Sergej Karaganov, Limes 5/2008, 17 novembre 2008
La Russia sarà il terzo Occidente. I rapidi mutamenti che hanno caratterizzato il mondo nell’ultimo decennio impongono al Cremlino un nuovo orientamento strategico, economico e culturale, tra radici europee e sfida cinese
La Russia sarà il terzo Occidente. I rapidi mutamenti che hanno caratterizzato il mondo nell’ultimo decennio impongono al Cremlino un nuovo orientamento strategico, economico e culturale, tra radici europee e sfida cinese. Soltanto dieci o quindici anni fa, dopo l’inglorioso crollo del comunismo, sembrava che la storia fosse finita e all’umanità restasse soltanto da seguire il luminoso sentiero verso il capitalismo liberaldemocratico. Ma oggi, dopo l’affermazione delle nuove potenze capitaliste asiatiche, la ridistribuzione della ricchezza dall’Europa all’Asia, il rafforzamento del modello autoritario di sviluppo di questi paesi, il maggiore controllo sulle risorse energetiche dei paesi produttori rispetto a quelli consumatori, la crisi dei modelli anglosassoni di controllo del sistema finanziario, il declino dei progetti di governo internazionale e di esportazione della democrazia e la proliferazione nucleare, appare chiaro che esistono diverse vie e che quella asiatica è almeno altrettanto promettente. Cina e India si sono sviluppate con stupefacente rapidità negli ultimi decenni. Hanno beneficiato dei processi di globalizzazione e continueranno a crescere grazie all’enorme risorsa di una forza lavoro sempre più istruita, disciplinata e relativamente a buon mercato. Esse continueranno a essere i più grandi centri in espansione di produzione industriale ad alta intensità di manodopera e di tecnologie e conoscenze. Questa tendenza sta togliendo alle classi medie occidentali e russe le opportunità legate alla produzione di beni e servizi, quello che è tradizionalmente il loro settore. La Russia, con la sua forza lavoro già ridotta e molto costosa, non può che cercare di competere in pochi settori, ammesso che sappia individuarli e sostenerli in tempo. Per la Russia, il pericolo proveniente dall’Asia non è più quello delle orde tatare o mongole come sette secoli fa, ma quello di rimanere indietro. C’è la possibilità, molto concreta, che la Russia venga a dipendere per le materie prime, e in seguito anche politicamente, dalla Cina, destinata a diventare la grande potenza del futuro. Per il momento, lo sviluppo di quest’ultima non è soltanto molto più rapido di quello della Russia, che resta indietro di quattro-cinque punti l’anno a causa della corruzione e dell’inadeguatezza del suo sistema, ma qualitativamente migliore. La Cina investe nelle infrastrutture e cura l’istruzione, rispetto non solo alla Russia, ma a molti stati europei, molto di più. Eppure la Russia continua a investire prevalentemente nel settore terziario europeo e statunitense. I suoi scambi con l’Oriente crescono in piccola proporzione rispetto al tasso di crescia delle economie asiatiche e delle capacità di assorbimento dei loro mercati. Alla Russia manca ancora una chiara strategia. A oggi, essa sta affrontando la questione dell’aumento del volume di scambi con la Cina considerandola prevalentemente un problema della Siberia e dell’Estremo Oriente russo. Non si può pensare che la Siberia, povera di capitali, resti l’unica ad alimentare il flusso di scambi con la Cina: devono aggiungervisi anche le grandi imprese che hanno sede a Mosca. Una strategia di maggiore attenzione alle opportunità offerte da questi mercati in espansione sarebbe coerente con l’impegno politico che la Russia ha già preso a Oriente con la partecipazione alle organizzazioni regionali e alla questione dei programmi nucleari di Iran e Corea del Nord. Inoltre, questa strategia non sarebbe una alternativa all’orientamento filo-occidentale, ma la componente di una strategia globale. Stretta tra il vecchio Occidente, da cui proviene ciò che di meglio vi è nella civiltà russa, e il nuovo Occidente, la Russia deve stringere rapporti culturali e politici con il primo tanto intensi quanto quelli economici con il secondo, per essere al centro di un nuovo equilibrio mondiale.