Paola Di Caro, Corriere della Sera 13/11/2008, 13 novembre 2008
ARTICOLI SULL’ADESIONE DI BERLUSCONI AL PUNTO DI VISTA DI MOSCA (VIOLA)
DI CARO SUL CORRIERE DELLA SERA
SMIRNE – Ha il volto teso Silvio Berlusconi, non c’è spazio per gli scherzi stavolta, perché quello che lancia da Smirne, dove si tiene il vertice interministeriale italo-turco, è un allarme vero. Drammatico: «Sì, c’è un problema nei rapporti tra Federazione russa e Occidente». Un problema che «per una casualità», per un semplice «errore » potrebbe trasformarsi in catastrofe, visto che «siamo arrivati al nostro terrore, alla nostra angoscia: quella di una nuova guerra fredda, che vede contrapposti due arsenali nucleari tanto potenti che quello americano potrebbe distruggere il mondo venti volte e quello russo dieci».
È uno scenario sconvolgente quello che disegna il premier, alla vigilia di un G20 da cui peraltro – avverte – bisogna aspettarsi poco: «Non ricette salvifiche, visto che sarà solo il primo di una serie di altri incontri» e per il quale non serve la collaborazione con una opposizione «che non è socialdemocratica» e dunque non sarebbe in grado di portare «alcuna utilità». Ma in questo quadro, già evocato nei giorni scorsi, per la prima volta emergono con chiarezza quelle che Berlusconi considera vittime e quelli che vede come i responsabili dell’«allontanamento » tra Occidente e Russia, che l’Italia intende «risolvere» facendo della mediazione tra Putin e Obama «il punto più importante della propria politica estera». Sì perché, scandisce il premier, è «chiaro» che ci sono state «provocazioni» contro Mosca, con «il progetto di dare collocazione a missili in Polonia e Repubblica ceca», con il «riconoscimento unilaterale del Kosovo », ma anche con il «processo di ingresso di Georgia e Ucraina nella Nato e nell’Alleanza atlantica ». A queste «provocazioni» appunto, la Russia «ha risposto con commenti che in America – dice il premier prendendo in qualche modo le distanze dall’atteggiamento Usa – sono stati giudicati arroganti, e con il posizionamento di missili in enclave russe nei Balcani e a Kaliningrad ». Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un’escalation di tensione che potrebbe portare alla «distruzione del mondo», un passo indietro drammatico rispetto a quell’accordo siglato a Pratica di Mare nel 2002 che «è ancora valido» e al quale «bisognerebbe tornare». A far sì che questo accada si applicherà il governo italiano, assicura Berlusconi, spiegando che proprio questo a Mosca ha chiesto a Putin e Medvedev, che «si confrontino» con la nuova amministrazione Usa, per evitare che si torni «ai decenni terribili della guerra fredda».
Ma a Smirne, Berlusconi è venuto anche a svolgere un altro compito, quello del «primo avvocato difensore» della Turchia che preme per entrare in Europa. E accanto al soddisfatto premier Erdogan, di fronte ai suoi ministri (Frattini, Scajola, La Russa, Matteoli) nonché a Roberto Maroni, esponente di quella Lega che insiste a definire «non negoziabile il nostro no ad Ankara», il presidente del Consiglio ribadisce che invece sì, l’Italia «arriverà a convincere » gli alleati più riottosi, tra i quali «anche Paesi importanti», a permettere e ad accelerare l’ingresso della Turchia nell’Unione: «Abbiamo già un accordo con la presidenza ceca e quella svedese perché si discutano non più due capitoli per volta, ma quattro: questo dimezzerebbe i tempi».
SANDRO VIOLA SU REPUBBLICA
La schiarita nei rapporti russo-americani non sembra quindi in arrivo, Mosca va avanti con le contromisure annunciate la settimana scorsa dal presidente Medvedev: l´installazione, cioè, di batterie di missili Iskander a medio raggio nell´enclave di Kaliningrad.
Nelle dichiarazioni del ministro Frattini c´era comunque qualcosa di più del solo ottimismo sulle virtù di Berlusconi come mediatore d´un grave contenzioso internazionale. C´era, punto per punto, una totale aderenza alla posizione russa sullo "scudo spaziale" di Bush. Vale a dire: lo scudo non serve ad alcunché, salvo che a mettere di malumore Putin e Medvedev. E dunque perché parlarne ancora? Bush sta lasciando la Casa Bianca, Obama avrà altro cui pensare, questa storia dello scudo antimissilistico nel Centroeuropa è priva di senso.
Ora, è vero che il progetto americano d´uno scudo antimissilistico sulle frontiere della Russia è discutibile, tanto è vero che politici ed esperti militari ne discutono da quando, un paio d´anni fa, gli americani lo misero in cantiere. Insieme all´espansione della Nato nello spazio ex sovietico, lo "scudo spaziale" non poteva infatti non suscitare una reazione più o meno comprensibile da parte del regime russo. Ma da questo, dalla discutibilità cioè del piano americano, ad una presa di posizione così netta come quella del ministro Frattini a favore delle ragioni di Mosca, c´era parecchia strada da fare, e il nostro ministro degli Esteri l´ha fatta. Un´adesione al punto di vista russo che i russi, oggi senza veri alleati, avrebbero potuto aspettarsi soltanto da Raùl Castro, da Hugo Chavez o dal presidente nicaraguese Daniel Ortega.
L´Italia dunque come membro dell´Alleanza atlantica più vicino alle sensibilità e ragioni del regime di Vladimir Putin? Berlusconi che si propone quale arbitro pienamente accettato, autorevole, dei profondi contrasti tra la "nuova Russia" e l´America presto guidata da Barack Obama? Sembra questa la linea (e la fantasiosa ambizione) del governo italiano, sostenute non solo da Frattini ma anche dallo stesso Berlusconi, che dichiara: "Obama è il primo a sapere che nessuno come me può aiutarlo" ad evitare una nuova Guerra fredda. L´Unione europea, Sarkozy, la Merkel, Brown non possono fare nulla. Ci fosse soltanto il loro apporto, la nuova Guerra fredda sarebbe inevitabile. Ma per fortuna c´è Berlusconi, che appianerà il dissidio tra Mosca e Washington.
Presa da sola, la linea del governo italiano avrebbe pochissima importanza. L´Europa è abituata alle vanterie del nostro presidente del Consiglio, al suo descriversi come uno statista alla Bismarck, e questo farebbe delle dichiarazioni di Berlusconi parole su cui non soffermarsi neppure mezzo minuto. Ma il fatto è che il fondale dei rapporti tra Unione europea e Russia è anch´esso in certa misura berlusconiano. Gli europei si preparano infatti a riaprire tra giorni il negoziato d´un nuovo accordo quadro tra Ue e Russia. Dopo il tanto tuonare contro Mosca all´indomani della guerra in Georgia, dopo i moniti secondo cui gli eventi georgiani non permettevano più un rapporto di fiducia con il regime di Putin, i governi di ventisei paesi dell´Unione (con la sola Lituania fattasi da parte) sono ormai d´accordo che con Putin e Medvedev si può già tornare al "business as usual". Al punto di partenza, cioè, ai giorni prima della guerra. Come se ad agosto nulla fosse successo nel Caucaso. E questo mentre gli osservatori internazionali continuano a segnalare azioni irregolari delle forze russe - o addirittura violazioni degli accordi di cessate il fuoco - tra Sud Ossezia e Georgia.
Sarebbe difficile bollare come un puro e semplice "appeasement" la spinta degli europei a normalizzare il rapporto con Mosca. Ragioni per una ripresa delle relazioni politico-economiche ce ne sono, e anche molto consistenti, a cominciare dalla dipendenza di tutti i paesi dell´Europa dalle forniture energetiche russe. Ma la fretta con cui la Ue sta compiendo questo passo va criticata con molta chiarezza. Certo, la devastante crisi finanziaria, e la crisi delle economie che ne scaturirà, sconsigliano una rottura Ue-Russia. La tempesta globale induce anzi ad un riavvicinamento. Ma i tempi sono stati mal scelti. Un rinvio dei negoziati sarebbe stato probabilmente più opportuno.
Bisogna infatti pensare agli effetti che questa corsa alla normalizzazione con Mosca avrà in Russia, all´interno del regime e nell´opinione pubblica. La rudezza, la spavalderia, la minacciosità con cui il regime si sta comportando nei confronti degli americani e degli europei, appariranno infatti premiate. L´immagine da "uomini forti" di Putin e Medvedev risulterà, agli occhi dei russi, pienamente confermata. Il nuovo presidente americano si troverà a gennaio con un più angusto spazio d´azione rispetto al regime russo. E questo mentre quel regime stava conoscendo le prime disavventure finanziarie (il barile di petrolio sceso da 147 a 59 dollari), e le conseguenti prime incognite di stabilità socio-politica, in otto anni.
Ci penserà Silvio Berlusconi a far andare tutto a posto, ad evitare un ulteriore peggioramento dei rapporti Usa-Russia? L´onorevole Frattini ne è certo. Noi no.