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 2008  novembre 17 Lunedì calendario

Alla periferia di ogni città spagnola si trovano lunghe file di case in vari stati di incompletezza

Alla periferia di ogni città spagnola si trovano lunghe file di case in vari stati di incompletezza. La Spagna è stata colpita da un combinato di eccessi propri e crisi altrui. Ad agosto 2007, quando la crisi finanziaria iniziò a mostrarsi, in Spagna si stavano costruendo 700 mila nuove case all’anno, più di quante ne venissero realizzate in Italia, Francia e Germania insieme. La popolazione è cresciuta da 40 milioni a 45 milioni di persone in 8 anni, grazie all’immigrazione. Ma non basta a giustificare lo sviluppo immobiliare spagnolo, esagerato da una combinazione di cattive spinte: il denaro a basso costo (con il tasso di inflazione spagnolo, il costo reale dei prestiti agganciati i tassi della Bce era quasi pari a zero) e politiche che hanno gonfiato la bolla (gli interessi dei mutui deducibili dai redditi, nessuna tassa sulle abitazioni sfitte). Ora in Spagna il numero di case è del 50% superiore a quello dei proprietari. Un terzo fattore sono le politiche locali, che hanno usato le concessioni edilizie per fare cassa. Quando la bolla ha toccato il massimo a Malaga c’erano più agenti immobiliare che parrucchieri, racconta un analista. Metà delle agenzie hanno già chiuso, la più grande compagnia immobiliare spagnola Martinsa-Fadesa, è fallita a luglio, una bancarotta da 5,2 miliardi di euro, la maggiore della storia iberica. Molte casse di risparmio sono a rischio chiusura, un banchiere anonimo ritiene che il governo dovrà aiutare i gruppi maggiori ad assorbirle. Adesso si attende il ridimensionamento del peso del settore costruzioni nell’economia spagnola (oggi è il 9% del Pil, dovrebbe scendere a un più accettabile 5%), il problema è che la nazione dovrà trovare un modo per sostituire quel 4% della sua crescita.