vari, la Repubblica 13/11/2008, 13 novembre 2008
RICCARDO STAGLIANO’ SULLA REPUBBLICA DI GIOVEDì 13 NOVEMBRE 2008
Affezione delle vie respiratorie, aumento della temperatura corporea e delle ricerche su Google. La sintomatologia influenzale, al tempo di internet, si declina così. Perché se cominci a consumare dieci fazzoletti al giorno e poi ti fanno anche male i muscoli chiedi al motore di ricerca, prima ancora che al medico della mutua, cosa prendere. E se oltre a te, in quegli stessi giorni, le stesse parole chiave (influenza, raffreddore, febbre) le digitano altre migliaia di persone vuol dire che la Cinese, la Spagnola o come l´avranno battezzata quell´anno, è arrivata. La differenza è che adesso Google, il super confidente globale, se ne accorge ancor prima degli ospedali. Perché non c´è nessuno che da solo sappia così bene - sia l´iPhone, Scarlett Johansson o Obama - a cosa pensa il mondo. E a cui il mondo volenterosamente lo racconti. Perché le parole che cerchiamo sono ciò che ci interessa. Ci eccita. O ci preoccupa. La nostra autobiografia inconscia.
L´ultima incarnazione del «grande orecchio» come termometro dell´opinione pubblica è Google Flu Trends. Il «grande orecchio», in questo caso, presta i suoi muscoli informatici alla causa della sanità pubblica. Funziona che i termini pertinenti con la malattia vengono analizzati dal motore di ricerca e organizzati in grafici che mostrano l´incidenza temporale e anche quella geografica, per ora solo negli Stati Uniti, del virus. E funziona benissimo se, come si scopre adesso, i dati interni di Google avevano «capito» con due settimane di anticipo rispetto ai Centers for Disease Control and Prevention, l´agenzia federale preposta, lo scoppio dell´influenza del febbraio scorso tra New York, New Jersey e Pennsylvania. Gli epidemiologi battuti reagiscono con il fair play laico degli scienziati. «Prima riusciamo a lanciare l´allarme, prima può essere fatta la prevenzione, possono essere allestite le risposte e ciò può ridurre il contagio» ha dichiarato al New York Times la specialista del Cdc Lyn Finelli. D´altronde i motivi della diversa velocità di reazione sono facili da comprendere. Quelli ufficiali arrivano dagli ospedali, dai laboratori, dai medici. Quelli ufficiosi sono confessati telematicamente dagli stessi malati alla prime avvisaglie di una fronte calda o di un naso che cola. Saperli in anticipo potrebbe ridurre la percentuale delle persone colpite, che oggi varia tra il 5 e il 20% della popolazione americana (stime per l´Italia di virologi dell´università di Milano quest´anno parlano di 5 milioni a rischio, il doppio degli anni scorsi). E salvare una porzione di quelle 36 mila persone che in media muoiono ogni anno per le sue complicanze.
«Sostengo da tempo che Google e Yahoo possiedono un tesoro incalcolabile di dati sociologici nascosti nel registro delle ricerche effettuate» ci dice Jeff Howe, l´inventore del concetto di "crowdsourcing", ovvero la tendenza ad affidare il compito una volta svolto da un singolo professionista a una massa indistinta di persone (collegate via Rete): «Abbiamo appena cominciato a sfruttare questa straordinaria risorsa. Flu Trends non è che un primo indizio, sebbene già in grado di salvare migliaia di vite, di ciò che verrà». Pensa anche a Innocentive, un servizio che delega a ricercatori free-lance di scoprire migliori soluzioni a problemi scientifici di ogni genere. Oppure a PatientsLikeMe, una sorta di Facebook sanitaria dove i malati gravi possono condividere storie personali su come stanno funzionando su di loro le terapie, magari confrontandole con quelle diverse di altri nelle stesse condizioni. «Alla fine è un po´ la stessa cosa del software open source» ha commentato su Newsweek il suo fondatore James Heywood, alludendo a quei programmi frutto delle migliorie successive apportate da migliaia di diversi programmatori sparsi per il pianeta: «Se potete avere tutte le informazioni è più facile correggere gli errori». Perché due teste sono meglio di una e un milione ha, statisticamente, ancora più probabilità di capire cosa c´è che non va. «Esternalità positiva» si chiama il vantaggio sociale che questa condivisione di esperienze può comportare. Come succede con il volontariato intellettuale di cui Wikipedia è il caso più celebre.
La vera preoccupazione, nel caso di dati che hanno a che fare con la salute, riguarda le possibile violazioni della privacy. Perché se può essere già molto fastidioso che qualcuno, entrando in quei social network settoriali, venga a conoscenza di alcuni vostri privatissimi problemi lo è ancor di più se il ficcanaso è un agente dell´assicurazione che userà quell´informazione per rifiutarvi un rimborso. Problema che non esiste con Google Flu Trends, dove i dati sono anonimi e aggregati, ma che va tenuto sullo sfondo mentre se ne immaginano nuove applicazioni. D´altronde, restando nell´ipotesi dell´influenza, Google potrebbe forse arrivare a una diagnosi ancor più precoce se, ad esempio, setacciasse i messaggi dei milioni di persone che nel mondo usano il suo servizio di posta elettronica. Basterebbe istruire gli algoritmi che già mostrano pubblicità di scarpe da tennis accanto a certe email in cui si parla di jogging ad estrapolare quei dati e aggiungerli a Flu Trends. Ma è assai probabile che, in quel caso, l´invasione della riservatezza sarebbe considerata troppo pesante rispetto ai benefici per la comunità.
Un altro vantaggio essenziale della macchina sull´uomo, quanto a interpretazione degli umori globali, viene dall´anonimato. I motori di ricerca sono confessori virtuali, nei confronti dei quali non ha senso censurarsi. Lo dice bene Howe: «Il perché i dati raccolti da Google o Yahoo sono così preziosi non è affatto misterioso. Mentre è sempre bene essere scettici di fronte alle risposte date nei sondaggi o di fronte a una persona di cui ci si può vergognare, le tendenze mostrate dai search engine hanno il vantaggio di rivelare le vere intenzioni della gente. Perché nessuno vi guarda, per cosi dire, mentre parlate (o scrivete, come in questo caso). Offrono una finestra sui recessi dei cuori e delle menti delle persone». La cui capacità totale, spesso, è maggiore della somma delle singole parti. Come spiegava, in un´antropologia del cyberspazio data alle stampe una dozzina d´anni fa, il filosofo francese Pierre Lévy: Intelligenza collettiva. Quella teoria, come s´è visto, ha ormai numerose prassi all´opera. E nuovi centri di ricerca dedicati a scoprirne possibili scenari futuri. Quello del Massachusetts Institute of Technology si chiama proprio Center for Collective Intelligence ed è diretto da Thomas Malone. Tra i principali settori in cui cercano di spremere le risorse cognitive delle masse c´è lo studio del riscaldamento globale, le previsioni di eventi futuri, guerre o comportamenti dei mercati finanziari inclusi, e la medicina, appunto. Ma si tratta solo dei filoni principali, avverte il professore: « dura per me pensare a un settore dell´economia in cui non ci siano potenziali e promettenti applicazioni per l´intelligenza collettiva». Alla fine, come ammettono anche gli studiosi di teoria del caos, ogni complessità (e relativa incertezza) può essere ridotta aumentando il numero di dati a disposizione. E la quantità delle teste, a volte, finisce per diventare qualità. Malone che, in quanto docente - ex monopolisti del sapere - potrebbe esser tentato di sostenere il contrario, ne è convinto: «In alcuni casi le folle di non-esperti possono fare altrettanto bene di piccole élite di esperti. Ad esempio la Nasa ha sviluppato un´applicazione web attraverso la quale gruppi di astronomi amatoriali hanno identificato crateri su Marte proprio come avrebbero potuto fare dei professionisti. In altri campi, ovviamente, come in certe diagnosi mediche, avremmo ancora bisogno degli specialisti per un discreto numeri di anni». Una cosa è usare Google per capire dove scoppia l´influenza, altra cosa è interpellarlo per curare un tumore. Anche se la rete pullula di gente che racconta come i consigli di altri malati siano stati a volte più utili di certe pigre intuizioni dei luminari.
BRUCE --br-- STERLING SU REPUBBLICA DI GIOVEDì 13/11/2008
Che meraviglia! Google, il cui motto «don´t be evil» promette una gestione etica dei dati, ha trovato il modo di mappare l´andamento dell´influenza. Come? Monitorando le parole chiave inserite dagli utenti malati. Ogni malato, probabilmente a letto, con un portatile wireless e una bevanda calda sul comodino, si immagina solo e miserabile. Ma l´orda dei malati, in massa, dà invece vita a una "intelligenza collettiva". Ciascuno di loro è una specie di spia, di involontario informatore, che rivela le malefatte del nemico dell´umanità, il virus influenzale.
Google ha assemblato questi anonimi pazienti suddividendoli per area geografica ed ha creato una mappa dei danni provocati dalla malattia. Il tutto senza violare la privacy di alcuno. Così Google.org, l´unità filantropica della multinazionale, può vantarsi di offrire all´umanità una nuova arma di intelligence nella battaglia contro la malattia.
una cosa meravigliosa. E ci vuole una bella dose di cinismo e pessimismo per sostenere che questo dono ai malati si possa prestare ad abusi. Proviamoci. Ad esempio. Riuscendo a stabilire la diffusione della malattia aumentano notevolmente le possibilità di una guerra biologica. Folli untori ora possono usare Google Flu per verificare se sono riusciti a diffondere l´antrace.
Inoltre. Siamo abituati a sentir parlare di Intelligenza Artificiale, e se Google dispone di una grande quantità di potenti computer vuol dire che è in grado di spiarci.
Più difficile riuscire a capire che "l´intelligenza collettiva" implica sempre che siamo noi a spiare noi stessi. Google non è mai stata condannata per molestie e persecuzione, ma il "cyberbullismo" è ormai un serio flagello internazionale. E´ comune che bande di adolescenti si coalizzino online contro i più deboli sul web. Grazie ai motori di ricerca è facile seguire le attività on line delle vittime, su portali di giochi, blog o social networks. I bulli inviano messaggi crudeli alla vittima per minacciarla, schernirla, svilirla, ridicolizzarla. La vittima non si può nascondere né affrontare fisicamente i suoi aguzzini. Dotati di una intelligenza collettiva, questi possono facilmente condividere il loro sapere per continuare a infierire sul malcapitato.
La versione adulta di questa pratica è lo scandalo politico digitale clandestino. Nell´era della carta stampata era relativamente facile smascherare i calunniatori e i diffamatori. Ai tempi dell´internettiana "intelligenza collettiva" qualsiasi menzogna, fandonia o calunnia politica può essere comunicata a migliaia di fanatici alla velocità della luce, e infarcita, rifinita e moltiplicata con scarsa possibilità di reazione da parte delle vittime. Il rischio non è che Google spii i singoli utenti. E´ che alcuni soggetti progettino clandestinamente di far scoppiare scandali per destabilizzare la situazione politica. Prendete la misteriosa notizia secondo cui il quinto figlio di Sarah Palin sarebbe in realtà un nipotino. Certo non se l´è inventata Google, ma qualcuno lo ha fatto e con tutta probabilità non sapremo mai chi, dato che il malfattore si è dileguato in una nube di complici elettronici. Se però digitate su Google le parole "Sarah Palin" + "nipote" vi si presenterà all´istante tutta la sordida faccenda. Sparirà mai questa calunnia? E come?
Il fatto è che l´"intelligenza collettiva", come dice il sociologo Valdis Krebs, tende a renderci più collettivi e non più intelligenti. Come i malati di influenza non sanno di essere un gruppo, non lo sanno neppure altri utenti dei motori di ricerca. Se innocentemente digitano "Obama socialista", ricadono all´istante in una realtà di intelligenza collettiva on line in cui Barack Obama è considerato un marxista rivoluzionario. E dato che i "collettivi" tendono a fare gruppo in rete legandosi ad altri loro simili e rafforzando reciprocamente le proprie convinzioni, l´utente del motore di ricerca potrebbe non riuscire più a evadere da questa camera dell´eco ideologica. La realtà si frantuma in cocci polarizzati.
E ancora. L´"intelligenza collettiva" che si presumeva saggia nella fase di prosperità del libero mercato globale, è tanto diversa dalla mentalità da mandria in preda al panico del disastro finanziario di oggi? Il panico per l´influenza o per l´andamento della Borsa può fare il giro del mondo sette volte in un secondo registrando picchi di parole chiave come "crollo", "iperinflazione" "bolla" o qualsiasi altro sintomo psichico proprio dei tempi duri. Se in preda al panico troviamo a sostegno delle nostre opinioni il potere di Google individuatore di tendenze, perché mettere in dubbio i nostri timori?
Se un motore di ricerca vi dicesse di saltar giù da una scogliera - la macchina non ha cattive intenzioni, sta solo dimostrando che molti esseri umani, un po´ come i lemming che si dice compiano suicidi di massa durante le migrazioni, pensano questa cosa, la cercano, la fanno - non decidereste di fermarvi e di pensarci due volte? Forse fareste meglio a cercare cosa ne pensano altre persone.
Insomma, fate un uso migliore di Google! Tutti gli altri di certo lo fanno.