Il Messaggero 11/11/2008, Fabio Morabito, 11 novembre 2008
di FABIO MORABITO E’ la scoperta dell’acqua calda. Già da qualche anno, gli scienziati del clima non si limitano a valutare i modelli basati sulle temperature dell’atmosfera, ma studiano l’oceano
di FABIO MORABITO E’ la scoperta dell’acqua calda. Già da qualche anno, gli scienziati del clima non si limitano a valutare i modelli basati sulle temperature dell’atmosfera, ma studiano l’oceano. Che si sta riscaldando sempre di più, con l’aumento della massa d’acqua per lo scioglimento dei ghiacci polari. Se non si ferma il riscaldamento globale decine tra le più grandi città del mondo rischiano di essere sommerse. La prima vittima potrebbe essere proprio Venezia: lo ha denunciato, tra i tanti, anche il rapporto sul clima presentato dall’Onu l’anno scorso a Bruxelles. La minaccia è la stessa per le popolatissime New York e Shangai. Ma c’è una nazione che è un arcipelago, dove l’ottanta per cento del territorio non supera il metro e mezzo sopra il livello del mare: e il rischio di sparire tra le acque, come una nuova Atlantide, è sempre più attuale. Sono le Maldive, nell’Oceano Indiano. Neanche trecento chilometri quadrati (un millesimo dell’Italia), divisi in milleduecento isole coralline, alcune minuscole, 280mila abitanti, simbolo della vacanza più ambita per gli italiani (un turista su 5, in questo Paese, è un nostro connazionale). Due settimane fa, nelle Maldive, che è una repubblica, si sono svolte le prime elezioni effettivamente democratiche. Il presidente uscente, Maumoon Abdul Gayoom, 71 anni, dopo trent’anni di governo (per sei volte, a confermarlo era stato un referendum), è stato spodestato. Il nuovo presidente si chiama Mohamed Nasheed, quarantunenne. E’ il leader del movimento democratico, è stato più volte in prigione per aver manifestato contro il vecchio governo. Nasheed, in un’intervista al quotidiano britannico The Guardian, ha parlato dell’esodo possibile del suo popolo, di fondare un nuovo Stato in fuga dall’arcipelago, sul modello di Israele. L’idea di Nasheed è quella di un ”fondo”, che sarà realizzato dirottando una parte del miliardo di dollari di introiti del turismo (quasi cinquecentomila stranieri in vacanza, ogni anno; e le Maldive sono il Paese più ricco dell’Asia meridionale). Una ”polizza di assicurazione” sull’innalzamento delle acque, che garantisca i maldiviani dal rischio di diventare ”rifugiati ambientali”. Il modello che ha ispirato Nasheed è quello dei Paesi che nel Medio Oriente sono diventati ricchissimi con il petrolio. Nazioni che hanno riempito le casse di denaro con cui stanno comprando attività in tutto il mondo. «Il Kuwait investirà in aziende, mentre noi spenderemo in terra. In fondo, gli israeliani hanno iniziato comprando terre in Palestina». Secondo Nasheed, che prenderà oggi ufficialmente il potere, il sistema migliore per garantirsi sarebbe quella di comprarsi una nuova patria. «Noi non possiamo fermare da soli il cambiamento del clima, e rischiamo solo di subirne le conseguenze. Così non ci resta che comprare terra altrove. E’ una sorta di polizza d’assicurazione contro il peggior scenario possibile», ha dichiarato Nasheed parlando al Guardian. Precisando: «Non vogliamo lasciare le Maldive, ma non vogliamo nemmeno diventare profughi e vivere decenni nelle tende». Ma l’incubo delle Maldive è quello di tante isole, come Tuvalu, 24 km quadrati nell’Oceano Pacifico, il cui governo da tempo sostiene che è il riscaldamento globale il colpevole delle inondazioni sempre più frequenti. E gli abitanti sono pronti a trasferirsi in Nuova Zelanda. E pochi giorni fa un gruppo di quaranta famiglie di un altro frammento di terra nel Pacifico, l’isoletta di Ontong Java, arcipelago delle Salomone, è stato costretto a sfollare per un’inondazione. Il governo della Nuova Guinea ha già promesso di accogliere i ”profughi ambientali”. Una nuova emergenza per i caldi tempi che verranno.