Laura Maragnani, Panorama 20/11/2008, 20 novembre 2008
Panorama 20/11/2008 Il problema, stringi stringi, è che ora c’è una pietra di paragone: Eluana Englaro
Panorama 20/11/2008 Il problema, stringi stringi, è che ora c’è una pietra di paragone: Eluana Englaro. E quanti di noi vorrebbero ”che la loro vita finisse come quella di Eluana? Io per esempio no. Mai”. Federico Orlando è il condirettore del quotidiano del Pd Europa e ha preso qualche mese fa una grande decisione. Non ha atteso novembre per leggere l’ennesima sentenza della Cassazione sulla sorte di Eluana Englaro, da 18 anni in coma irreversibile. Né ha aspettato di scoprire quale corrente di pensiero (i laici alla Ignazio Marino o i teodem come Paola Binetti ed Emanuela Baio Dossi?) la spunterà nel Pd su un tema così rovente come le disposizioni per la fine della vita. Ha preso carta e penna e ha copiato il modulo della Fondazione Veronesi: ”In caso di malattia o lesione traumatica cerebrale irreversibile e invalidante, o di malattia che mi costringa a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che mi impediscano una normale vita di relazione, chiedo di non essere sottoposto ad alcun trattamento terapeutico o di sostegno”. Poi ha nominato un fiduciario per far rispettare le sue volontà. Ha firmato, ha consegnato una copia al notaio. Certo non si illude: ”Adesso come adesso le mie volontà non contano nulla. Il vuoto legislativo è tale che qualunque medico può dire: la tua dichiarazione non ha valore legale”. E dunque? ”Sono pronto a dare battaglia. Chi deve decidere della mia vita? Io o un medico che magari non mi ha mai visto?”. Bella domanda, anzi cruciale. A partire dal caso Englaro se la stanno ponendo migliaia di italiani: ”Uomini e donne in egual misura, per la maggior parte residenti nel Centro-Nord, a partire dai 40 anni e con punte massime tra i 60 e gli 80″ calcola Micaela Ghedini della Fondazione Veronesi di Milano. Il grande oncologo guida lo schieramento per l’approvazione del ”testamento di vita”, di cui in migliaia, come Orlando, hanno scaricato il testo da www.fondazioneveronesi.it. Cliccati anche il sito dell’associazione Coscioni (indicazioni di ”soccorso civile” a www.lucacoscioni.it) e quello dell’Aduc (www.aduc.it). In 1.380 hanno già consegnato copia delle loro ultime disposizioni a Exit (www.exit-italia.it). Il Consiglio nazionale dei notai (modulo su www.notariato.it) parla di ”una vera e propria istanza sociale”: ”Io da solo ho in agenda cinque testamenti di vita per la settimana prossima” informa Ernesto Quinto Bassi, notaio a Cagliari e responsabile dei notai per la ”dignità giuridica del fine vita”. Tema sentitissimo, a quanto pare: il Consiglio nazionale del notariato ha predisposto un registro telematico nazionale a disposizione dei medici che vogliano accertare le volontà dei pazienti. ”In 24 ore potremmo renderlo operativo” garantisce Quinto Bassi. Ma il problema, dice, è sempre quello: manca la legge. Nell’attesa, chi vuole si arrangia. Scritture private consegnate all’avvocato di fiducia (gratis: lo ha deciso il Consiglio nazionale forense), testamenti di vita redatti dal notaio al prezzo politico di 10 euro (spesso anche nulla), dichiarazioni firmate, fotocopiate e distribuite ad amici, parenti e medici di base. Il problema è non fare come Eluana, insomma, e lasciare scritto nel modo più chiaro possibile il proprio no a rianimazione cardiopolmonare, tracheostomia, alimentazione e idratazione forzate. Paolo Ravasin, iscritto all’associazione Coscioni, malato di Sla a Treviso, il suo testamento biologico l’ha dettato a una telecamera nel marzo scorso. Marco Pannella le sue ultime volontà le ha espresse in diretta più volte su Radio radicale. Ignazio Marino, alfiere del testamento biologico nella scorsa legislatura, si è schierato nell’aula di Palazzo Madama. Antonio Polito, direttore del Riformista (ha messo in prima pagina il modulo di Veronesi), è il fiduciario della sua compagna. E avanti. Se l’ex presidente della Provincia di Milano Ombretta Colli ha reso pubbliche le sue disposizioni di fine vita in un’intervista a Diva e donna, gli iscritti alla cellula di Lecco dell’associazione Coscioni hanno spedito le loro ultime volontà al sindaco, chiedendogli di farsene garante. I 1.380 soci di Exit, l’associazione torinese per l’eutanasia, hanno invece risolto la questione in modo più radicale: ”Io mi sono iscritto a Dignitas, un’associazione di Zurigo che garantisce l’accompagnamento al suicidio assistito. Altri hanno scelto Ex International di Berna” spiega il fondatore Emilio Coveri. ” giusto che per morire con dignità e senza inutili sofferenze si debba andare all’estero?”. Di una legge sul testamento biologico, o di vita, o di fine vita, in Italia si parla da molto tempo. Solo nel 2008 al Senato sono state presentate 10 proposte di legge; l’esame comincerà la settimana prossima in commissione Sanità, e non saranno rose e fiori. ”Su molti temi, come il consenso informato o il registro nazionale dei testamenti biologici, siamo tutti d’accordo” spiega il relatore Raffaele Calabrò, del Pdl. ”Ma sull’obiezione di coscienza per i medici, sull’alimentazione e sull’idratazione forzata prevedo battaglia”. La radicale Donatella Poretti è pessimista: ”C’è il rischio che ancora una volta l’ultima decisione spetti al medico e non al paziente”. Però il 3 novembre a Modena c’è stato un colpo di scena. Un cinquantenne in ottima salute ha ottenuto dal tribunale la garanzia che, in caso di lesione cerebrale gravissima o coma irreversibile, non sarà sottoposto a trattamenti forzati di rianimazione, alimentazione e idratazione. Come ha fatto? Semplice: il suo avvocato, Maria Grazia Scacchetti, docente di diritto romano a Reggio Emilia e Modena, ha forse trovato l’uovo di Colombo: ”La legge sull’amministratore di sostegno, approvata nel 2004 dal precedente governo Berlusconi, è perfettamente utilizzabile anche per le disposizioni di fine vita”. Con la spesa di 159 euro per la registrazione del ricorso, più 7 euro di marche da bollo, l’uomo di Modena ha così ottenuto che il giudice tutelare nominasse la moglie e, in subordine, la figlia come suoi amministratori di sostegno in caso di incapacità fisica o mentale. A loro ha invece affidato un elenco preciso dei trattamenti cui non vuole essere sottoposto. Il giudice Guido Stanzani gli ha dato ragione su tutti i fronti. Almeno lui non si troverà nella situazione di Eluana. Laura Maragnani