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 2008  novembre 17 Lunedì calendario

PALERMO

Il fronte dell´antimafia cede silenziosamente. Negli ultimi cinque mesi è stato revocato il carcere duro a 13 padrini di Cosa nostra, ?Ndrangheta e Camorra. rimasta vuota la cella al 41 bis che ospitava Salvatore Calafato, il mandante dell´omicidio del giudice Rosario Livatino. Sono rimaste libere anche le celle di Giuseppe Iamonte, Fioravante Abbruzzese e Mario Pranno, capi storici della criminalità organizzata calabrese. Anche Giuseppe Biviera, uno degli ?ndranghetisti coinvolti nella faida che ha portato alla strage di Duisburg, non è più al carcere duro.
Da gennaio a giugno, come denunciato da Repubblica, erano stati addirittura 37 i padrini che avevano vinto la loro battaglia legale con i giudici di sorveglianza, da Torino a Roma, da Perugia a Napoli. Il ministro della Giustizia è riuscito a far ritornare al 41 bis solo il capomafia Antonino Madonia, uno dei mandanti dell´omicidio Dalla Chiesa. Tutti gli altri restano detenuti comuni, nonostante le condanne all´ergastolo e i misteri che ancora custodiscono. Nonostante, soprattutto, i ripetuti annunci di inasprimento del regime del carcere duro. L´emendamento sul nuovo 41 bis, approvato all´unanimità nei giorni scorsi dalla commissione Giustizia e Affari costituzionali del Senato, deve ancora andare in aula (l´esame è previsto nei prossimi giorni).
Intanto, ormai dalla primavera fanno vita più comoda Giuseppe La Mattina, uno dei mafiosi che uccise il giudice Paolo Borsellino. Poi Giuseppe Barranca e Gioacchino Calabrò, che si occuparono degli eccidi del 1993 fra Roma, Milano e Firenze. Al carcere duro non stanno più da mesi neanche altri capi storici dell´Ndrangheta: Carmine De Stefano, Francesco Perna, Gianfranco Ruà e Santo Araniti, il mandante dell´omicidio Ligato. E neanche il boss della Camorra Salvatore Luigi Graziano.
La nuova lista degli annullamenti contiene altri nomi di livello. Tutti nomi di capi. Giuseppe Iamonte era fra i trenta latitanti più pericolosi d´Italia quando fu arrestato, appena tre anni fa, dopo una lunga carriera a cui lo aveva iniziato il padre Natale. Il figlio era però andato oltre: era diventato il fornitore ufficiale di tritolo per i clan del Mezzogiorno, per questo veniva riverito più di un padrino. Gli ultimi provvedimenti di revoca riguardano pure il capo della cosca degli "Zingari" di Cosenza, Fioravante Abbruzzese; poi il capo di un altro clan di Cosenza, Mario Pranno; il capo storico della mafia di Gela Davide Emmanuello e il suo collega camorrista Gaetano Bocchetti, anche lui dai meriti criminali riconosciuti da diverse sentenze, per essere stato il fautore della cosiddetta «alleanza di Secondigliano». Infine, anche Eduart Tresa, rappresentante della mafia albanese in Italia. Eccoli, i 50 padrini a cui nel 2008 è stato revocato il carcere duro: quando erano in libertà organizzavano e ordinavano. Spesso, senza sporcarsi le mani. Adesso, in carcere, sono detenuti modello. Ai giudici di sorveglianza che si sono occupati dei loro casi sono mancate notizie aggiornate sull´«attuale pericolosità riconosciuta», che è il requisito per il mantenimento del 41 bis.
Dice Leo Beneduci, segretario generale dell´Osapp, la prima organizzazione sindacale dei poliziotti penitenziari: «Abbiamo appreso con piacere della annunciata riforma, ma come spesso accade non si sono fatti i conti con la realtà, ovvero con chi deve applicare norme maggiormente restrittive. Servono più personale, più fondi, più mezzi. Siamo già oberati di lavoro. Uno dei compiti più gravosi resta quello con i detenuti cosiddetti ad "alto indice di vigilanza", quelli a cui è stato revocato il 41 bis: rientrano nel circuito ordinario, dove spesso c´è sovraffollamento, e impedire che tornino a comunicare all´interno e all´esterno del carcere è davvero un carico insostenibile».