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 2008  novembre 20 Giovedì calendario

L’espresso, giovedì 20 novembre Al di là dell’orizzonte della City di Londra, coperto da nuvoloni veri e metaforici, Jim O’Neill vede arrivare il sole

L’espresso, giovedì 20 novembre Al di là dell’orizzonte della City di Londra, coperto da nuvoloni veri e metaforici, Jim O’Neill vede arrivare il sole. Il capo economista di Goldman Sachs, la celebre banca d’investimenti mondiale ritornata dall’abisso della bancarotta sotto forma di banca commerciale, è convinto che stia per arrivare il sereno non solo per gli interventi salvifici dei governi, ma anche grazie all’Africa, futuro Eldorado degli investimenti. "Potremmo avere una prima schiarita già dal gennaio 2009", sostiene O’Neill: "Ora che la politica ha superato l’ossessione per il ’moral hazard’ (teoria secondo cui le banche non dovrebbero essere salvate per non autorizzare l’irresponsabilità morale, ndr), le politiche d’intervento e il coordinamento mondiale possono ancora evitare che il fantasma della recessione resti in circolazione per più di due trimestri. E la discesa del prezzo del petrolio permette un incremento della fiducia nelle nazioni non soffocate dal debito, in Asia ma anche in Europa continentale, in particolare in Germania". Siamo o non siamo in recessione? E la globalizzazione ha reso più grave la crisi e renderà più difficile uscirne? "Tecnicamente identifichiamo una recessione mondiale con una crescita del Pil del 2,5 per cento. La nostra ultima previsione per il 2009 è del 2,3. L’interconnessione delle economie farà sì che l’Occidente ne uscirà più facilmente grazie ai paesi in crescita, dove ci sono enormi potenziali e risparmi: Brasile, Russia, India e Cina. E poi l’Africa ha uno straordinario potenziale. Sono stato spesso in disaccordo con il vostro ministro Giulio Tremonti e le sue teorie sulla fine del ’mercatismo’. La globalizzazione resta un fatto altamente positivo". Di chi è stata la colpa di questo terremoto? "Non esiste un responsabile unico. La responsabilità è diffusa. facile prendersela con i banchieri. Ma è sbagliato. Non spetta ai banchieri autoregolarsi. Spetta ai governi proteggere l’interesse pubblico". Ma Goldman Sachs consiglia i governi. Perché non avete previsto la vostra stessa fine? "Nessuno poteva prevedere la severità della reazione. L’implosione di Lehman Brothers in settembre ha rivelato la magnitudine. Prima si sapeva che c’era una bolla, ma nessuno voleva prendersi la responsabilità di bucarla. Faccio questo mestiere da 25 anni e ne ho viste di crisi. Ogni volta, dopo un breve aggiustamento, prevale la natura umana, che è spinta dalla paura e dall’avidità. Se non è trattenuta da regolamenti stringenti, la natura umana va avanti fino all’abisso". La colpa è stata quindi solo dei governi? "Non completamente. Ma i governi hanno una grande responsabilità. Prenda il premier Gordon Brown: l’anno scorso ha aspettato il panico fuori alla banca Northern Rock prima di decidersi a nazionalizzarla. Ma nell’ultimo mese ha fatto le cose più giuste. La politica fiscale espansiva e il taglio di un punto e mezzo dei tassi sono la direzione giusta. Devono essere seguite dagli altri paesi. Gli stimoli fiscali però ora sono più importanti di qualsiasi regolamento. Li vedremo anche da Obama, e in Cina. Ma anche la Germania si deve svegliare. L’Europa ha bisogno degli 80 milioni di consumatori tedeschi". Basteranno? "Non per l’economia britannica, che è grippata dalla mancanza di liquidità. Brown deve iniettare liquidità al più presto per sbloccare i mutui. Che senso ha nazionalizzare una banca come Northern Rock, e poi non usarla per aiutare i suoi principali azionisti?". Che cosa cambia adesso per le banche finite di fatto nelle mani dei loro correntisti ? "Siamo in un territorio inesplorato. Di sicuro il modello spagnolo è un esempio, con il Banco Santander. La Banca di Spagna ha tratto le lezioni giuste dagli shock degli anni Settanta, e ha implementato regole di trasparenza e solidità della base finanziaria". Ma come può essere tutelato il bene primario dell’interesse pubblico? "C’è bisogno di un ’early warning’ per chi è al comando, una sorta di indice sulla stabilità finanziaria. Indispensabile anche la trasparenza, su come funzionano e come si finanziano i prodotti che si vendono, come i credit default swap". Tra gli eccessi, i bonus: l’anno scorso il vertice della Goldman Sachs ha ricevuto 203 milioni di dollari. Siamo alla fine della cultura dei bonus eccessivi? "Bisognerebbe vietare ai banchieri di avere jet privati. Fa male a loro e all’ambiente. Ma è ingenuo pensare che le cose cambieranno radicalmente. I bonus sono parte integrante del sistema. I salari di base non sono alti. E con i bonus si attirano i migliori talenti e si premia la loro performance. Ci sarà per qualche anno più moderazione, ma alla fine l’incentivo economico resta la molla del capitalismo". Quindi lei non crede che questo sia il fallimento del libero mercato ? "No. Nella storia dell’umanità le classi medie non hanno mai avuto tante opportunità. E il nostro lavoro a Goldman Sachs, con uno dei sistemi più rigorosi di ricerca e di valutazione dei rischi degli investimenti, ha contribuito a tirar fuori dalla povertà milioni di persone nel mondo. Se il nostro lavoro non creasse prosperità per i più, allora sarei d’accordo che premiarlo con i bonus sarebbe sbagliato. Ma non è così". Come vede l’Italia? " un mistero capire perché non faccia le riforme macroeconomiche: vendere Alitalia, investire nell’occupazione femminile che aumenta la produttività, sviluppare il potenziale per il turismo di qualità". Quando si calmeranno i mercati ? "Resteranno volatili per un po’, ma si aggiusteranno non appena si avranno segni di schiarita. Un G 20 di successo a Washington, sostenuto da politiche fiscali espansive, potrebbe far salire la quotazione della speranza sulla paura, che è ciò di cui abbiamo bisogno". Annalisa Piras