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 2008  novembre 13 Giovedì calendario

LAMPEDUSA

(Agrigento) – Sempre più donne e bambini. Sempre più persone che richiedono asilo politico. L’immigrazione cambia pelle e lo si vede da quello straordinario punto di osservazione che è il molo di Lampedusa, dove approdano i migranti provenienti dalle regioni più tormentate del continente africano. Nei primi undici mesi di quest’anno sull’isola sono sbarcate 3.128 donne, il triplo di quella arrivate in tutto il 2007. Il dato è ancora più eloquente se letto in percentuale sul totale dei migranti giunti a Lampedusa: ad ottobre 2006 le donne erano il 5,2 %, nel 2007 l’8,8%, quest’anno siamo oltre il 12%. Altrettanto significativo l’aumento dei minori, spesso non accompagnati. Si è passati dal 2% del 2006, all’8% di quest’anno. Quanto alle aree di provenienza, la stragrande maggioranza dei migranti arriva da Eritrea e Somalia.
«La nostra esperienza – spiega Loris De Filippi, capo progetto delle missioni italiane di Medici senza frontiere, che ha elaborato questi dati – ci dice che in genere gli uomini partono per motivi economici. Quando le condizioni diventano di estremo pericolo, allora scappano tutti, anche le donne, anche quelle che aspettano un bambino». Per lo stesso motivo aumentano anche le richieste di asilo politico. Stando all’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) lo scorso anno una su 3 delle persone arrivate via mare in Sicilia ha fatto domanda di asilo e una su 5 ha ottenuto una qualche forma di protezione. Quest’anno il trend è in crescita: le domande di asilo sono già oltre 40 mila in Italia e una grossa fetta riguarda proprio chi è arrivato via mare. L’impennata nelle richieste di asilo è stata così improvvisa da mettere in crisi il modello italiano basato sui Cara (Centri di assistenza per i richiedenti asilo) e sui Sprar (il Servizio di protezione per chi ottiene una risposta positiva).
«Quello italiano – dice Laura Boldrini, portavoce Unhcr – sulla carta è un buon modello ma da qualche anno rischia di incepparsi per l’insufficienza di risorse rispetto al numero di richieste di asilo. Sarebbe necessario investire di più per favorire i processi di integrazione». Sull’immigrazione femminile anche la Boldrini ritiene che «quando si tratta di cercare lavoro partono gli uomini, ma quando c’è da salvare la vita vanno via anche donne e nuclei familiari ». Anche se il viaggio può trasformarsi in un calvario: «Lungo la strada le donne in fuga da guerre e persecuzioni spesso rischiano di restare vittima di soprusi e, a volte, di stupri. Si tratta di un dramma sul quale andrebbe sollevata una questione internazionale. Non si possono lasciare impuniti questi abusi ai danni delle donne».
E una volta arrivate in Italia i problemi non sono certo finiti. «Oltre alle cure mediche, donne e bambini hanno bisogno di assistenza psicologica – spiega Loris De Filippi’ e di questo si occupano le organizzazioni di volontariato presenti a Lampedusa mentre il servizio sanitario è assente. Non si capisce perché le Asl non debbano farsi carico dell’assistenza ai migranti».
Per Laura Boldrini «Lampedusa comunque è una realtà ben strutturata. C’è l’Alto commissariato, la Croce Rossa, altre organizzazioni e complessivamente c’è attenzione umanitaria e trasparenza». Il problema vero si pone dopo: «Lampedusa è solo un punto di passaggio. Dopo invece c’è il pericolo che queste donne non riescano ad integrarsi o, peggio ancora, finiscano sulla strada. E’ importante analizzare i cambiamenti nei flussi migratori per calibrare meglio le politiche di intervento. Se dunque cresce il numero di donne e il numero di richiedenti asilo occorre attrezzarsi di conseguenza».
Molte delle donne che arrivano a Lampedusa a bordo delle carrette del mare avrebbero diritto ad entrare legalmente. Ma accettano di rischiare la vita perché le procedure per i ricongiungimenti familiari sono lunghe e difficili per chi deve fare i conti con la burocrazia da lontano, spesso in villaggi senza collegamenti. Il loro arrivo in Italia per raggiungere un marito o un figlio va poi letto anche in chiave positiva. Come in tutti i flussi migratori la presenza femminile contribuisce infatti a dare stabilità alle comunità. Il rapporto Caritas-Migrantes sottolinea che la presenza delle donne e delle famiglie «è un importante indicatore dello stabilizzarsi degli immigrati». «Nel tempo – osserva Franco Pittau, coordinatore del dossier – l’Italia è diventata un paese di prima scelta. Prima arrivavano da noi per poi andare in Germania o in Francia e lì si stabilivano. Ora invece vengono in Italia per restare. E sempre più spesso partono interi nuclei familiari. E l’arrivo di una famiglia è un fattore positivo per la stabilizzazione e l’integrazione con le comunità locali».
Alfio Sciacca