Paolo Valentino, Corriere della Sera 17/11/2008, 17 novembre 2008
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
WASHINGTON – Salviamo Detroit, ma senza assegni in bianco. il messaggio che il presidente-eletto Barack Obama lancia al Congresso e all’industria dell’auto americana, in lotta per la sua sopravvivenza. Il crollo non più ipotetico di giganti automobilistici come General Motors, Ford e Chrysler sarebbe, con le parole di Obama, «un disastro, in questa situazione ». Per questo, il futuro capo della Casa Bianca pensa che occorra «dare assistenza al comparto dell’automobile », ma in cambio di precisi vincoli e contropartite. In discussione sono i 25 miliardi di dollari, a valere sul fondo di salvataggio finanziario da 700 miliardi approvato il mese scorso, che i leader democratici del Congresso vorrebbero destinare questa settimana alle aziende di Detroit per evitarne la bancarotta.
Obama appoggia l’idea, ma sembra voler venire incontro alle perplessità dei repubblicani, che hanno annunciato una dura opposizione. Essendo l’ultima seduta del vecchio Congresso, la maggioranza democratica al Senato è infatti di appena 1 voto. In più, il presidente Bush, dopo i risultati del G-20, è contrario a interventi protezionistici e potrebbe opporre il veto. C’è il rischio quindi, che per approvare il piano bisognerà aspettare l’insediamento di Obama e del nuovo Congresso, dove i democratici torneranno rafforzati.
Ma l’intervento del presidente-eletto sembra un’offerta di dialogo. «La mia speranza – ha detto ieri sera Obama nell’intervista data alla Cbs insieme alla moglie Michelle – è che nel corso della prossima settimana le discussioni tra la Casa Bianca e il Congresso ruotino intorno al concetto di dare l’assistenza, assicurandosi però che quell’aiuto sia subordinato alla condizione che sindacati, manager, fornitori, banche e azionisti si mettano d’accordo su un piano, dove sia detto chiaramente a cosa dovrà assomigliare in futuro un’industria automobilistica sostenibile. Dobbiamo dare un prestito, che faccia da ponte verso qualcosa, non verso il nulla».
Nel corso della campagna elettorale, Obama ha detto che gli aiuti all’automobile dovrebbero far parte della più generale battaglia per la difesa dell’ambiente. In altre parole, dovrebbero favorire la ricerca e la riconversione di Detroit verso la produzione di auto ibride non inquinanti. Da candidato ha proposto 3 miliardi di dollari di aiuti in 10 anni, per favorire lo sviluppo di una generazione di automobili pulite: entro il 2015, questo l’obiettivo indicato nel suo programma elettorale, il futuro presidente vorrebbe almeno 1 milione di veicoli ibridi sulle strade d’America.
L’approvazione del pacchetto da 25 miliardi di dollari si annuncia comunque complicata. Ieri due leader del gruppo repubblicano al Senato hanno usato parole di fuoco contro il piano e le aziende che dovrebbero beneficiarne: «Queste non sono la General Motors o la Ford con cui siamo cresciuti. Non costruiscono i prodotti giusti, hanno buoni lavoratori ma un pessimo management, non innovano, in un certo senso sono dei dinosauri », ha sentenziato Richard Shelby, senatore dell’Alabama, secondo il quale «le aziende falliscono e altre le rimpiazzano, non è questa la strada su cui dobbiamo incamminarci». Per John Kyl, senatore repubblicano dell’Arizona, dare alle industrie dell’auto 25 miliardi di dollari «non serve a nulla, significa soltanto rinviare di sei mesi il giorno del crollo».
Ma i leader democratici al Congresso appaiono decisi ad andare avanti. Lo hanno ribadito ieri la speaker della Camera dei Rappresentanti, Nancy Pelosi, e il deputato del Massachusetts, Barney Frank, che guida la cruciale Commissione Finanze: «Provarci non ha alcuna controindicazione », ha spiegato quest’ultimo. I democratici sperano in qualche defezione fra i repubblicani al Senato, dove gli eletti delle aree industriali come Ohio, Michigan e Missouri avrebbero difficoltà a spiegare l’opposizione a misure che interessano aziende dei loro Stati.
Paolo Valentino