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 2008  novembre 12 Mercoledì calendario

NEW YORK

L’idillio tra George W. Bush e Barack Obama è durato meno di 24 ore. All’indomani dello storico incontro alla Casa Bianca, una fuga di notizie sui contenuti del colloquio ha fatto andare su tutte le furie Bush. «Il senatore Obama forse non sa che le conversazioni private tra i presidenti dovrebbero rimanere tali», riferisce un anonimo consigliere dell’amministrazione in carica, convinto che dietro la fuga di contenuti ci sia lo staff del senatore nero con lo scopo di indebolire Bush nell’ultima parte del mandato.
«Bush e Obama ai ferri corti sugli aiuti all’industria dell’auto», annuncia il New York Times nell’edizione serale di lunedì sul Web. E’ il quotidiano della City a dar fuoco alle polveri raccontando che «il presidente uscente darà il suo consenso agli aiuti in favore dei colossi di Detroit se la maggioranza democratica smetterà di fare ostruzionismo contro la legge sul libero scambio con la Colombia». Circostanza smentita dai portavoce della Casa Bianca: «Il presidente non ha suggerito nessuno scambio».
L’incontro di lunedì nello Studio Ovale si è svolto in assoluta riservatezza con un faccia a faccia al quale non hanno partecipato neanche i più stretti collaboratori. Tuttavia già dopo poche ore, l’agenzia AP rivelava l’insistenza del presidente eletto nell’intervenire in maniera tempestiva e ampia con aiuti a Detroit. A ridimensionare le indiscrezioni è il portavoce di Obama, Robert Gibbs, secondo cui si è «discusso dello stato di salute del settore», senza valutare le singole aziende. Tuttavia è chiaro che l’intesa sugli aiuti al settore auto, ma anche sugli stimoli fiscali, appaia meno facile del previsto. Né il presidente eletto né la maggioranza al Congresso è disposta ad avallare il patto colombiano, voluto da Bush e osteggiato dai democratici per le violazioni dei diritti umani denunciate nella Colombia di Alvaro Uribe.
Sebbene fautore delle misure a sostegno di banche e Wall Street piegate dalla crisi e il cui crollo avrebbe conseguenze devastanti, l’amministrazione in carica è molto più cauta con l’industria dell’auto a cui il Congresso ha già accordato linee di credito per 25 miliardi di dollari non ancora utilizzabili. Per questo Bush si è opposto alla richiesta avanzata dal leader della Camera, Nancy Pelosi, di allargare a Gm Ford e Chrysler il piano da 700 miliardi di dollari varato per il salvataggio del settore finanziario.
Per Gm si affaccia lo spettro della bancarotta: il titolo vale meno di tre dollari - al minimo in oltre 60 anni - mentre la capitalizzazione è inferiore ai due miliardi. La società rischia di non avere liquidità sufficiente entro la fine dell’anno e potrebbe non sopravvivere neanche all’amministrazione controllata costringendo i vertici a chiederne la liquidazione. Le ricadute occupazionali sarebbero gravissime con oltre 2,5 milioni di posti di lavoro persi. «Le autorità devono intervenire d’urgenza», afferma il presidente e amministratore delegato Richard Wagoner. Obama, forte della fiducia di sette americani su dieci, chiede di accelerare sui prestiti incrementandoli a 50 miliardi. La mancata intesa con Bush e il veto presidenziale tuttavia, rischiano di rimandare ogni intervento a dopo l’insediamento del nuovo presidente previsto il 20 gennaio.
FRANCESCO SEMPRINI PER LA STAMPA DI MERCOLEDì 12 NOVEMBRE 2008