Guido Ruotolo, Corriere della Sera 17/11/2008, 17 novembre 2008
Nei giorni scorsi si sono presentati al Viminale, al Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, con un provvedimento che tecnicamente è una richiesta di «esibizione di atti»
Nei giorni scorsi si sono presentati al Viminale, al Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, con un provvedimento che tecnicamente è una richiesta di «esibizione di atti». Insomma, hanno presentato un elenco di documenti da dover portare via. Un atto di polizia giudiziaria. Una bomba a orologeria, pronta a esplodere e a deflagrare sul tavolo del ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Al centro dell’ attenzione dell’iniziativa giudiziaria è la proclamazione dello stato d’emergenza in tutto il territorio nazionale per l’immigrazione clandestina. Grazie a quel decreto governativo sono stati aperti, a partire da quest’estate, 49 centri provvisori di accoglienza sparsi in tutt’Italia, affidati a trattativa privata in gestione a imprese e associazioni che dovevano garantire l’assistenza agli immigrati, soprattutto richiedenti asilo, che non potevano più essere accolti negli strabocchevoli ex Cpt oggi Cie. Il decreto governativo quando fu varato, alla fine del luglio scorso, sollevò un vespaio di polemiche e di sospetti, con l’opposizione che si interrogava sulle sue «ragioni e finalità». E il ministro Maroni che si difendeva sostenendo che con il decreto «si sarebbe garantita maggiore assistenza ai clandestini, accolti in tutte le regioni italiane». Il ministero dell’Interno, con l’estensione dello stato d’emergenza dalla sole regioni meridionali (Sicilia, Calabria, Puglia) a tutto il territorio nazionale, ha aperto questi centri per fronteggiare il flusso di migliaia di clandestini sbarcati soprattutto a Lampedusa (nei primi nove mesi del 2008, 27.417 contro i 17.000 dell’anno precedente). Proprio perché si tratta di una situazione d’emergenza, il decreto governativo, infatti, prevede una corsia preferenziale per ridurre al massimo i tempi burocratici e i vincoli imposti dalle gare d’appalto pubbliche. Tutti gli appalti vengono così affidati a privati, a imprese, ditte, associazioni, cooperative che devono avere precisi requisiti e rispettare determinate procedure. Ma in questo caso, sembra che l’inchiesta giudiziaria abbia accertato che non sono state rispettate neppure le procedure per l’acquisizione delle strutture messe a disposizione da enti locali e associazioni, prive, a quanto trapela, degli stessi certificati di «idoneità» degli stabili stessi. La reazione del Viminale alla visita della polizia giudiziaria è stata di imbarazzo. L’indagine giudiziaria, affidata ai carabinieri del Noe, mira a verificare se sono state rispettate tutte le procedure per l’affidamento della gestione di questi piccoli centri d’accoglienza. In particolare, gli investigatori sono interessati a capire su quali basi sono state scelte le imprese, le associazioni, le cooperative; e se sono stati rispettati tutti i passaggi previsti dalla legge o se sono saltate alcune procedure della stessa normativa. L’attenzione degli investigatori si sarebbe concentrata su alcune imprese, ditte che gestiscono le mense in più centri e che hanno vinto diverse gare d’appalto per altre istituzioni pubbliche. Tra queste, la società «Auxilium» collegata alla cooperativa «La Cascina». I sospetti riguardano le modalità attraverso cui queste imprese si sono aggiudicate la gestione di alcuni centri. Insomma, potrebbero aver avuto dei santi protettori in paradiso, anzi in Parlamento, che avrebbero influenzato i prefetti e i responsabili del Dipartimento dei diritti civili e dell’immigrazione del Viminale facendo ricadere proprio su quelle imprese la scelta. Nel paniere dei carabinieri sarebbero finite anche intercettazioni ambientali e telefoniche, testimonianze dei diretti protagonisti che avrebbero confermato più di una anomalia in queste assegnazioni. Colpisce che alcune imprese abbiano ottenuto la gestione di più strutture, che altre si siano aggiudicati i centri per i richiedenti asilo e altri per i centri dell’emergenza nazionale. L’emergenza clandestini è anche un grande affare. Ogni immigrato che viene ospitato in questi neocentri di accoglienza, in attesa dell’identificazione o dell’esame delle richieste di riconoscimento dello status di rifugiati o di richiedenti asilo e protezione, costa allo Stato una retta quotidiana di circa 55 euro. Decine di migliaia di euro vengono bruciati ogni giorno. E l’inchiesta partita su un paio di appalti rischia di allargarsi a tutti i centri dell’emergenza immigrati. Mentre il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, nei prossimi giorni annuncerà l’apertura di altri dieci nuovi Centri di identificazione ed espulsione, i Cie.