea del Sud e India. Vorrebbe dire aggiungere un ottavo di prodotto interno lordo mondiale al coordinamento internazionale riconoscendo che l´uscita dalla recessione oggi dipende in gran parte dalla domanda che proviene dai paesi emergenti. Dopotutto i segnali più forti di risposta alla crisi sono venuti in questi giorni proprio dalla Cina. Pechino ha annunciato un piano di spesa pubblica per infrastrutture e spese sociali di 586 miliardi di dollari (460 miliardi di euro), pari al 7% del pil cinese (e mezzo punto del pil mondiale). Questa enorme quantità di denaro servirà non solo a sostenere la produzione cinese, ma anche ad alimentare la domanda di beni prodotti in Occidente. Forse la nuova edizione del bestseller "La Paura e la Speranza" dovrebbe contenere due parole di postfazione: grazie Cina.
La riunione di Washington è anche servita a mettere il nostro governo con le spalle al muro. Ormai tutti i grandi paesi europei hanno un piano contro la crisi finanziaria (si veda la scheda de lavoce.info oggi ripresa su Affari e Finanza) e hanno varato pacchetti fiscali a sostegno dell´economia. Siamo messi peggio degli altri ? essendo ormai entrati anche tecnicamente in recessione dopo quasi 15 anni di stagnazione ? ma sin qui il nostro governo non ha fatto nulla per contrastare la recessione. Da settimane si parla (e si specula in Borsa) su misure a sostegno della ricapitalizzazione delle nostre banche. Ma un piano non c´è. Né si è visto sin qui lo straccio di un provvedimento anticiclico.
Durante le crisi un giorno di ritardo pesa come una settimana persa in tempi normali, un mese vale come un anno. Da inizio ottobre su queste colonne chiediamo insistentemente che il governo vari subito una riforma degli ammortizzatori sociali volta ad allargare la copertura dei sussidi di disoccupazione per chi perde il lavoro. Basterebbe esercitare la legge delega approvata dal Parlamento nella passata legislatura, che scade a fine dicembre. In Italia ci sono ormai quasi 4 milioni e mezzo di lavoratori temporanei. Con una durata media di questi contratti di un anno, significa che in un mese scadono circa 350.000 contratti. Un mese di ritardo nel varare la riforma degli ammortizzatori significa perciò lasciare 350.000 lavoratori potenzialmente disoccupati senza protezione alcuna.
Su questa riforma c´è ormai ampio consenso fra i commentatori. Ieri significativamente gli editoriali di Corriere della Sera e Sole 24 Ore la caldeggiavano. Questa riforma forse riuscirebbe anche a mettere d´accordo un sindacato sempre più lacerato al suo interno. Non è bello per un paese entrare in recessione in un clima di forte conflittualità sociale. Ricordiamoci che nel 1992-93 siamo usciti bene da una crisi molto grave, proprio grazie all´unità sindacale nel prendere atto dei problemi del paese.
L´immobilismo sin qui del nostro governo di fronte alla crisi mette in rilievo quanto fosse di facciata l´attivismo dei primi mesi. Incalzato finalmente anche da Confindustria, il ministro Tremonti ha ieri tirato fuori dal cappello un pacchetto di 80 miliardi a sostegno dell´economia. una cifra enorme, pari a circa 6 punti di pil. Sembra un piano cinese. Ma, a legger bene, è una via di mezzo fra un bluff e l´annuncio di un ritorno alla finanza creativa. Infatti Tremonti sostiene che nonostante questo ambiziosissimo piano rispetteremo il vincolo del 3 per cento nel rapporto fra indebitamento e prodotto interno lordo. Senza colpo ferire, questo rapporto dovrebbe spontaneamente aggirarsi attorno al 2,7-2,8 per cento. Per stare sotto al 3 per cento occorrerebbe perciò che il pacchetto fosse al massimo di 3-4 miliardi. Da dove verranno gli altri 75? Forse da altre spese fuori bilancio, come quelle copiosamente attivate durante il precedente ministero Tremonti? Speriamo proprio di no. Si parla, comunque, di 40 miliardi mobilizzati con lo sveltimento di impegni di spesa già presi. La parola "sveltimento" è stata pronunciata talmente tante volte nella realizzazione della Salerno-Reggio Calabria da far venire i brividi. In ogni caso non si tratta di risorse aggiuntive. Altri 10 miliardi verrebbero da investimenti chiesti alla società Autostrade, che sappiamo da anni in contenzioso col governo sui ritardi nella manutenzione della rete. Nell´attesa di sapere come si è riusciti a convincerli a fare gli investimenti, bisogna annotare che non si tratta di investimenti pubblici. Insomma, nella migliore tradizione del capitalismo italiano si fanno piani faraonici "coi sordi dell´artri" (parafrasando un´efficace quanto colorita espressione di Stefano Ricucci). Gli altri 20-25 miliardi saranno probabilmente il piano per le banche, più volte annunciato e sin qui non ancora messo in atto. Forse solo loro alla fine riceveranno un aiuto. Può darsi che sia questa la ragione per cui in settimana il ministro ha fatto la voce grossa contro i banchieri, minacciando per loro la galera. Francamente preferiremmo parole più misurate e azioni più tempestive. Soprattutto più trasparenza sull´azione di politica economica di questo governo dato che l´unico documento ufficiale oggi disponibile continua a prevedere una crescita della nostra economia sia nel 2008 che nel 2009. Ha fatto bene Berlusconi ieri a ricordare che il suo governo ha avuto una grande idea (il cui merito va riconosciuto principalmente a Tremonti) nel varare la manovra prima dell´estate. Ma a cosa è servito se ora il tempo viene lasciato scorrere senza reagire alla crisi e senza neanche dire agli italiani con quale politica economica si intende fronteggiarla?