Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  novembre 12 Mercoledì calendario

ROMA - La mafia è un holding da 130 miliardi di euro di fatturato, fa 70 miliardi di utile l´anno e la crisi economica che investe l´economia globale la sfiora appena

ROMA - La mafia è un holding da 130 miliardi di euro di fatturato, fa 70 miliardi di utile l´anno e la crisi economica che investe l´economia globale la sfiora appena. Anzi, rischia addirittura di gonfiare i suoi affari perché - grazie all´enorme liquidità che si trovano a gestire - cosa nostra, ?ndrangheta, camorra e sacra corona unita potrebbero trovare spazio per nuove acquisizioni aziendali e immobiliari. Senza parlare dell´effetto devastante che la crisi avrà sulle piccole imprese spinte dalla mancanza di contanti sul baratro dell´usura. E´ questo il quadro drammatico dipinto da «Sos impresa», un rapporto della Confesercenti che analizza dimensioni e sviluppi del business criminalità. Per chiarire l´entità del fenomeno si mette in chiaro che «ogni giorno una massa enorme di denaro passa dalle tasche dei commercianti e degli imprenditori italiani a quelle dei mafiosi: 250 milioni di euro al giorno, 10 milioni l´ora, 160 mila euro al minuto». Il solo ramo commerciale della criminalità mafiosa vale il 6 per cento del Pil. Vastissima la rete di diversificazione del business: droga, usura, rifiuti, estorsioni sulla rete commerciale di ogni ordine e luogo, contrabbando, traffico delle armi, ma anche contraffazioni alimentari. Nemmeno il mercato delle ricariche telefoniche sfugge alla criminalità organizzata, nemmeno il mercato ittico o i set cinematografici (come ha dimostrato il caso Wertmuller cui la malavita di Taranto aveva chiesto il pizzo). In testa alla classifica, e in continua crescita, il settore dell´usura: il numero dei commercianti coinvolti, stima Confesercenti, supera i 180 mila casi, il tributo pagato ogni anno a «mafia spa» si aggira sui 15 miliardi di euro. Un terzo dei negozianti che coinvolti si concentra in Campania, Lazio e Sicilia. «Siamo di fronte ad una vera e propria emergenza usura dettata da una crisi economica galoppante» ha avvertito Tano Grasso, presidente della Fai (Federazione antiracket italiana) commentando i dati. Dilagante anche il fenomeno del «pizzo» con diversi prezzi imposti dalle mafie nelle varie regioni d´Italia, con particolare attenzione a Palermo e Napoli. I negozianti a Palermo pagano tra i 200 e i 500 euro, contro i 100-200 di Napoli, mentre per le attività commerciali più esposte, negozi eleganti o situati in zone centrali, si arriva anche ai mille euro in entrambe le città. Il prezzo da pagare aumenta se si parla di supermercati: 5 mila euro nel capoluogo siciliano e 3 mila in quello campano. A Palermo, poi, per un cantiere si arriva a pagare anche 10 mila euro. Gli imprenditori, per far fronte al pizzo e alla crisi, si indebitano con più strozzini e il rapporto stima che siano oltre 500 mila le posizioni debitorie. Un quadro che spinge Marco Venturi, presidente della Confesercenti a chiedere interventi immediati: «Maggioranza e opposizione devono convergere nella lotta alla criminalità - ha detto - servono più risorse per il fondo prevenzione e il governo si deve attivare per evitare un restringimento del credito e per istituire premi fiscali a chi denuncia il taglieggiamento».