Giovanni Caprara, Corriere della Sera 14/11/2008, 14 novembre 2008
MILANO
«Mi è venuto quasi un attacco di cuore quando mi sono reso conto di avere davanti la prima fotografia di un pianeta extrasolare». Paul Kalas dell’Università della California a Berkeley fatica a trattenere l’entusiasmo per la storica scoperta frutto, ancora una volta, del telescopio spaziale Hubble della Nasa. Il risultato è straordinario anche dal punto di vista dell’indagine costruita con la pazienza e la tenacia di un detective. La prima immagine che rimarrà dunque nei libri è quella del pianeta «Fomalhaut b» in orbita attorno alla stella Fomalhaut nella costellazione del «Pesce australe»; un astro vicino alla Terra (25 anni luce) molto giovane, di soli duecento milioni di anni e 16 volte più brillante del Sole.
La storia inizia addirittura agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso quando il satellite Iras registra nell’infrarosso la presenza di materiale nel circondario della stella. Era un primo indizio dal quale Kalas, allora ancora studente, partirà con la convinzione che ci potesse essere qualcosa di più interessante di una nuvola di polveri. Nel 2001 Kalas e altri sei astronomi uniscono le forze e puntano Hubble nella direzione di Fomalhaut nella speranza di veder più chiaramente come stavano le cose. Centinaia di riprese venivano analizzate rivelando un mondo già ben organizzato e definito. Ma la sorpresa arrivava da un confronto tra una fotografia del 2004 ed un’altra del 2006. Un puntino giallo che ad un occhio inesperto sembrava uno dei tanti intorno alla stella era invece un corpo consistente: ecco il primo fotogramma di un pianeta extrasolare.
Finora con varie tecniche sono stati trovati in cielo circa 300 pianeti extrasolari, ma nessuno è mai stato visto. La loro presenza veniva certificata solo indirettamente per le anomalie nel comportamento della stella madre o per un indebolimento della sua luminosità. Invece è arrivata la sorpresa. Kalas e colleghi hanno avvistato il profilo di Fomalhaut nel disco di polveri e corpi ghiacciati che circonda la stella madre analogamente alla fascia di Kuiper avvolgente la nostra Terra e dove si trovano Eris e Plutone.
«Fomalhaut b» è un pianeta gassoso e caldo simile al nostro Giove con una taglia però forse tre volte superiore ed ha probabilmente gli anelli come il nostro Saturno. Parlare di possibilità di vita è impossibile, a meno che non non si fantastichi su forme biologiche stranissime come aveva sognato Carl Sagan per l’atmosfera gioviana. Per compiere un giro intorno all’astro, inoltre, impiega 872 anni terrestri (la Terra 365 giorni) mentre la sua posizione è nel bordo interno del disco di gelida materia, a circa 17,6 miliardi di chilometri dalla superficie della stella. Proprio questa grande distanza ha permesso a Hubble di vederlo e seguirlo: se fosse stato più vicino l’abbagliante luce stellare lo avrebbe impedito.
Ma le caratteristiche dell’ambiente fanno immaginare la ricerca soltanto come un primo passo proiettato verso altre presenze planetarie. «Riteniamo che nello spazio tra il nuovo corpo celeste e l’astro-madre vi siano oggetti forse simili alla Terra ma per riuscire a distinguerli dobbiamo aspettare il lancio del successore di Hubble, il James Webb Space Telescope che partirà nel 2013 guardando nell’infrarosso », nota Mark Clampin del centro Goddard della Nasa, uno degli autori dell’indagine e coordinatore del progetto del nuovo telescopio. L’imprevista scoperta riaccende ancor di più la corsa, sempre più accelerata, al gemello della nostra Terra.
GIOVANNI CAPRARA PER IL CORRIERE DELLA SERA DI VENERDì 14 NOVEMBRE 2008