Slavoj Zizek, Internazionale n.769 7-13 novembre 2008, 13 novembre 2008
Il cuore di tenebra della giungla congolese si trova negli uffici delle nostre imprese high-tech. Una indagine Onu sullo sfruttamento illegale delle risorse naturali dell’RDC condotta nel 2001 ha mostrato che i conflitti che dilaniano il paese riguardano principalmente l’accesso, il controllo e il commercio di cinque minerali chiave: coltan, diamanti, rame, cobalto e oro
Il cuore di tenebra della giungla congolese si trova negli uffici delle nostre imprese high-tech. Una indagine Onu sullo sfruttamento illegale delle risorse naturali dell’RDC condotta nel 2001 ha mostrato che i conflitti che dilaniano il paese riguardano principalmente l’accesso, il controllo e il commercio di cinque minerali chiave: coltan, diamanti, rame, cobalto e oro. Signori della guerra locali ed eserciti stranieri si avvantaggiavano dello stato di guerra civile permanente e del fallimento dello stato centrale congolese. In particolare i leader politici di Uganda e Ruanda avevano trasformato le loro truppe in eserciti del business: in un anno e mezzo le forze ruandesi incassarono almeno 250 milioni di dollari vendendo coltan, un minerale usato per fabbricare cellulari e computer portatili. Dopo la caduta di Mobutu, il Congo non esiste più come stato unitario funzionante. La sua zona orientale è un insieme di territori dominati da signori della guerra locali che controllano ciascuno la sua porzione grazie a eserciti formati, tra l’altro, da bambini drogati. Ognuno di loro ha rapporti con questa o quell’impresa che sfrutta le ricchezze minerarie della regione. Il 30 ottobre il generale ribelle a capo dei tutsi, Nkunda, ha annunciato di voler trattare col governo purchè questo rinunci a un accordo con la Cina, con cui questa verrebbe ammessa ai giacimenti minerari in cambio della costruzione di un’autostrada e di una ferrovia. L’accordo forse è neocolonialista, come denuncia Nkunda, ma sicuramente è una minaccia per gli interessi dei signori della guerra locali. Il paradosso è che molti di quei minerali che vengono forniti alle multinazionali dai signori della guerra servono a fabbricare prodotti high-tech. Insomma, altro che usanze selvagge della popolazione locale: basta eliminare le società high-tech straniere dall’equazione, e tutto l’edificio della guerra etnica crolla come un castello di carte. Non meno paradossale è il fatto che tra i principali sfruttatori del Congo ci siano i tutsi del Ruanda, le vittime del genocidio di quattordici anni fa. Quest’anno il governo ruandese ha pubblicato alcuni documenti che proverebbero la complicità del presidente francese Mitterrand e della sua amministrazione nel genocidio, per riconquistare influenza nella regione. La Francia ha liquidato le accuse come infondate, ma far processare davanti a una corte internazionale, anche se in modo postumo, un leader occidentale che agisce spacciandosi per protettore della libertà e dei diritti umani sarebbe un fatto storico. Il processo svelerebbe la complicità delle potenze dell’Occidente liberale con quella che i mezzi d’informazione ci presentano come un’esplosione di barbarie del terzo mondo.