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 2008  novembre 13 Giovedì calendario

L’uomo che ha fatto passare Michele Santoro dal ruolo di celebrato martire dell’informazione a quello di censore è seduto al bar Giolitti di via Settembrini

L’uomo che ha fatto passare Michele Santoro dal ruolo di celebrato martire dell’informazione a quello di censore è seduto al bar Giolitti di via Settembrini. Pizzetto, sciarpa da Fellini, parlantina rapida. Joe Violanti, laurea in Economia, beve due caffé. Il cellulare trilla, lo aspettano in tivù. il comico più desiderato del momento. Il conduttore di Annozero, tramite avvocato, ha intimato a Violanti di non riproporre l’imitazione che spopola tutte le mattine su Rds. Il Giornale ha parlato di un paladino della libertà solo quando gli conviene, Liberazione l’ha paragonato a Bondi che ha tuonato contro Bertolino. E ieri è arrivato pure il Tapiro. «Un autogol clamoroso. E dire che a me Santoro piace pure». Mentre parla, Violanti si diverte a imitare Santoro: identico. «Ci sono cascati tutti, tranne Veltroni e la Carfagna». Santoro dice che così lei gli ruba l’identità. «Negli scherzi mi faccio introdurre, cito Travaglio e Vauro, alla fine mi svelo. Santoro dice che adesso impiega 10 minuti a dimostrare che è quello vero. Sciocchezza: basterebbe che si facesse richiamare subito al centralino. Dovrebbe ringraziarmi, spesso lo anticipo». Tipo? «Prima che ricominciasse Annozero ho invitato la Granbassi: sono stato Santoro prima di Santoro». Tra i due c’è ruggine. «Un anno fa imitavo Funari, ci cascò come un pero. Fece commenti poco teneri sulla Rai. Si inalberò, mi minacciò: niente liberatoria». I due si sono rivisti d’estate. «In un bar a Roma. Avevo già chiamato tutti i politici fingendomi Santoro. Bonaiuti si era terrorizzato quando avevo parlato di una scheda di Travaglio sui suoi precedenti scolastici. E Brunetta mi attaccò in faccia due volte. Alla terza partì in un’arringa durissima contro Vauro. Montai lo scherzo edulcorandolo, ma niente permesso». Santoro sostiene che gli chiese di smettere. «Falso, c’erano anche i nostri registi. Anzi ridimensionò lo scazzo su Funari e sorrise quando gli dissi che, con Annozero, sarei ripartito anche io. Piuttosto si lamentò di Max Tortora. Non è vero che gli piaceva: quell’imitazione lo infastidiva, era durata troppo». Però alla fine se l’è presa solo con lei. «Ha pensato che ero solo lo sfigato di una radio privata. Ha fatto la voce grossa, ma è cascato male. Anche Costanzo ha detto che la reazione di Santoro è folle. Sa qual è la verità? Se l’è presa perché è un rosicone, un permaloso. convinto di essere il più intelligente del mondo, come molti di sinistra». Anche Vauro non è stato tenero. «Difende il suo allenatore, come Travaglio. A Matrix è stato sgradevole, mi ha difeso solo la Germani». Perché lei non c’era? «Perché Mentana mi detesta. Quando mi vede non mi saluta. Alla cena di Rds, dove lavora anche lui, ha ribadito che non faccio ridere. Un altro rosicone che fa il super partes quando è molto de partes». Però adesso Santoro ha ottenuto il suo scopo: ai suoi scherzi non crederà più nessuno. «Invece mi ha fatto un favore, con gli scherzi avrei smesso. D’ora in poi farò una parodia eterna di Santoro, lo immaginerò che piange, che si lamenta perché ha perso l’identità. Magari anche in tivù. Così impara». Politicamente, lei da che parte sta? «Non mi schiero». Ah, qualunquista. «Come Grillo? No, mai pensato che una battuta cambi il mondo. Il mio preferito è Corrado Guzzanti. Anche Sabina, quando imita Berlusconi e D’Alema, è spietata ma bravissima: quando fa i comizi, no. Grillo l’ho conosciuto». Quando? «Sei mesi fa, andava a un’udienza. Lo vedo e gli grido: ”Beppe!”. Lui reagisce male. Mi presento, gli dico se posso telefonargli da Rds. Lui mi chiede se sono un farabutto come il mio editore: ormai è vittima del suo ruolo, come Gene Gnocchi». Eppure lei con Gnocchi ha cominciato. «Lo abbiamo scoperto io e suo fratello Carlo. Vent’anni fa, mi invento un Festival di Sanremo a Fidenza. Facevo vincere sempre i Desmodromici, il gruppo di Charlie: suonava la chitarra, ne ha 300. Eugenio (Gene) era solo un calciatore. L’anno dopo comincia a cantare, quando spiegava i brani faceva ridere: sempre stato bravo a fare lo scemo. Di lì a poco ha avuto successo e si è dimenticato di noi». C’è una vignetta di Altan che recita: «Vorrei sapere chi è il mandante di tutte le cazzate che faccio». Chissà se i conduttori, anche quelli bravi, si chiedono chi sia ogni tanto il loro mandante. ANDREA SCANZI PER LA STAMPA DI GIOVEDì 13 NOVEMBRE 2008