Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  novembre 15 Sabato calendario

Barack Obama dà appuntamento a John McCain e pensa a Hillary Clinton come Segretario di Stato, rifacendosi in entrambi i casi all’esempio che gli viene dal presidente Abramo Lincoln

Barack Obama dà appuntamento a John McCain e pensa a Hillary Clinton come Segretario di Stato, rifacendosi in entrambi i casi all’esempio che gli viene dal presidente Abramo Lincoln. E’ stata la portavoce Stephanie Cutter da Chicago a far conoscere le due mosse del presidente-eletto. Tutto è iniziato nella tarda serata di giovedì, quando la carovana d’auto dell’ex First Lady è entrata nel parcheggio sotterraneo del quartier generale di Obama al 233 di North Michigan Avenue. L’incontro fra gli ex avversari nelle primarie democratiche è durato oltre un’ora e poco dopo sono stati due alti funzionari del «team Obama» a far sapere all’Associated Press di cosa si era parlato: l’ipotesi di assegnare a Hillary la guida del Dipartimento di Stato. Ieri mattina, parlando a New York, la Clinton è stata molto prudente: «Ogni decisione spetta al presidente eletto, non dirò nulla, gli unici a cui tocca parlare sono i portavoci del team della transizione». Ma il sorriso di Hillary tradiva la soddisfazione per essere entrata nella rosa dei candidati per la poltrona più ambita della nuova amministrazione, alla quale Obama affiderà il compito di «rilanciare le alleanze», come ha più volte detto durante la campagna. Sulla strada di Hillary vi sono però altri candidati: John Kerry, che vanta un credito nei confronti di Obama avendolo lanciato alla Convention di Boston del 2004; Bill Richardson, governatore del New Mexico che diventerebbe il primo Segretario di Stato ispanico; Richard Holbrooke, l’ex mastino della diplomazia negli anni dei Clinton. Ma Hillary ha una qualità in più, che ha poco a vedere con l’esperienza diplomatica di Holbrooke ed è l’esatto contrario dell’amicizia con Obama che vantano Kerry e Richardson: è stata una rivale politica del nuovo presidente. A sottolineare l’importanza di «lavorare assieme ai rivali» è stato proprio Obama, facendo trapelare da alcuni suoi collaboratori, l’apprezzamento per il libro «Team of Rivals» (Un team di rivali) nel quale Doris Kearns Goodwin ricostruisce la vita di Abramo Lincoln soffermandosi sulla sua abilità nel «portare al governo i propri avversari politici». Proprio su questo terreno Obama punta a distinguersi da Bush: se negli ultimi otto anni l’inqulino dello Studio Ovale ha voluto persone di assoluta fedeltà, personale e politica, Barack punta a governare l’America con un «team di rivali» al fine di «unire conservatori, liberal e indipendenti» come promesso nel discorso della vittoria. Si spiega così anche l’invito a John McCain, il repubblicano sconfitto nelle urne con una differenza di oltre 7 milioni di voti. L’appuntamento è sempre al 233 di North Michigan Avenue lunedì mattina. Stephanie Cutter precisa che per McCain non è in vista l’offerta di un posto nel governo ma Obama «guarda a lui per stabilire una solida collaborazione con il Senato» sin dall’inizio della nuova amministrazione, quando si tratterà di far ripartire l’economia. «I punti di raccordo fra Obama e McCain sono stati chiari a tutti durante la campagna elettorale» aggiunge Cutter, parlando di «comune interesse a dare al popolo americano un governo più efficace ed efficiente» a cominciare dai temi sui quali «la pensano alla stessa maniera» come la difesa dell’ambiente e la lotta allo sperpero di denaro pubblico. Se il richiamo a Lincoln, che accettò di pagare il prezzo di una guerra civile pur di unire l’America spaccata dalla schiavitù, consente di leggere le aperture a Hillary e McCain, il percorso scelto dal nuovo presidente non è privo di rischi. A cominciare dalla forte presenza di clintoniani nel proprio team che può farlo apparire un presidente quasi sotto tutela: dalla scuderia di Bill e Hillary vengono infatti non solo Emanuel e il portavoce Robert Gibbs ma anche John Podesta regista della transizione, Gregory Craig prossimo consigliere per la sicurezza, Anthony Lake uomo di punta sull’Iran e due dei maggiori consiglieri economici, Larry Summers e Robert Rubin, oltre ad una miriade di funzionari. A conferma che l’unico establishment democratico con cui si può governare Washington è clintoniano. Stampa Articolo