Giuseppe Salvaggiulo Ferruccio Sansa, La Stampa 12/11/2008, pagina 11, 12 novembre 2008
La Stampa, mercoledì 12 novembre Ritratto di sindaco con bistecca. La storia comincia qui, da una casa popolare concessa alla pittrice lettone che firmò il ritratto dell’ex sindaco Giorgio Guazzaloca, immortalato davanti a un quarto di bue in onore dei suoi trascorsi da macellaio
La Stampa, mercoledì 12 novembre Ritratto di sindaco con bistecca. La storia comincia qui, da una casa popolare concessa alla pittrice lettone che firmò il ritratto dell’ex sindaco Giorgio Guazzaloca, immortalato davanti a un quarto di bue in onore dei suoi trascorsi da macellaio. Poi vennero fuori altre storie: una casa all’ex consigliera comunale dei Verdi. Una all’esponente di sinistra a capo della commissione di quartiere che segnalava a chi concedere gli alloggi. E via elencando: case a persone già proprietarie di alloggi oppure con un doppio lavoro o magari in grado poi di spendere 182 mila euro per un appartamento. Abitazioni a una signora che di punto in bianco dichiara un reddito di 135 mila euro l’anno. Storie sussurrate a mezza voce sotto i portici del Municipio: appartamenti assegnati in vent’anni dal Comune di Bologna per lo più con una procedura che ora la Procura definisce penalmente lecita, ma «illegittima». Una commissione bipartisan formata da consiglieri comunali scavalcava le graduatorie per gli alloggi popolari (4 mila bolognesi in attesa da anni) e assegnava oltre cento case l’anno a persone fuori dalle liste, segnalate dagli stessi politici. scritto nero su bianco nei verbali delle sedute: «Il caso in esame è stato presentato dal membro della commissione». Il tutto in nome di «particolari situazioni di emergenza abitativa» non accertate da esperti, ma proclamate dai consiglieri. Senza bandi e graduatorie. E pazienza se alcuni fortunati assegnatari degli alloggi guadagnavano dieci volte più dei poveretti in lista d’attesa. Finché un giorno qualcuno tira fuori la storia di Lolita. La pittrice Lolita Timofeeva. Nata a Riga e arrivata in Italia nel 1991, si fa notare a Bologna nel 2000 per una mostra di ritratti. Un gruppo di politici amici di Guazzaloca li apprezza e gliene commissiona uno da regalare all’allora sindaco. L’artista si mette all’opera e dipinge Guazzaloca con uno sfondo originale: un bovino appeso a un gancio da macelleria. «Quando dopo quattro anni, nel 2004, mi trovai in mezzo a una strada – ricorda Lolita - mi rivolsi a Carlo Monaco, assessore, uno degli amici che aveva regalato il quadro a Guazzaloca, chiedendogli di interessarsi per un alloggio». E infatti, come risulta dai verbali, nel giugno 2004, una settimana prima delle elezioni da cui il centrodestra sarebbe uscito sconfitto, l’assessore Monaco chiede alla commissione di assegnarle un appartamento. Motivazione: «Con la sua attività espositiva promuove l’immagine della Lettonia sul territorio italiano (…) fornisce pertanto un contributo importante ai rapporti tra Italia e Lettonia. (…) Risulta ospite di alcuni amici, i quali tra pochi mesi devono liberare l’appartamento». Detto, fatto. Anche senza depositare una dichiarazione dei redditi, la pittrice si vede assegnata una casa popolare, nella quale tuttora abita. « tutto in regola, non ho stipendio fisso, la vita degli artisti è complicata», spiega. Che fosse tutto in regola, per anni in Comune lo hanno ripetuto tutti. Tranne Antonio Amorosi, assessore alla casa nella giunta Cofferati tra il 2004 e il 2006, quando si dimise in polemica con il centrosinistra proprio sulle case popolari. «Ho tolto potere ai politici – racconta – chi ha ricevuto la casa in quel modo aveva titolo per partecipare alle graduatorie come tutti gli altri, ma non per scavalcarli». Ora la procura ha chiuso l’indagine nata dalle sue denunce. E pur non ravvisando ipotesi di reato, gli ha dato ragione sull’illegittimità della procedura, trasferendo gli atti alla Corte dei conti e imponendo («ineludibile obbligo») alla giunta comunale di riconsiderare tutte le pratiche. Insomma, centinaia di persone potrebbero perdere la casa ottenuta saltando la lista d’attesa. Interpellato, il sindaco Sergio Cofferati ieri non ha ritenuto di rispondere. L’assessore alla Casa, Virginio Merola, spiega che «si tratta di un lavoraccio: il ruolo dei politici era improprio, ma finora non sono emerse irregolarità e clientelismi». Ma sui casi concreti (citati in un dossier della Casa della Legalità che sarà presentato stasera) l’assessore non intende pronunciarsi. C’è quello di Sandra Marchi, esponente del Pci che dal 1979 al 2005 ha abitato in un alloggio comunale di 108 metri quadri. Quando le è stato assegnato, era a capo del gruppo Casa del consiglio di quartiere Marconi, che formalizzava la richiesta di assegnare gli appartamenti (fra cui il suo). Vent’anni dopo, i servizi sociali del Comune hanno negato «la sussistenza dell’emergenza abitativa». Marcella Di Folco, esponente dei Verdi, consigliere comunale e componente della Commissione casa dal 1996 al 1999, candidata sconfitta alle Europee del 2004, nel 2000 ha ottenuto un alloggio in centro, nonostante al Comune «risultasse proprietaria di un’altra casa, rivenduta un anno dopo». Tutti sostengono di avere i requisiti per un alloggio popolare. Ma migliaia di bolognesi, pur avendoli, hanno atteso invano una casa per anni. Uno di questi era Giovanni Poli: 14° in graduatoria, invalido tra il 67 e il 99%, reddito sotto i 7500 euro l’anno, sotto sfratto esecutivo e senza casa di proprietà. In lista d’attesa dal 2000, è morto nel 2003 senza aver ottenuto la casa. Non è il solo: altri 18 sono morti tra il 2002 e il 2004 mentre ancora erano in lista d’attesa. Giuseppe Salvaggiulo Ferruccio Sansa