Elena Dusi, La Stampa 17/11/2008, 17 novembre 2008
Con un Pil sotto zero, scossa dalle figuracce internazionali di camorra e rifiuti, l´Italia è però prima nella statistica che conta di più: quella della vita
Con un Pil sotto zero, scossa dalle figuracce internazionali di camorra e rifiuti, l´Italia è però prima nella statistica che conta di più: quella della vita. Da noi infatti si vive più a lungo che nel resto d´Europa. Gli uomini italiani sono in cima alla classifica con 80,4 anni di aspettativa media, seguiti dagli svedesi (80,3). E anche se le donne sono leggermente sopravanzate dalle francesi (85,4 anni contro i nostri 85,3), nel complesso si conferma che il nostro è il paese dove i giorni sono più lunghi. Lo studio europeo che esce oggi sulla rivista medica The Lancet si sofferma sulle ragioni di questo primato. E lo fa in un momento che sembra studiato apposta per farci riflettere. Tra i 25 paesi europei, infatti, si vive più a lungo e si invecchia con meno acciacchi laddove il livello di istruzione è più elevato, il sistema sanitario pubblico è meglio finanziato e le politiche a favore degli anziani sono più supportate da fondi. La correlazione fra ricchezza, educazione e durata della vita è molto stretta, sottolinea la curatrice dello studio, Carol Jagger dell´università inglese di Leicester. E nell´Europa a 25 il nucleo centrale dei quindici offre panorami nettamente migliori rispetto ai dieci paesi arrivati dopo con economie più traballanti. Per Antonio Golini, che insegna Demografia alla Sapienza ed è membro dell´Accademia dei Lincei, il primato italiano ha cause note come dieta, un sistema sanitario che funziona bene nonostante qualche scandalo e una generale condizione di salute che si trasmette per via genetica di padre in figlio. «Siamo abituati ad accentuare i lati negativi della nostra condizione, ma in Italia godiamo di un buon sistema di vita e abbiamo il vantaggio di non avere grandi metropoli. Nelle città medie e piccole che caratterizzano il nostro paesaggio la qualità dell´esistenza è molto migliore». L´idillio fra The Lancet e l´Italia dura però solo un capitolo. In un paese che invecchia (così come tutto il continente) e ha un pil privo di grinta non esiste altra soluzione - sostengono la Jagger e i suoi ricercatori - che mettere in atto una raccomandazione avanzata dal Consiglio Europeo: portare al 50 per cento il livello di occupazione dei lavoratori con più di 55 anni e far slittare gradualmente l´età pensionabile verso i 70 anni. « ovvio che la fase di attività di un individuo debba andare di pari passo con l´allungamento della sua vita» dice Golini. Anche perché l´indice della salute - che indica l´età media in cui si presentano i primi acciacchi invalidanti - oltrepassa in Italia l´asticella dei 70 anni. Per ogni anno che passa, al giorno d´oggi, la nostra aspettativa di vita aumenta di almeno tre mesi. « come se ogni anno durasse per noi quindici mesi» spiega Golini. «Dodici ci sono dati subito, gli altri tre vengono in un certo senso depositati in banca: ne usufruiremo sotto forma di allontanamento della vecchiaia. Ma non è giusto che a pagarne i costi siano solo i giovani e i lavoratori attivi in genere. Anche perché negli ultimi quindici anni l´Europa è cresciuta a un ritmo mediamente doppio rispetto all´Italia, mentre India e Cina ci hanno sopravanzato di circa dieci volte. La strada persa si recupera soltanto lavorando di più, non solo nel corso della settimana ma anche in quello della vita». Sembra sia il modo migliore per arrivare a cent´anni.