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 2008  novembre 20 Giovedì calendario

L’espresso, 20/11/2008. Trecento milioni di debiti con gli aeroporti. E le società fanno partire i pignoramenti

L’espresso, 20/11/2008. Trecento milioni di debiti con gli aeroporti. E le società fanno partire i pignoramenti. L’Enac cerca di fermarle. Ma l’avvocatura di Stato la smentisce: giusto bloccare i velivoli le code provocate dall’agitazione degli equipaggiLo dimostrano i vangeli: più miracoli fai e più te ne chiedono. E a Silvio Berlusconi, che spesso racconta barzellette nelle quali si paragona a Gesù, potrebbe non bastare neppure la guarigione in un colpo solo di Alitalia e AirOne, cancellandone i debiti. Perché se sfumano gli oltre 300 milioni di crediti che gli scali italiani vantano nei confronti delle due compagnie, i velivoli con le insegne della neonata Cai rischiano di dover atterrare sui prati, in spiaggia e in ogni dove. Un problema dimenticato, quello degli aeroporti, nonostante siano in ballo cifre addirittura superiori ai 275 milioni in contanti che Colaninno e soci stanno mettendo sul piatto per rilevare la parte buona di Alitalia. E nonostante il sistema aeroportuale dia oggi lavoro a circa 15 mila persone, ovvero 2 mila in più di quanti un giorno dovrebbero prendere lo stipendio dalla Cai. Delle società che gestiscono gli scali però non si parla, e questo non solo per la grandissima prudenza con la quale Assoaeroporti maneggia la bomba dei crediti, ma anche e soprattutto per il comportamento tenuto dall’Enac. L’ente pubblico che dovrebbe vigilare sull’aviazione civile, come risulta da una serie di documenti in mano a ’L’espresso’, in questa storia è apparso assai ’sdraiato’ sugli interessi dei vettori e un domani rischia addirittura di finire in giudizio per responsabilità extracontrattuale. Nel mese di settembre, dopo il commissariamento di Alitalia, alcuni aeroporti scrivono all’Enac per sapere se possono bloccare gli aerei di Alitalia, di AirOne e di tutti gli altri vettori che non pagano i diritti di atterraggio e i servizi di ’handling’. In termini strettamente giuridici, si tratta di sapere se si possa applicare anche il micidiale articolo 802 del codice della navigazione, quello che dispone il fermo degli aerei da parte dell’Enac. L’organismo di controllo, in una nota firmata dal direttore generale Silvio Manera il primo ottobre scorso, scrive ad Assoaeroporti che "la questione della portata applicativa dell’articolo 802, connotata da profili di estrema delicatezza, è stata oggetto di una richiesta di parere all’Avvocatura generale dello Stato". Ma anziché fermarsi in attesa del parere, l’Enac disquisisce in punta di diritto per due pagine fitte fitte di argomentazioni e conclude così: "Questo Ente ritiene che, riguardo alla situazione di Alitalia, il vigente quadro normativo non consenta l’applicabilità dell’articolo 802" ed esclude anche che "possano essere attivate azioni esecutive". Un assist al governo, all’Alitalia e alla Cai, giocato a spese di soggetti vigilati come gli aeroporti. Molti di questi, non a caso, fermano i decreti ingiuntivi. Passano due settimane e all’Enac arriva il parere dell’Avvocatura, datato 14 ottobre. A pagina 8 del documento, al momento di tirare le conclusioni, gli avvocati dello Stato Pierluigi Di Palma e Aldo Linguiti scrivono che si può applicare l’articolo 802 anche ad Alitalia: "Il fermo può essere disposto dalla direzione aeroportuale del luogo in cui si trova l’aeromobile". Non solo, ma l’Avvocatura spiega che "la procedura di fermo può essere attivata anche d’ufficio dall’Enac, qualora accerti la violazione degli obblighi relativi al pagamento dei diritti, tasse e tariffe aeroportuali". E infine, avverte l’ente che "in caso di specifica segnalazione del gestore, l’Enac, previa verifica della situazione d’insolvenza, non potrà esimersi dall’adottare il provvedimento richiesto, pena l’esposizione dell’Enac stesso al rischio di pretese risarcitorie extracontrattuali dei gestori". Con in mano un parere così allarmante, il 17 ottobre Manera innesca un’imbarazzata retromarcia. Il direttore dell’Enac scrive ad Assoaeroporti per chiarire che la nota del primo ottobre non voleva essere di freno a nessuno, e che anzi era stata oggetto di "erronea e fuorviante interpretazione". Dopo di che, a scanso di nuovi equivoci, ammette che si possono fermare i singoli aerei e anche chiedere al giudice ordinario le ingiunzioni di pagamento.  proprio questo carteggio riservato a spiegare che cosa sta succedendo ora nel ’backstage’ del grande salvataggio Alitalia-AirOne. Aeroporti di Roma, che secondo fonti del settore è esposta per 70 milioni verso Alitalia (37 con la vecchia società e 33 con quella gestita da Fantozzi) e per altri 30 verso AirOne, ha pignorato tre aerei alla ex compagnia di bandiera e sta ottenendo decreti ingiuntivi nei confronti della compagnia di Carlo Toto. Se si comporta con tanta audacia forse è perché è l’unico gestore veramente privato. La Gesac di Napoli, a capitale misto British Port Authority ed enti locali, è partita con diffide e decreti ingiuntivi per tutelare i suoi 4 milioni di crediti complessivi ed è uscita con clamore da Assoaeroporti, accusata di immobilismo, spingendo il presidente Di Paola alle dimissioni. La Sea, che gestisce Linate e Malpensa, è in grande imbarazzo: da un lato è esposta per 47 milioni con Alitalia (e chissà quanti con AirOne) e ha 900 dipendenti in cassa integrazione; dall’altro è guidata da manager del centro-destra poco vogliosi di far saltare il banco dei miracoli. Le stesse cautele si trovano un po’ ovunque, da Palermo (3 milioni) a Bari (8 milioni), da Torino (6 milioni) a Catania (3 milioni) e Genova (2 milioni solo con Alitalia). Alla fine, una stima prudente dei crediti a rischio si ferma a 200 milioni per l’epoca pre-Fantozzi e ad altri 100 per il trimestre in corso. Come riassume il senatore Marco Filippi, capogruppo del Pd in commissione Trasporti, "qui per salvare due compagnie aeree, si rischia di mandare a picco chi gestisce le infrastrutture e di mettere sul lastrico 15 mila lavoratori che non sono cittadini di serie B rispetto ai dipendenti di Alitalia e di AirOne".