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 2008  novembre 14 Venerdì calendario

Ecco il succo del decreto legge urgente sull’Università votato dal Consiglio dei ministri Tagli, precariato, atenei privatizzati e aumento delle tasse universitarie Tutto confermato: i tagli, il blocco delle assunzioni, il precariato di massa, la liquidazione dei ricercatori, il potere dei baroni-manager, la volontà di privatizzare gli atenei ”virtuosi”, i pochi concorsi già banditi rinviati al 2009 Critiche dell’RNRP (ricercatori precari) e dell’ANDU (docenti)

Ecco il succo del decreto legge urgente sull’Università votato dal Consiglio dei ministri Tagli, precariato, atenei privatizzati e aumento delle tasse universitarie Tutto confermato: i tagli, il blocco delle assunzioni, il precariato di massa, la liquidazione dei ricercatori, il potere dei baroni-manager, la volontà di privatizzare gli atenei ”virtuosi”, i pochi concorsi già banditi rinviati al 2009 Critiche dell’RNRP (ricercatori precari) e dell’ANDU (docenti). il capo dello stato Napolitano e Modica (PD): ”Siamo soddisfatti” Minare la compattezza del movimento con le lusinghe di un ammorbidimento dei tagli e di miglioramenti alle norme di reclutamento del personale delle università. questo l’intento con il quale il 7 novembre il Consiglio dei ministri ha approvato, su proposta del ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, Mariastella Gelmini, un decreto-legge recante ”Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca”. Le televisioni e i giornali hanno subito fatto da megafono alla conferenza stampa del ministro sanguisuga secondo il quale il provvedimento servirebbe a: ”1) favorire il reclutamento di giovani ricercatori nelle Università; 2) incentivare con una quota significativa del finanziamento statale (7%) le Università che, sulla base di parametri oggettivi di valutazione, favoriscono la ricerca ed il merito; 3) prevedere parametri oggettivi per la valutazione dei professori e dei ricercatori e per la formazione delle Commissioni di valutazione; 4) stanziare nuove risorse per favorire la realizzazione di residenze universitarie e consentire a tutti i capaci e meritevoli aventi diritto di usufruire delle borse di studio”. Quanto fumo per annebbiare la vista di chi non conosce la situazione delle università italiane! Contro i feudi baronali? Prima di esaminare in dettaglio gli inganni contenuti nei provvedimenti Gelmini dobbiamo quindi dare conto del tam-tam dei mass-media del regime neofascista che vuole far credere all’opinione pubblica che l’insieme degli interventi del governo del neoduce Berlusconi sull’università servono ad eliminare i feudi dei baroni, dei quali il movimento studentesco sarebbe strumento e fantoccio. Nulla di più falso! Il potere delle gerarchie accademiche oggi si fonda essenzialmente su cinque architravi: 1. Un diffuso precariato, fondato sul continuo ricatto e il lavoro non retribuito; 2. Un decennale sottofinanziamento del sistema dell’alta formazione e dalla ricerca; 3. La mancanza di trasparenza nei concorsi e la gestione clientelare degli atenei; 4. La forte gerarchia degli organi di governo accademici; 5. Le controriforme precedenti, che hanno disseminato i percorsi di studi di sbarramenti e doppi binari e spinto gli Atenei a far proliferare sedi e corsi alla ricerca di finanziamenti, di tasse e di balzelli, o peggio, di ”appoggi politico-territoriali”. Ebbene, i provvedimenti Gelmini-Tremonti non intaccano neanche uno di questi pilastri. Il finanziamento invece di aumentare diminuisce ancora, i tagli da 1,5 miliardi di euro del Fondo di finanziamento ordinario della legge 133 sono confermati. Mentre la ministra già avanza la proposta di aumentare le tasse ai fuori-corso, che peraltro raggiungono il 66% del totale dei laureati. Nel capitolo delle linee guida per l’università dedicato alla ”governance” è scritto chiaro che aumenterà l’accentramento del potere nella mani del Rettore e del Cda ”in modo che possa realmente assumere la piena responsabilità delle sue decisioni”. Il blocco del turn-over viene confermato. Nessuna norma è tesa a garantire percorsi certi di ingresso dei giovani e dei precari. Viene confermata la cancellazione della figura del Ricercatore universitario. Il reclutamento e le progressioni di carriera avvengono con il contagocce e restano saldamente nelle mani della casta dei professori ordinari. La tattica del governo mira piuttosto a selezionare quei rettori, presidi e baroni disposti ad accettare l’università della terza repubblica, in primo luogo la trasformazione in fondazioni private, e punire gli altri che si sono in vario modo schierati in difesa della università pubblica. Una manovra di cui si è fatta interprete la filoconfindustriale e filogovernativa emanazione della Crui (Conferenza dei Rettori) denominata Anquis. Il grimaldello è contenuto nella linee guida per la riforma dell’università approvate lo stesso 7 novembre dal Consiglio dei ministri e in particolare in quel capitolo chiamato ”riforma della governance”: promossa e condivisa anche dal Pd di Veltroni essa trasformerà i Rettori in manager e sostituirà la figura del barone burocrate e corrotto con il suo feudo clientelare con quella del barone-imprenditore con la sua cattedra d’azienda di stampo padronale, legalmente clientelare e legalmente corrotta. Il nodo del reclutamento e dei concorsi Tornando al decreto urgente Gelmini esso conferma il blocco del turn over per gli Atenei: dal 20 al 50%. Le università potranno assumere giovani ricercatori e docenti - anche in numero di due-tre - al posto dei professori che vanno in pensione, ma, attenzione, ciò dovrà avvenire ”a costo inalterato”, il che probabilmente significa che i neoassunti si dovranno accontentare di stipendi più bassi (leggi gabbie salariali). Non solo. ”Gli atenei con i bilanci in perdita non potranno bandire concorsi per docenti o personale amministrativo” ed è bloccato il reclutamento di ricercatori, associati e ordinari anche ”nelle università che dedicano agli assegni fissi per il personale più del 90% del fondo statale”, come gli atenei di Bari, Cassino, Firenze, L’Aquila, Napoli (l’Orientale), Pisa, Trieste, Urbino, Siena. Ai precari dell’università e della ricerca dunque si lascia l’illusione di potere accedere ad una manciata di nuovi posti, che tuttavia rischiano di non poter essere banditi per mancanza di fondi. ” un vincolo di spesa, non di numero di posti” - ha infatti spiegato il ministro. La conferma più scandalosa sono infatti i tagli, spaventosi. Secondo alcune stime le università dovranno cedere allo stato il 50% del fondo proveniente dai pensionamenti, senza contare la stangata in Finanziaria. Verranno premiate con più finanziamenti, trasferiti direttamente dal Ministero, solo quelle università che ”ridurranno sedi distaccate non funzionali e corsi di laurea in eccesso rispetto alle reali esigenze formative degli studenti e alle richieste del mondo del lavoro”. Si tratta dei cosidetti atenei ”virtuosi” individuati ”attraverso i parametri di valutazione Civr, Cnvsu e modelli internazionali”. Il ministro Gelmini ha sostenuto che il ricorso alla decretazione d’urgenza è stato necessario per modificare le procedure dei concorsi universitari, anche quelli già banditi, con scadenza 10 Novembre. Il nuovo sistema, ha assicurato l’esponente del governo, posticiperà solo ”di poche settimane” i concorsi e che le nuove commissioni dovrebbero essere insediate ”entro il mese di gennaio 2009″. Una nota dell’Andu - associazione nazionale docenti universitari chiarisce: ”la soluzione inventata all’ultimo minuto in Consiglio dei Ministri, toglie ogni fondamento allo ”stato di emergenza’ invocato dal Ministro per giustificare lo strumento del decreto-legge. Infatti quanto approvato non cambia nulla rispetto alla sostanza delle norme attuali: fino ad oggi la commissione veniva composta dal membro interno (colui al quale era stato ”assegnato’ il posto per poterlo ”girare’ al suo allievo) e lo stesso membro interno invitava quattro colleghi ”esterni’, per i posti a professore, e due, per i posti a ricercatore, a candidarsi per farsi eleggere nella commissione. Da domani, ”invece’, il membro interno chiederà a dodici colleghi, per i posti a professore, e a sei colleghi, per i posti a ricercatore, di candidarsi per farsi eleggere nella rosa da cui sorteggiare i quattro (e due) membri della commissione. Significa insomma cambiare tutto per non cambiare nulla”. Lo stesso Giuliano Cazzola del Pdl è scettico: ”Si complicano le procedure senza mutarne la sostanza”. Verranno inoltre cancellati gli esami scritti e orali, dove, come si sa, è minore il potere discrezionale delle commissioni. Fatto ancor più grave il ministero sancisce, dando attuazione alla controriforma Moratti, che il reclutamento è anche a tempo determinato. Fino ad oggi il reclutamento a TD è stato nella quasi totalità dei casi legato ai ”fondi esterni”, ora si ufficializza il suo utilizzo sui FFOO. In assenza di norme che cancellino il ricorso ad assegni, borse, contratti questo non significa il miglioramento della condizione per i precari ma l’affossamento definitivo di ogni prospettiva di reclutamento vero. La rete ricercatori precari infatti denuncia: ”Il decreto non amplia le possibilità di reclutamento!! Nessuno di noi avrà più possibilità domani di quante ne abbiamo avute fino ad oggi. Entrate nel merito di queste modalità, provate ad immaginarle attuate!! Il problema dei concorsi non è solo dato dalle modalità di valutazione del candidato ma anche dalle modalità di composizione delle commissioni. Questo decreto ancora non è chiaro sul primo punto (e quindi non sarei così ottimista) e ci prende in giro sul secondo”. Taglio dei fondi, blocco delle assunzioni, deregolamentazione selvaggia dei contratti di lavoro, cancellazione del ricercatore universitario, trasformazione in Fondazioni sono parte di un’unica strategia funzionale alla ritirata dello Stato dal campo dell’istruzione e della ricerca . A riassumere la situazione sono ancora una volta i docenti precari: ”sistematicamente con l’autonomia universitaria gli Atenei privilegiano i passaggi di carriera sulle nuove assunzioni… I concorsi della II sessione 2007 sono ancora quelli del primo anno di reclutamento straordinario. Il reclutamento per il 2008 è ancora bloccato e i concorsi della I sessione 2008 a ricercatore non sono cofinanziati. Un vincitore di concorso dovrà aspettare il 2013 per entrare in ruolo. Dei 5.204 concorsi banditi nel 2008, 3.327 sono per nuovi ricercatori. Gli altri 1.800 sono avanzamenti di carriera. Ebbene con 1984 pensionamenti la legge 133 stabilisce che appena 397 vincitori di concorso su oltre cinquemila prenderanno servizio nel 2009. E quasi tutti i 397 fortunati saranno avanzamenti di carriera. Tutto ciò a fronte di numeri catastrofici. L’Italia è ferma all’1% del Pil ed ha la metà dei ricercatori e docenti della media dei paesi europei, 2,7 contro 5,1 ogni mille abitanti. Nei prossimi 4 anni il numero dei docenti universitari italiani si contrarrà di almeno 8.000 unità (-13%). Se l’Italia volesse essere in media con l’Europa (già indietro a Usa e Asia) dovrebbe avere 117.000 ”strutturati”. Invece il personale strutturato è di appena 62.000 unità la legge 133 lo farà scendere nel 2012 a 54.000. E siccome la 133 è vessatoria soprattutto verso i giovani, chi resterà avrà un’età media altissima: 55 anni, contro i 41 della Spagna e i 42 della Gran Bretagna”. Briciole per gli studenti e i precari della ricerca Sempre per quanto riguarda il capitolo ”fondi”, il ministro Gelmini ha annunciato che ”cinquecento milioni di euro saranno assegnati agli atenei più virtuosi” e ”135 milioni di euro per borse di studio a favore di 180 mila ragazzi più meritevoli” Il Cdm ha dato anche il via libera a uno schema di Dpr che autorizza il ministero dell’Istruzione ad assumere personale docente di prima e seconda fascia presso le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica: (110 unità di personale in tutto). Poco meno di qualche elemosina per provare a buttare acqua sul fuoco della rivolta delle università che sta ben coordinandosi con quella della scuola. Mentre gli studenti e precari della docenza e della ricerca davano vita ad un’altra grande giornata di mobilitazione in difesa dell’università pubblica il ministro della d-istruzione incassava gli applausi della Conferenza dei rettori che esprimeva ”un forte e pieno apprezzamento per il provvedimento”. Anche il responsabile università del Pd Luciano Modica vedeva nel decreto ”una inversione di rotta”. ”Queste linee guida sono assolutamente condivisibili. Ne prendo atto con soddisfazione” affermava Maria Pia Garavaglia - ministro ombra Pd dell’istruzione, che avrebbe dato l’ok per il ddl sull’Università in un incontro a porte chiuse al ministero di viale Trastevere. ”Saluto come positivo - ha affermato Vittorio Emanuele Napolitano - che stia per essere sottoposto alla mia firma un provvedimento di urgenza del governo che costituisce una concreta apertura verso le preoccupazioni della ricerca e le aspirazioni dei giovani ricercatori”. Accogliere la rivendicazione del grande movimento di protesta: abrogare la Legge 133/2008 che prevede: - il blocco del turn over - il taglio dei finanziamenti - la trasformazione degli Atenei in Fondazioni private - il trasferimento di ”ingenti risorse” pubbliche alla Fondazione private, come l’IIT di Genova. questo il decreto-legge urgente che doveva presentare la Gelmini. Ora e subito dimissioni! www.pmli.it