Paolo Rumiz, la Repubblica 14/11/2008, 14 novembre 2008
Giù le mani dall´acqua del sindaco. Dal Piemonte alla Sicilia, nell´Italia bastonata dalla crisi è nata una nuova resistenza, contro la privatizzazione dei servizi idrici
Giù le mani dall´acqua del sindaco. Dal Piemonte alla Sicilia, nell´Italia bastonata dalla crisi è nata una nuova resistenza, contro la privatizzazione dei servizi idrici. Una resistenza che parte dal basso e contesta non solo il Governo, ma il Parlamento, che il 6 agosto, mentre il Paese era in vacanza, ha approvato una norma-bomba (unica in Europa) con il "sì" dell´opposizione. Non se n´è accorto quasi nessuno: quel pezzo di carta obbliga i Comuni a mettere le loro reti sul mercato entro il 2010, e ciò anche quando i servizi funzionano perfettamente e i conti tornano. Articolo 23 bis, legge 133, firmata Tremonti. La stessa che privatizza mezza Italia e ha provocato la rivolta della scuola. Leggere per credere. Ora i sindaci hanno letto. Quelli di destra e quelli di sinistra. E subito hanno mangiato la foglia. «Ci avete già tolto l´Ici. Se ci togliete anche questo - dicono - che ci rimane?» La partita è chiara: non è solo una guerra per l´acqua, ma per la democrazia. Col 23 bis essi perdono contemporaneamente una fonte di entrate e la sorveglianza sul territorio. Il federalismo si svuota di senso. Il rapporto con gli elettori diventa una burla. Lo scenario è inquietante: bollette fuori controllo, e i cittadini con solo un distante "call center" cui segnalare soprusi o disservizi. Insomma, l´acqua come i telefonini: quando il credito si esaurisce, il collegamento cade. Non riesco a copiare il resto dell’articolo