Raphael Zanotti, la Stampa 13/11/2008, 13 novembre 2008
Al Comune di Genova, quest’estate, è scoppiato lo scandalo mense: tangenti in cambio di appalti. Uno scandalo che oggi si cerca di cancellare con una nuova gara, quella per le mense scolastiche e sociali
Al Comune di Genova, quest’estate, è scoppiato lo scandalo mense: tangenti in cambio di appalti. Uno scandalo che oggi si cerca di cancellare con una nuova gara, quella per le mense scolastiche e sociali. Ma l’Angem denuncia: quel bando è ridicolo, chi vincerà lo farà sottocosto. I calcoli dell’associazione sono chiari. La base d’asta è di 33 milioni di euro per 8 milioni di pasti da erogare tra il 2009 e il 2013. Tolte le materie prime (2,25 euro a pasto) e il lavoro (2,15 euro) restano 6 centesimi a pasto. Questi spiccioli dovrebbero coprire i costi di pulizia, la manutenzione ordinaria di locali e attrezzature e un piccolo utile. Questo restando alla base d’asta. Se il vincitore si aggiudicasse l’appalto con un ribasso anche solo del 10% vorrebbe dire vincerlo sottocosto.Trieste, 12 aprile: una quarantina di anziani della casa di riposo «Bartoli» resta intossicata per un batterio nel sugo di pesce. Moriranno in due. Terni, 18 giugno: tre persone si sentono male dopo aver mangiato alla Caritas. Lanciano, 11 agosto: l’Asl trova topi e scarafaggi alla mensa del carcere. Arrivano i sigilli. Vibo Valentia, 7 novembre: un centinaio di bambini mostra chiari sintomi d’intossicazione. A pranzo avevano mangiato dello spezzatino con patate «maleodoranti». L’assessorato sospende il servizio pasti in tutte le scuole della provincia per tre giorni. L’Italia del vassoio è a rischio. E lo sarà sempre di più. Lo dice Ilario Perotto, presidente dell’Angem, l’associazione che raccoglie le aziende della cosiddetta ristorazione collettiva: «Il pasto medio fornito da un’azienda di ristorazione collettiva viene pagato dai committenti in media 4,60 euro. Praticamente per una famiglia costa più mangiare a casa che in mensa». E questo a fronte degli aumenti delle materie prime. Rispetto al 2004 un chilo di pane costa il 9,8% in più, uno di pasta il 18,7%, un litro di latte il 4,8%. Ma scuole, ospedali, aziende continuano a pagare quanto pagavano quattro anni fa. Nemmeno l’inflazione viene considerata. Pagamenti a 405 giorni In che cosa si traduce tutto questo? Pericolo per gli habitué dei refettori. Che non sono pochi: cinque milioni di persone, tra cui bambini, anziani, malati. La qualità sarà la prima a farne le spese perché - dice l’Angem - il sistema degli appalti non lascia scampo. vero che sono pochi quelli al massimo ribasso ma - sostiene Perotto - «le gare al prezzo economicamente più vantaggioso sono, di fatto, gare al massimo ribasso camuffate. Il prezzo ha quasi sempre un peso decisivo e i parametri qualitativi (esperienza e formazione del personale, processi produttivi certificati, innovazione tecnologica) sono poco considerati». Nelle gare si tiene invece conto del rifacimento della cucina, dell’implementazione del servizio bar o dell’accettazione di pagamenti ritardati. Che con la qualità di quel che si mangia, ovviamente, contano poco o niente. Ma sono fondamentali per le stazioni appaltanti. «Il vero problema oggi come oggi è la mancanza di soldi degli appaltatori - dice Mario Miranda, ex responsabile della zona Nord ovest per il colosso Camst, oggi alla guida di una società misto pubblico-privata - essendo stato da entrambe le parti della barricata, so quali siano le difficoltà dei Comuni, ma anche delle aziende». Che vedono sempre più allontanarsi il giorno di paga. La media è 210 giorni, ma c’è chi arriva quasi al doppio. Nel 2007 le Asl dell’Emilia-Romagna pagavano a 405 giorni (oltre un anno), quelle della Campania a 366, del Lazio a 339. La mela che il malato all’ospedale di Bologna ha mangiato oggi verrà pagata quando l’albero avrà dato altre mele. L’inflazione che scompare La famiglia Schultz, operai di Berlino, nell’ultimo anno ha pagato il 5,4% in più il servizio mensa. La famiglia Gonzales di Barcellona il 4,6%, i Doherty di Londra il 3,3%. In Italia la famiglia Rossi ha pagato solo l’1%. E l’inflazione generale dell’Eurozona è del 3,6%. Tutto questo ha delle conseguenze. Secondo l’Angem il mercato della ristorazione collettiva in appalto vale 3,8 miliardi di euro per 854 milioni di pasti all’anno. Con 72 mila dipendenti, che equivalgono a 45 mila unità di lavoro standard, si riescono però a preparare e somministrare solo 594 milioni di pasti. «Chi prepara e distribuisce gli altri 260 milioni?», si domanda Perotto. Un esercito di 37 mila lavoratori in nero «che consentono di partecipare ad appalti che altrimenti sarebbero in perdita». RAPHAEL ZANOTTI PER LA STAMPA DI GIOVEDì 13 NOVEMBRE