Internazionale, n.769, 7-13 novembre 2008 (fonte: Paul Collier, The Guardian), 13 novembre 2008
La presente situazione del Congo insegna che le Nazioni Unite devono cambiare strategia di intervento nei paesi che escono da un conflitto
La presente situazione del Congo insegna che le Nazioni Unite devono cambiare strategia di intervento nei paesi che escono da un conflitto. Da molto tempo la comunità internazionale basa la sua strategia preventiva su un’ingenua fede nel potere delle elezioni, da cui emergerebbe sempre un governo legittimo, portatore di pace e benessere. Nella RDC le elezioni presidenziali si sono svolte il 29 ottobre 2006 e ai paesi donatori sono costate 500 milioni di dollari. La comunità internazionale aveva riposto così tanta fiducia in questo modello, che aveva fissato al 30 ottobre il termine per il ritiro delle forze Onu. Invece le elezioni hanno provocato scontri su vasta scala tra le forze fedeli al candidato sconfitto, Jean-Pierre Bemba, e quelle del vincitore, Joseph Kabila. Nelle società con livelli di reddito molto bassi la democrazia pare non incoraggi le prospettive di pace, anzi: sembra accresca i pericoli. E dopo un conflitto le elezioni non solo aumentano i rischi di recrudescenza dello scontro, ma li accelerano, perchè spesso chi è sconfitto non accetta i risultati, e il vincitore vuole vendicarsi. In questi casi, non si può lasciare il paese solo con la democrazia, come se fosse in sè la panacea. La sicurezza e lo sviluppo economico vanno appoggiati dall’esterno. La sicurezza va assicurata da una presenza militare di peacekeeping per lungo tempo. Per combattere la povertà, servono aiuti consistenti e distribuiti in modo nuovo: non ci si può affidare alla burocrazia statale, che tende a essere inefficiente e corrotta. Per creare posti di lavoro e ricchezza, in un paese ricco di materie prime come il Congo, il settore ideale è l’edilizia. Settori di vitale importanza, come la sanità, dovrebbero essere invece affidate a soggetti esterni come ong e chiese. Lo stato, per un certo tempo, dovrà sottoporre i propri bilanci a verifiche costanti della comunità internazionale.